Non sono mai casualità, a meno di non saperle cogliere.
Fa uno strano effetto iniziare “Persone Normali” di Sally Rooney, uno dei casi letterari degli ultimi anni e trovarsi poche ore dopo a conversare, a margine di un palco, con due ragazze che hanno appena registrato un live per il festivalino digitale al Cubo, promosso da Ferrara Sotto le Stelle, A Cielo Aperto e Arti Vive, nella sala dell’Arci Bolognesi.
Perché entrambe le condizioni (il libro e gli avvenimenti) raccontano di normalità, eppure sono eccezionali. Nel primo caso c’è il crescere di due vite che si intrecciano continuamente pur allontanandosi spesso e parla del modo in cui viviamo le nostre vite, in cerca di un equilibrio e di una forma con cui trovare posto nel mondo. Nel secondo c’è l’ombra di una normalità sussurata eppure commovente, come se quell’equilibrio e quella forma possano mutare, purchè il modo in cui siamo non cambi.
Un palco illuminato, le casse ad alto volume, persone dietro un mixer, energia trasmessa sotto forma di onde sonore per poche, sparute persone (i tecnici alle prese con la registrazione) che, pure, sono qui, ora e assieme, collettivamente in un noi che è estemporaneo, eppure esiste.
Il meccanismo di provare i suoni, parlarsi prima o dopo aver suonato per una intervista, progettare un futuro che va al di là di quella domanda sospesa da ormai un anno (quando ne usciamo e torneremo a quella normalità, o avremo una nuova normalità?) è lo stesso meccanismo di Connell e Marianne del libro, che si danno spesso risposte giuste a domande sbagliate, perché come spesso facciamo tutti evitano di interrogarsi sulle vere questioni che pure, in un angolo e sottovoce, sbattono incessanti per farsi sentire.
A cavallo con quelle che per tradizione ci ostiniamo a considerare le feste natalizie (lo potevano essere quest’anno?) Cubo è stato un contenitore che ha cercato di farsi le domande più sincere e allo stesso tempo di ridarci scampoli di realtà, contenuti inediti, concerti, letture, esperienze e interviste che sono state un racconto di quello che potrà essere il nostro 2021.
Un silenzioso festival che ha unito tre realtà, tre Festival separati per province e uniti per regione (quanto abbiamo in questi mesi imparato a sentirci parte di esse?) che da mesi hanno pensato (ne usciremo migliori no?) che unire le forze è un modo per esistere, o per resistere, scegliete voi. E che in un paio di settimane si è interrogato su come sia cambiato tutto nell’organizzare un live, ha ascoltato artisti e letture, ha proposto suggestioni e angolazioni diverse del concetto musica.
Si concluderà il 6 gennaio, con un doppio live che ha come protagoniste Giungla e Hàn e un talk che parla di creatività, di donne e di come superare esattamente questo tipo di conversazioni, perché finché esiste la necessità di parlarne, il problema esiste.
E per una serie fortunata di coincidenze abbiamo potuto esserci, respirare l’aria elettrica di un live e le conversazioni che ne avvengono dopo, chiedendo a Giungla e Hàn qualcosa sul loro presente e sul loro futuro.
Com’è stato tornare sul palco?
Hàn – Devo dire: proprio bello. Per me l’ultima volta era stata a Roma, questa estate, avevo già fatto una diretta a Milano simile a questa, per Wired e onestamente mi manca suonare. Ovviamente la sensazione è diversa perchè la parte più bella del suonare dal vivo è relazionarsi con il pubblico: però ci si sfoga anche così, con queste esperienze.
Giungla – Quantomeno è un modo per cercare di non stare fermi. Io ho approfittato di questo periodo per provare a fare delle cose un pò differenti e già questa estate avevo sperimentato live diversi, provando magari solo chitarra e voce oppure aggiungendo una seconda persona e la batteria. Però è sicuramente bello e importante avere fatto qualcosa, anche oggi.
Siete protagoniste di un talk intitolato “We Play Who We Are: La creatività al femminile”: ne parlerete in diretta il 6, ma per introdurre l’incontro vorrei farvi interrogare sul tema. Come artiste, che percezione avete dei cambiamenti sia lato organizzativo che lato pubblico, quando si parla di musica al femminile?
Hàn: Bene o male, quando ci sono delle ragazze che suonano vengono, ad esempio, spesso accumunate a prescindere dal genere che fanno. Non so come si possa superare questa cosa, probabilmente quando il numero di artiste femminili sarà così alto da non essere più una eccezione, sparirà questa distinzione. In fondo, ad oggi, a livello di numero le ragazze che hanno un progetto attivo sono al momento di meno rispetto agli uomini. È comunque più una questione di abitudine. In particolare questo si avverte in Italia, è sicuramente vero, pensando ad esempio al Primavera Sound (probabilmente il più importante festival musicale europeo, che si tiene a Barcellona a cavallo tra maggio e giugno, Ndr) è solo nel 2019 che con l’hashtag “The new normal” hanno fatto una line up equamente divisa tra uomini e donne in cartellone.
Giungla: Si, penso sia comunque importante parlarne, per quanto ovviamente finchè ne parliamo e ne definiamo l’eccezionalità, rimane ovviamente tale. Ho pensato questa cosa per molto tempo. Credo che per cambiare del tutto servano degli esempi e dei modelli: devono essere per primi i Festival a spingere in questa direzione. In fondo anche oggi, escludendo me e Giulia (Hàn, Ndr) ci sono solo uomini nella parte operativa, anche se di buono esiste il fatto che siamo noi le protagoniste e spero che vedendo sul palco delle ragazze, questo faccia di noi un esempio pratico di cambiamento: lo cambi anche così il mondo.
Avete progetti per il 2021?
Hàn – Si. Ora vivo a Londra e ho un album quasi finito, ovviamente non so ancora quando e come lo farò uscire. Penso sia molto più maturo di quello che ho fatto finora e sono felice per la prima volta di questo: mi ci è voluto un pò per arrivare ad un momento di consapevolezza del mio percorso artistico e di quello che stavo facendo.
Giungla: Purtroppo è difficile fare progetti, così come già solo fare le prove. A breve farò uscire delle altre cose, molto a breve, verosimilmente nel formato EP e poi si spera che torni la possibilità di fare delle date dal vivo. Ho materiale nuovo e vecchio, con cui chiuderò una sorta di capitolo con questa uscita e fondamentalmente speriamo di poter fare dei live.
Uscendo dalla sala dell’Arci Bolognesi, che si appresta per tornare di nuovo un luogo in ibernazione, come quasi tutto quello che include la fisicità collettiva, specie se artistica, viene da ripensare alla differenza tra impegno e risultato probabile, per questo festival, per queste artiste e per tutti coloro che ci ruotano attorno. Appare come lo sforzo di Connell e Marianne (il libro, ricordate?) che cercano di crescere e distanziarsi, scoprendo di essere indispensabili l’uno all’altra anno dopo anno, nonostante le ferite che questo provoca.
Persone normali, è il titolo, che premette qualcosa di ordinario e lo racconta in maniera straordinaria, così come artisti e persone normali continuano a promuovere queste esperienze perché per loro e per noi tutto questo è ossigeno, battito del cuore, connessioni cerebrali che non hanno voglia di assopirsi ma anche di convivere e trovare occasioni di felicità reciproche.
In attesa di poter scrivere nuove parole che siano di realtà condivise e che quelle prime immagini di vaccinazioni siano la pietra su cui poterci raccontare presto dei mesi diversi.
LINK UTILI
al Cubo – Ferrara Sotto le stelle
Han: Spotify – Facebook
Giungla: Spotify – Facebook