Come è noto le vicende della comunità ebraica ferrarese sono parte integrante del patrimonio storico e culturale della città estense. In particolare nell’ambito artistico la Comunità ha fornito un contributo significativo nella costruzione del prestigio di cui oggi gode Ferrara. Per comprendere la consistenza di questo apporto intraprendiamo una passeggiata tra le vie della città alla ricerca delle tracce dell’arte meno tangibile per antonomasia: la musica. In questo itinerario ci facciamo accompagnare dalla voce di Giorgio Bassani, principale memoria della Ferrara ebraica del Novecento.
Iniziamo il nostro percorso dal cuore del ghetto: la Sinagoga di via Mazzini 95. Qui sembra di sentire la voce di Bassani leggere qualche passaggio del Giardino dei Finzi-Contini:
«Quando ci incontravamo sul portone del Tempio, in genere all’imbrunire, dopo i laboriosi convenevoli scambiati nella penombra del portico finiva quasi sempre che salissimo in gruppo anche le ripide scale che portavano al secondo piano, dove ampia, gremita di popolo misto, echeggiante di suoni d’organo e di canti come una chiesa […]».
Entrando oggi all’interno del Tempio di rito italiano ci accorgiamo che lo strumento citato, in realtà un armonium, è stato rimosso. Allo stesso modo i tratti più distintivi del canto ferrarese applicato alla liturgia, autentica espressione dell’ebraismo in musica, sono stati gradualmente persi. Possiamo trovare traccia di questo repertorio nel canto pasquale Chi sa che cos’è uno? nella trasposizione cinematografica de Il giardino dei Finzi-Contini (1970) di Vittorio De Sica, ispirato da Carlo Schönheit, ultima memoria del canto sinagogale ferrarese.
Se potessimo tornare al primo ventennio del ’900, passeggiando tra via Vignatagliata, via Vittoria e piazzetta Isacco Lampronti avremmo potuto sentire dalle finestre aperte delle abitazioni eseguire al pianoforte le più note pagine del repertorio classico (Bach, Mozart, Beethoven). È forse questo strumento il principale protagonista della vita musicale ebraica ferrarese di quel periodo, strumento attraverso il quale si realizzava la socializzazione borghese della musica. Numerosi sono infatti i membri della comunità che vi si dedicarono, tra i quali possiamo ricordare, oltre al giovane Giorgio Bassani, Laura Lampronti e Talia Minerbi. Rari sono i casi della pratica di altri strumenti. La lapide di via Vittoria 21 ci ricorda il grande violinista di origini ebraiche Aldo Ferraresi (1902-1978), di cui oggi è conservato il calco della mano presso la Biblioteca Ariostea.
Importante quanto il pianoforte fu la pratica corale, rappresentando forse, insieme alla musica liturgica, il più alto momento di espressione di una identità collettiva, come testimoniato dalla presenza di un coro femminile negli anni ’20 impiegato presso la Sinagoga.
Uscendo dal ghetto, non lontano dalle sue porte, troviamo due abitazioni che furono sede dei più importanti salotti musicali cittadini: casa Minerbi, via Giuoco del Pallone 15, e casa Bonfiglioli, via Palestro 70. Tra gli ospiti di queste due esclusivi ritrovi spiccò il compositore ebreo ferrarese Vittore Veneziani (1878-1958). Questi dopo gli studi violoncellistici presso il Liceo musicale “Frescobaldi” e il conseguimento del diploma in composizione al Liceo musicale di Bologna, nel 1921 divenne direttore del coro del Teatro alla Scala di Milano.
Oggi il suo nome è noto a tutti i ferraresi grazie all’omonima Accademia Corale da lui fondata insieme a Mario Roffi e Renzo Bonfiglioli.
Proseguendo la nostra passeggiata tra le vie più verdi del centro storico, attraverso i portoni dei palazzi possiamo intravvedere raccolti giardini nei quali immaginare conversazioni musicali come quella intrattenuta tra il narratore e Alberto, fratello maggiore di Micòl, nel Giardino dei Finzi-Contini dalla quale emergono i vezzi musicali dei giovani della borghesia ferrarese degli anni ’30: dal jazz di Armstrong e Duke Ellington alla musica barocca di Monteverdi e Scarlatti.
Allontanandoci dalla zona più centrale della città molti altri luoghi rievocano direttamente o indirettamente vicende musicali dei membri appartenenti alla comunità: il cimitero ebraico di via delle Vigne, luogo della memoria; casa Bassani in via Cisterna del Follo 1, dove il giovane Giorgio si dedicò agli studi pianistici; Casa di Ludovico Ariosto, oggi sede della Fondazione Bassani, dove è racchiusa una corposa documentazione; il MEIS in via Piangipane 81, spesso animato da iniziative musicali; la sede dell’orchestra a Plettro Gino Neri in via Darsena 57, che conserva la memoria di tanti musicisti ferraresi, tra i quali il contrabbassista ebreo Giulio Melli (1880-1960).
Terminata questa passeggiata, guardando Ferrara da lontano, ci si rende conto di quanto sia difficile individuare una autentica musica ebraica ferrarese. Ad eccezione della musica sinagogale, la comunità si integrò nel contesto cittadino e nazionale, indirizzo i suoi interessi musicali al repertorio colto e, grazie a grandi musicisti e appassionati, promosse importanti attività musicali dando linfa alle istituzioni cittadine. Una passeggiata ebraica che ci porta a riscoprire la storia della cultura musicale di un’intera città racchiusa «dentro le mura».
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Per un approfondimento:
Giorgio Bassani e la musica, in La carta e la tela. Arti e commento in Giorgio Bassani, a cura di Flavia Erbosi e Gaia Litrico, Ravenna, Giorgio Pozzi Editore, 2020, pp. 47-64.
https://www.giorgiopozzieditore.it/collane/bassaniana/91-la-carta-e-la-tela.html