1: Un rumore violento
È cominciato con un rumore violento.
Che forse non era nemmeno così violento, ma abituato al silenzio della nuova modernità, mi è parso essere la cosa più sorprendente degli ultimi mesi.
Ho fatto uno scatto all’indietro abbastanza privo di senso eppure logico secondo il naturale riflesso umano alla fuga, come la mano vicina al fuoco, che si allontana senza pensieri razionali: basta l’istinto.
Eppure era un foglio di carta, una pallina di foglio di carta, lanciata verso l’alto con una forza sproporzionata rispetto alla distanza tra i due balconi, come se fosse stato tirato al massimo dell’umana possibilità, oltre la forza che un braccio dovrebbe poter esercitare.
“Vedo che scrivi sempre al computer. Scrivi a me: manteniamo la vita all’interno di una normalità almeno apparente”.
Che fa sorridere, in una Ferrara vuota.
Soprattutto in una Ferrara spenta: viaggiano corrieri, polizia, ambulanze, poco di più.
Una sera ho acceso le webcam del comune, per osservare una piazza che pareva un irreale fermo immagine ripetuto e invece descriveva l’evoluzione di una serata.
È vero, scrivo sempre al computer: eppure non scrivo a nessuno, nemmeno sui social network, sono solo pagine di un diario.
Sarà la folle normalità di queste settimane ma ho pensato di gettare quel diario oltre il balcone.
In un primo momento ho pensato di scrivere qualcosa di ovvio, chi sei, parlami di te, per poi capire immediatamente che non avevamo bisogno di conoscerci, ma di parlarci, esprimerci.
Una opportunità comunicativa slegata dall’interesse di una relazione.
Così, ho scritto un biglietto, con carta spessa e mano decisa.
“Anche se non è vero, ti scrivo di un pomeriggio immaginario. Sono sceso sotto casa, ho sperato, come sempre, da buon ferrarese, di trovare la bici e non la sola catena e poi ci sono salito sopra.
L’esperienza è stata totale: vagare per via Giovecca quasi libera, osservato da sguardi stupiti e poi le vie più centrali, affrontate nella loro quasi totale chiusura e desolazione mi hanno offerto uno spettacolo emozionante e allo stesso tempo violento.
Avevo con me un panino e ho sfidato ogni convenzione, sedendomi quasi fosse aperto nel riparo di un tendone di un bar, ovviamente chiuso.
Ero solo, il vento freddo, quasi invernale, sibilava attorno e ho scoperto di non avere paura: sono solo come in casa”.
Ho lanciato il pezzo di carta con la stessa violenza, verso quell’unico balcone che aveva una linea di lancio, l’ho osservato sbattere contro il centro della porta scorrevole e quasi rimbalzare oltre il confine, per poi fermarsi a fianco di un vaso.
Passate due ore era ancora lì.
Il mattino dopo invece no.
2 – Il fragore dopo l’attesa
E così ho trascorso una giornata in attesa di un rumore.
Non consciamente, la fase dell’accettazione è arrivata a metà del pomeriggio, dopo un inconscio e immotivato sonno di circa un’ora.
Al risveglio un lampo: forse non ho sentito il rumore e c’è un messaggio.
Mi sono trascinato verso il balcone, l’ho setacciato come fossi Sherlock Holmes.
Niente.
Quel silenzio mi ha ferito, come un patto non rispettato, un appuntamento che salta ma tu sei al bancone del bar da mezz’ora e ti imbarazzi per essere lì, più che per la buca ricevuta.
Perché ti guardi intorno e sei l’immagine di un fallimento.
Ho cucinato una cena nervosa, frettolosa e illogica.
Osservato la tv senza ricevere niente, letto un libro per poche pagine, ascoltato un disco per tre canzoni e un’altro per una sola, fatto una doccia immotivata, un caffè quasi illegale nel suo orario, ripreso il libro per ancora meno pagine, giocato ad un videogioco senza averne voglia e infine ho spento tutto in una sera che diventava ventosa, un pò fredda, leggermente bagnata da gocce incerte.
Alle quattro del mattino un rumore sordo e quasi violento.
“Una volta ci andammo, in quella piazza. Faceva caldo, la città era diversa, viva e pulsante ma non riflettevamo su queste cose.
Era una volta in piazza, niente di più, anche se ora mi pare il collante più forte della vita prima di questo oggi.”
Non ho più chiuso occhio.
(la seconda e ultima parte del racconto, la prossima settimana su FILO)
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