Dopo il successo della mostra Un artista chiamato Banksy, a Palazzo dei Diamanti torna il genio incompreso di Antonio Ligabue, con una retrospettiva antologica di ben 107 opere, la più grande mai realizzata fino ad oggi. Parliamo di ritorno perché alcuni ricorderanno ancora una precedente mostra a lui dedicata proprio ai Diamanti, sotto la gestione di Franco Farina, nel 1972. La mostra è davvero interessante, a maggior ragione se conoscete poco di questo autore del tutto originale, e merita senz’altro una visita, DPCM permettendo.
LA VITA DIFFICILE
Il pittore di Gualtieri, in provincia di Reggio Emilia (dove ha vissuto quasi l’intera esistenza fino al 1965) è un personaggio notissimo e conosciuto in tutto il nostro paese, oltre che in tempi più recenti anche all’estero. Un volto arcigno e del tutto caratteristico di certi emiliani vissuti all’inizio del secolo scorso tra povertà, solitudine, emarginazione, nel suo caso riscattata da un amore sconfinato per la pittura, nonostante le difficoltà e i ricoveri negli ospedali psichiatrici. Ligabue amava confrontarsi con gli animali da lui ritratti, imitandone smorfie, versi e posizioni: atteggiamenti folli che hanno creato quel personaggio ancora oggi vivo nell’immaginario collettivo. La sua leggenda ruota da sempre intorno alla diversità mai accettata da chi lo circondava e alla sua solitudine. Nel 1928 l’incontro fondamentale con l’artista Renato Marino Mazzacurati, che, riconoscendo il suo naturale talento, lo aiutò materialmente incoraggiandolo a praticare il mestiere e diede il la alla sua carriera.
LE OPERE IN MOSTRA
Le opere di Ligabue sono estremamente popolari, immediate nei temi e nello stile semplice e diretto: i colori pieni, le pennellate decise e un immaginario che attinge dalle campagne per finire nella giungla immaginata e vista soltanto sui libri. Il suo fantastico vocabolario figurativo è un’invenzione del reale, un viaggio tra sogno e realtà sulle sponde del Po, sviscerato sala per sala nella mostra che spazia sui temi a lui più cari. Dai celebri autoritratti alle scene ambientate in Svizzera ancora ragazzo, dalle nature morte ai paesaggi agresti con animali domestici, fino a cruente scene di caccia tra animali selvaggi e tormente di neve. C’è tanta campagna emiliana, molta vita monotona tra casa e campagna e una fervida immaginazione nei 77 quadri, le 20 sculture in bronzo e i 10 disegni a matita in mostra.
L’ALLESTIMENTO
Nonostante la vastità delle opere proposte, l’allestimento a Palazzo dei Diamanti è molto tradizionale: ogni stanza presenta un tema e la successione di quadri e sculture è accompagnata da una sola didascalia per sezione. Nessun materiale audiovisivo, poche le fotografie che ritraggono il pittore, nessun approfondimento a supporto dell’esposizione per raccontare il contesto, l’ambiente, lo stile attorno a Ligabue. Abituati a certi allestimenti di grande impatto che Ferrara Arte ha proposto negli ultimi anni, (vedi Boldini o Orlando Furioso solo per citarne due recenti) forse un po’ il Covid, un po’ i tempi contingentati abbiano inciso nelle scelte progettuali.
Una curiosità: i lavori in corso di ampliamento in quello che era il vecchio bookshop costringono la visita nella sola prima parte del Palazzo, con ingresso dove solitamente si esce nel giardino ed uscita nel bookshop temporaneo allestito nella vecchia biglietteria. Al termine di questa mostra, il 5 aprile 2021, è prevista la chiusura del Palazzo per i lavori di ampliamento e restauro previsti già dallo scorso anno.
IL VAN GOGH ITALIANO
Del visionario “Toni al mat” – come veniva chiamato – il curatore della mostra e Presidente di Ferrara Arte Vittorio Sgarbi ha detto: «Ligabue è il Van Gogh italiano. È l’arte, come per il pittore fiammingo, a concedere il riscatto di una condizione che lo spietato pragmatismo della società borghese continuava a ritenere una malattia da rigettare in toto. Per troppo tempo è stato un pittore conosciuto dalle persone e ignorato dalla critica. Ma Ligabue esiste, ci regala una visione della realtà dal punto di vista degli animali che ritrae. Per lui la pittura è la realtà che vive, è il sogno che si sovrappone alla realtà contadina della sua esistenza».
LA MOSTRA DI PARMA
Se le opere in mostra a Ferrara non vi bastano, a settembre ha inaugurato a Parma un’esposizione simile anche se diversa quantomeno per le opere proposte, afferenti comunque ai medesimi temi. In parete fino al 30 maggio 2021 a Palazzo Tarasconi il titolo è “Ligabue. Dare voce alla natura”. Inizialmente prevista tra aprile e dicembre di quest’anno, la mostra è stata riprogrammata a causa dell’emergenza sanitaria ancora in corso. Diverse le opere, medesimi i curatori, gli stessi della mostra ferrarese, con il supporto della Fondazione Archivio Antonio Ligabue.
LIGABUE E IL CINEMA
Marzio Dall’Acqua, curatore e saggista sul catalogo della mostra racconta:
“Ligabue amava il cinema. Gli piaceva quel buio nel quale si chiudeva in se stesso, nei suoi goffi abiti, per partecipare a quel sogno collettivo che portava tutti a guardare con occhi di bambino immagini scorrere – immagini che diventavano emozioni, talora, per lui, incontrollabili. Quando poté permettersi le rosse moto nelle serate estive, nei cinema all’aperto, entrava nell’arena direttamente caval- cando la Guzzi e dando gas al motore quando le belve sullo schermo attaccavano i cacciatori e sembravano vincere. Il rumore assordante suscitava gli improperi degli altri spettatori, che comunque generalmente erano tolleranti.”
Anche da quei film che narravano di mondi lontani il pittore ha tratto spunto per immaginare le belve feroci da lui ritratte in molte opere. Sulla figura del tutto originale di Antonio Ligabue esistono comunque almeno tre rappresentazioni filmiche degne di nota. Nel 1960 Pier Paolo Ruggerini gira il documentario Il paese del sole a picco. Ligabue interpreta se stesso percorrendo le strade della Bassa sulla sua moto Guzzi, assistendo ad uno spettacolo teatrale nascosto in un fosso.
Nel 1977 la RAI produce uno sceneggiato in tre puntate scritto da Cesare Zavattini e Arnaldo Bagnasco, diretto da Salvatore Nocita con la colonna sonora di Armando Trovajoli. Ligabue è interpretato da Flavio Bucci, scomparso all’inizio di quest’anno.
È storia recente poi, l’intensa interpretazione di Elio Germano nel film di Giorgio Diritti Volevo nascondermi. Presentato in concorso al Festival Internazionale del Cinema di Berlino è valso un Orso d’argento per il miglior attore a Germano e successivamente un Nastro d’Argento come film italiano dell’anno.
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Antonio Ligabue. Una vita d’artista
31 ottobre 2020 – 5 aprile 2021
Tutti i giorni: 10.30 – 19.30
Aperto anche 8, 25 e 26 dicembre, 1 e 6 gennaio, Pasqua e Lunedì dell’Angelo
L’ingresso sarà contingentato ed è quindi fortemente consigliata la prenotazione online, disponibile qui.