Quest’anno Internazionale a Ferrara ha provato a diventare un appuntamento mensile, ridotto ma distribuito nei mesi, non potendo essere un richiamo per le decine di migliaia di persone che abitualmente riempivano la città per un intero weekend. Purtroppo l’evoluzione della situazione sanitaria ha preso una piega peggiorativa da diversi mesi e al momento tutto il programma si è convertito in incontri online, negli stessi weekend previsti in origine. Che ovviamente non è Internazionale a Ferrara: non è il Teatro Comunale o il Cinema Apollo, non sono le vie della città, il sentimento di un popolo in coda, o seduto o in piedi per ascoltare informazioni, idee e voci.
Però esiste ed è in rapporto diretto con ciò che avviene sotto i nostri occhi, se siamo ben attenti. Ad esempio, nel weekend tra il 16 e il 17 gennaio ci sono quattro incontri, su tematiche importanti quanto attuali, e ci siamo voluti concentrare su due parole: povertà e disuguaglianze, di cui abbiamo conversato con uno degli ospiti del Festival (gli incontri in diretta saranno su facebook.com/internazionale).
Per contestualizzare il tema e capire di cosa parliamo quando diciamo povertà in una città come Ferrara, incontriamo Stefania Malisardi, dell’osservatorio Caritas di Ferrara, responsabile del centro distribuzione viveri della sezione cittadina.
“Quello che possiamo dire dal nostro osservatorio è che durante la quarantena vera e propria (la primavera scorsa) molte persone, pur avendone necessità si sono trovate senza la possibilità di usare i mezzi pubblici.” – spiega. “Per molte persone è stato impossibile raggiungerci e ancora più complessità ci sono state per chi abita nelle frazioni limitrofe. Un problema a cui abbiamo cercato di dare risposta ampliando il servizio di spesa a domicilio. In quel momento ci siamo trovati sicuramente con un minore afflusso di persone al centro distribuzione viveri, rispetto alla norma.”
E nella fase due? “Quando abbiamo riaperto ci siamo trovati con numeri simili a quelli precedenti, però con la quasi totalità di persone nuove. Affiancati ad alcuni utenti storici, quelli che magari vengono da venti o venticinque anni di frequentazione, sono arrivate ad esempio tante badanti in più, che si sono trovate senza lavoro, anche per la perdita dell’assistito proprio per Covid o per la conclusione dell’impiego per la paura di avere persone esterne nel proprio domicilio. Tanti italiani in più, che magari avevano piccole attività in proprio e si sono trovati fermi per mesi e spesso senza aiuti statali. Solo negli ultimi mesi, molto lentamente, stanno riprendendo il lavoro.”
Un’altro movimento significativo è stato quello dei senzatetto itineranti, che si spostano di città in città e che per qualche mese si sono trovati ovviamente obbligati, se erano in città, a rimanerci, per un tempo maggiore rispetto al previsto.
“Se vogliamo fare il punto della situazione – aggiunge Stefania – cinque anni fa era iniziata una tendenza in calo, con circa 2000 persone assistite al mese con la spesa dalla Caritas, per arrivare oggi ad un dato stabile sulle 600-650 persone.”
Nei giorni successivi alle prime riaperture Stefania racconta di un’esplosione di richieste con punte fino a cinquanta persone in più ogni giorno, che ha riportato a circa mille le persone assistite nel giro di poche settimane. Una esplosione conseguente alla chiusura di tante attività, con persone che erano inserite nel mercato del lavoro e che hanno faticato a chiedere supporto alla Caritas:
Era facile sentirsi dire “io ero abituato a stare bene”, “non sono come quelle persone là, quelle della mensa della Caritas”, “io non ho bisogno”…
“Abbiamo dovuto reinventare anche il Centro d’ascolto per fare avvicinare queste persone e fare capire loro che è una fase della loro vita che probabilmente non durerà per sempre e ci siamo inventati alternative per venire incontro a coloro che volevano accedere ma non negli orari più classici, per la paura o la vergogna di farsi riconoscere. Oggi la nostra utenza è egualmente divisa, al 51% italiani e al 49% stranieri: normalmente calano e crescono in eguale misura e quest’anno non ha variato questo rapporto.”
Ci siamo detti spesso che ne saremmo usciti migliori da questa esperienza: avete avuto segnali in questo senso?
“Sinceramente si. Ogni volta che ci siamo trovati con il magazzino vuoto e la sensazione di non farcela, abbiamo sempre ricevuto aiuto, economico o materiale, ad esempio con persone che facevano una doppia spesa, una per noi e una da donare. O persone che, una volta rimborsate dei soldi anticipati per una vacanza che non hanno potuto ovviamente fare, hanno scelto di donarci quella quota direttamente, gesti che fino a prima della quarantena non era normale ricevere. Al momento riusciamo, grazie al supporto delle istituzioni, donazioni e fondi extra arrivati per il Covid, a rispondere alla totalità delle richieste, anche in termini di piccoli aiuti a pagare affitti o bollette, dove necessario. Per quanto faccia strano dirlo in un anno così complesso, possiamo quindi dire di chiuderlo con il sorriso”.
Definizioni e possibili soluzioni: il pensiero di Stefano Zamagni, ospite sabato a Internazionale a Ferrara.
Professor Zamagni, come testimoniato anche dalla Caritas di Ferrara è stato un anno molto particolare se parliamo di disuguaglianze. Da studioso di economia civica, che impressione ha avuto sulla società italiana in questa emergenza sanitaria?
“Il punto iniziale del discorso è che la pandemia ha aumentato enormemente le disuguaglianze, fenomeno però già ben presente e radicato nel nostro paese. Aumentano da oltre quarant’anni ormai e la pandemia ha fondamentalmente dato il colpo di grazia. Non bisogna commettere la falsità di dire che una volta terminata la pandemia la situazione tornerà alla normalità.”
La pandemia aggrava un corpo ammalato da tempo.
“Il secondo punto da considerare è quello di non confondere il concetto di povertà con quello di disuguaglianza: nel primo caso si tratta dell’impossibilità di procurarsi il necessario per sopravvivere, nel secondo dell’aumento della discrepanza tra un gruppo sociale e quello di testa. In Italia abbiamo un certo numero di poveri, ma non così tanti come a volte viene raccontato, abbiamo invece soprattutto un tema di difficoltà nel migliorare la propria condizione.
La disuguaglianza è multiforme: ci sono quelle di genere (le donne sono retribuite il 23% in meno degli uomini a parità di condizioni) etniche (pensiamo agli immigrati che non hanno la cittadinanza italiana) ma non solo. La lotta alle disuguaglianze è molto più complessa della lotta alla povertà, per quest’ultima basterebbe aumentare la filantropia, per le prime c’è da cambiare interi pezzi del modo in cui è costruita la società. Per ottenere questo cambiamento bisogna ottenere un grande consenso democratico, che ancora nelle nostre società non esiste.”
Quale azione sarebbe la prima da mettere in campo, dopo questo anno di pandemia, per iniziare a cambiare direzione verso un mondo meno diseguale?
“Bisogna avere il coraggio di affermare che va cambiato radicalmente il sistema scolastico, in particolare a livello universitario. E non facendo le cosiddette riforme (ovvero nuova forma con lo stesso contenuto) ma abbandonando quel sistema della catena di montaggio (il taylorismo), ormai trasferito a realtà come sanità e istruzione. Lo si può fare mettendo al centro della scuola il concetto di educazione, invece dell’istruzione. Il concetto da mettere al centro è quello della conazione: conoscenza e azione non possono essere separati e non possiamo quindi chiedere ai nostri giovani di sviluppare solo conoscenza fino ai 25 anni e solo dopo fare azione, entrando nel mondo del lavoro, le due dimensioni devono essere integrate.
Noi abbiamo persone che non sanno agire, la conoscenza deve essere messa al servizio dell’azione, invece. E bisognerebbe cancellare subito, per decreto, il concetto di alternanza scuola lavoro, inserendo una visione di convergenza scuola lavoro. I nostri giovani hanno un sacco di nozioni ma non riescono a tradurle nella realtà pratica e ad accedere al mondo lavorativo, una delle basi per non poter migliorare quei dati di povertà e disuguaglianza che conosciamo.”
___________________________________
Approfondisci queste tematiche assistendo agli incontri di Internazionale a Ferrara sabato 16 e domenica 17 Gennaio.
Un riferimento per Caritas a Ferrara
Un riferimento per Stefano Zamagni