La capitozzatura è la più dannosa tecnica di potatura degli alberi, riconosciuta come tale da decenni, tanto che la quasi totalità dei regolamenti comunali la vieta categoricamente. Inverosimilmente, resta una pratica tutt’ora diffusa in provincia di Ferrara, come in tante altre zone d’Italia.
Secondo la definizione fornita dalla Società Italiana Arboricoltori la capitozzatura consiste nel taglio indiscriminato del fusto, delle branche primarie o di grossi rami. Il motivo più comune per cui si ricorre a tale pratica è la riduzione delle dimensioni dell’albero ed è legato all’errata convinzione per cui gli alberi alti, o con grande chioma, costituiscono un pericolo. Questa pratica, tuttavia, non è un metodo adeguato di riduzione dell’altezza ed in generale delle dimensioni della chioma degli alberi e non riduce né il pericolo di ribaltamento, né quello di cedimenti strutturali della pianta. Al contrario, tali interventi invasivi rendono l’albero, nel lungo periodo, più pericoloso ed instabile.
Ciò appare con un’evidenza devastante, ormai periodicamente, in occasione di ogni temporale di forte intensità, oggi per altro sempre più frequenti.
Ridurre la chioma di un albero sano e, nello specifico, rimuovere una grande quantità di foglie, che sono gli organi con cui la pianta produce il proprio nutrimento, causa carenza di energia, stress, e sofferenza.
Un albero capitozzato è un albero più vulnerabile. I tagli profondi consentono a insetti, funghi e malattie una facile via d’accesso alle parti interne della pianta, causandone il degradamento, provocando cavità, favorendo secchezze o marciumi, che rendendo meno robusta l’intera struttura.
L’albero è una forma di vita intelligente. La drastica riduzione della chioma causa una minor richiesta di fabbisogno nutritivo da parte della pianta, ciò si ripercuote in una proporzionale riduzione dell’apparato radicale ed in una, inevitabile, instabilità dell’intera struttura. L’albero reagisce riducendo la sua richiesta di nutrimento, dimostrando di non trarre dall’ambiente nulla di più di quanto abbia strettamente bisogno. Inoltre in questo modo, privato delle sue radici fondamentali, resta più vulnerabile agli agenti esterni come vento, o siccità, e può essere più facilmente vittima di carenze nutritive.
Tale perdita di vigore attiva poi un meccanismo di sopravvivenza straordinario. L’albero si sforza di produrre velocemente più chioma possibile, così facendo da vita a rami di lunghezza maggiore ma molto più esili. Per riconoscere un albero che è stato sottoposto ad una potatura invasiva, basterà notare la presenza di numerosi lunghi rami sottili, che originano direttamente dal fusto della pianta. Essi rappresentano il segnale del suo sforzo disperato e innaturale di produrre chioma, mentre naturalmente, i rami esili si generano in gran numero dai rami principali, e non dal tronco, secondo forme e strutture ormai conosciute.
Il meccanismo di sopravvivenza dell’albero richiede un grande impiego di energia che la esso preleva dalle sue riserve e, se non possiede una riserva di energia sufficiente, il rischio che muoia è molto alto. Com’è avvenuto per i pioppi capitozzati nel 2018, in via Pontegradella, morti diversi mesi dopo, in gran numero, a seguito delle operazioni definite di “messa in sicurezza”. Oltre all’evidente danno paesaggistico, lamentato a più riprese dai cittadini del quartiere, oggi molti pioppi morti, simili a stuzzicadenti, sono ancora pericolanti sul ciglio della strada.
La capitozzatura aumenta anche le spese di manutenzione. Un albero drasticamente potato ha bisogno di continue manutenzioni. La possibilità che vento e neve provochino la rottura dei nuovi rami più fragili sarà maggiore e sarà quindi necessario intervenire per rimuoverli con frequenza.
Viene da chiedersi perchè in tante città, compresa Ferrara continuino gli interventi invasivi a danno degli alberi, nonostante le evidenze scientifiche e i regolamenti che vietano la capitozzatura, in quanto pratica altamente dannosa e controproducente.
Dovrebbe essere chiaro che un albero capitozzato oggi, domani sarà un albero malato, morto e comunque prossimo all’abbattimento.
Manca, in questi interventi così aggressivi il rispetto del patrimonio arboreo, inteso sia come decoro paesaggistico che, soprattutto, come unico contrasto al surriscaldamento globale ed al caldo asfissiante delle città di cemento.
Manca la visione del futuro.
Durante l’ultimo violento temporale nel pomeriggio del 3 agosto, sono stati moltissimi gli alberi ad essere stati lesionati, o peggio, essersi schiantati al suolo, sradicati o spezzati di netto nel fusto.
I più avventati inizieranno presto a gridare al pericolo rappresentato dai temibili alberi della città, ma basta uno sguardo più attento per capire che non è l’albero alto, o con folta chioma il pericolo, quanto l’albero malamente manutenuto.
In relazione a quest’ultimo fortunale, secondo l’autorevole parere del dott. Giovanni Morelli, agronomo dai numerosi riconoscimenti e titoli nel settore dell’arboricoltura, “Anche oggi, come sempre, la stragrande maggioranza degli alberi che si sono resi protagonisti di un cedimento strutturale erano esemplari capitozzati, scavati, pavimentati, interrati; erano individui seviziati da anni, mal gestiti, forse mal “valutati”, oppure, semplicemente, trascurati e dimenticati. Davvero vogliamo credere che la colpa, quella “vera”, sia stata del vento?”.
Secondo il movimento ambientalista La Voce degli Alberi, che ha documentato con foto e video le conseguenze di quest’ultimo evento, “oggi abbiamo avuto l’ennesima evidenza di quanto sia necessario cambiare il modo di potare e manutenere il verde pubblico. È chiaro che così non va. A pagarne le spese per primi sono sempre l’ambiente e la biodiversità, ma in questi casi così eclatanti sicuramente anche l’amministrazione, e qualche cittadino malcapitato, saranno costretti ad un consistente esborso di denaro – continua la dottoressa Gabriella Sabbioni, biologa e membra attiva del movimento – nel bel mezzo della crisi climatica a Ferrara si continua ancora ad abbattere e capitozzare alberi, vederli morire di sete, o schiantarsi al suolo, perchè resi deboli o instabili da decenni di errata manutenzione. In pochi mesi abbiamo denunciato decine di capitozzature a danno del verde pubblico, ma ben poche sono state le sanzioni inflitte a chi ha violato il regolamento comunale che le vieta. Si giustifica sempre tutto adducendo ragioni di urgenza, o di messa in sicurezza, ma in tal modo non si fa altro che rendere ancora più precari gli alberi e, in un certo senso, indurli ad una fine tragica, già segnata dalla pesante mano dell’uomo.”
“Siamo in una situazione a dir poco paradossale, – prosegue Sabbioni – che non può essere risolta con misure ordinarie: ci vuole un maggior impiego di fondi e migliori professionalità nella gestione del patrimonio verde della nostra bella città. Non si può continuare a rimanere impassibili di fronte al crollo indiscriminato di rami resi esili da potature selvagge, alberi marcescenti a causa di lesioni mai guarite, scempi paesaggistici come l’abbattimento degli alberi del Canale Navigabile in pieno Parco delta del Po, o alla pineta dei Comacchio ed infine alla mutilazione degli storici cedri del Libano di Parco Massari. Quando tutto questa scarsa attenzione per il patrimonio verde sarà abbastanza?”
1 commento
Quello che si dice è vero solo in parte.voglio ricordare che in via comacchio pochi anni fa sono stati sradicati platani che non venivano potati da oltre 40 anni.