Mi manca Leonardo Semplici. Mi manca perché mi ha fatto vivere una splendida avventura, durata cinque anni, un lustro in cui ha permesso ad un ragazzo malato di calcio di poter assaporare nella propria città l’ebbrezza della Serie A, quel paradiso che prima del suo arrivo non avremmo potuto immaginare nemmeno nel migliore dei nostri sogni. Mi manca perché era diventato quasi una figura familiare: per me non era solo la Spal, bensì la ‘Spal di Semplici’. Sarà che non sono mai stato uno spallino purosangue, che non ho vissuto l’epoca gloriosa della Spal di Paolo Mazza, che il mio primo amore è stato e sarà per sempre l’Inter (colpa di ‘Bobone’ Vieri, mi sono innamorato di lui nel 2002 e – purtroppo o per fortuna – a quei tempi giocava nella beneamata). Ma ‘la Spal di Semplici’ avrà sempre un posto nel mio cuore da appassionato: una cavalcata incredibile, dai bassifondi della Serie C, in piena contestazione, a battere la Juventus davanti a più di 15mila persone.
In realtà la mia ammirazione per questo allenatore parte da prima del suo arrivo a Ferrara: parte da un programma televisivo trasmesso sei o sette anni fa su MTV, una specie di striscia quotidiana in cui si passava al setaccio la vita, dentro e fuori dal campo, del gruppo della Primavera della Fiorentina. ‘Calciatori – Giovani Speranze’ rappresentava per me in quel periodo un appuntamento fisso, intorno alle sette di sera, e ricordo di essermi veramente appassionato a quella squadra e a quei ragazzi, alcuni dei quali tra l’altro stanno facendo carriera, una signora carriera: da Leonardo Capezzi a Cristiano Piccini, da Haris Seferovic a Khouma Babacar, da Federico Chiesa a Federico Bernardeschi. Insomma, parliamo di gente che di strada ne ha fatta, a distanza di anni. E sapete chi era l’allenatore di quel gruppo di giovani promesse? Proprio lui, Leonardo Semplici. Mi piaceva il suo approccio con i ragazzi, duro, esigente ma al tempo stesso quasi come fosse un padre, o un fratello maggiore. Quella squadra, tra le altre cose, riusciva ad esprimere un bel gioco, e raggiunse la semifinale del Campionato Primavera 2013/14.
A fine 2014 la Spal, allora allenata da Oscar Brevi, soprannominato goliardicamente ‘bisachina’, perché qualsiasi cosa stesse accadendo su un campo di calcio aveva sempre – e dico sempre – le mani in tasca, stava sprofondando nei bassifondi del girone B di Lega Pro, dodicesima, solo quattro punti sopra la zona retrocessione. Un disastro, perché sulla carta la squadra non era poi stata costruita così male, ma il gioco stentava ad arrivare. Ricordo che quando fu annunciato l’esonero di Brevi, sperai con tutto il cuore – dentro di me – che quell’allenatore di cui mi ero innamorato in tv pochi mesi prima potesse arrivare nella mia città. Anche perché, in estate, c’era stato già un abboccamento, ma poi la società decise di affidarsi, appunto, a Brevi. Pensai: “Adesso è la volta buona, non potete farvelo scappare”. E in effetti l’8 dicembre del 2014 arrivò l’annuncio ufficiale dell’ingaggio di Leo: aveva già fatto scattare qualcosa in me davanti alla tv, volevo scoprire – anche se lo immaginavo già – cosa avrebbe potuto fare di buono alla guida della squadra della mia città.
Ecco, esattamente da quel giorno, il mio interesse verso la Spal aumentò in modo sproporzionato: perché c’era lui, Leonardo Semplici, e a me quell’uomo, il suo modo di porsi, con la squadra, con la stampa, con i tifosi, piaceva enormemente. Un fiorentino schietto e diretto, ma che al tempo stesso sapeva dosare le parole giuste al momento giusto.
Non sto qui a raccontarvi la cavalcata della Spal in questi cinque anni, perché la sapete tutti. Sono convinto però che sia stato un periodo in cui anche il più disinteressato cittadino ferrarese, quello del ‘a mi dla Spal an min frega un bel nient’, si sia avvicinato al calcio e alla squadra della sua città. Il merito è stato della società, certamente, dei giocatori, ma in particolare – e questo vuole essere un parere personale – di quell’uomo che ormai era diventato una certezza, uno di famiglia, uno di noi. Un uomo che ha fatto parte della nostra vita per cinque anni, un uomo che ha accompagnato la nostra adolescenza, la nostra vecchiaia, le nostre domeniche allo stadio. Lui, per cinque anni, c’è sempre stato. E lo abbiamo visto e sentito eccome. E ci sentivamo un po’ più protetti, un po’ più sicuri, un po’ più tranquilli, perché girando lo sguardo verso la panchina c’era sempre quel solito sguardo familiare.
Ecco, io sono convinto che con l’esonero di Semplici si sia spezzato un piccolo quanto grande incantesimo. Attenzione, la mia non vuole essere una critica, alla società o al successore Di Biagio, soltanto una constatazione. C’era un qualcosa di romantico, di religioso, di magico nella ‘Spal di Semplici’. Almeno, questo ha rappresentato per me quel periodo. Anche quando le cose non giravano, io avevo lui a cui appigliarmi, perché ero convinto che da un momento all’altro avrebbe potuto estrarre il coniglio dal cilindro e cambiare l’andamento delle cose. Forse sono stato troppo di parte, forse no: resto convinto che Leonardo Semplici, allenando una squadra di calcio, abbia contribuito a risollevare le sorti di una squadra, la Spal, che mancava da troppo tempo nell’elite del pallone, ma anche di una città intera, la mia, la nostra, che ritengo debba riservare a quest’uomo un posto speciale nella sua storia.
1 commento
Jacopo, lei è giovane ma scrive bene e soprattutto sa trasmettere emozioni. Sono ferrarese e sostenitore della Spal, ma tifo Fiorentina fin da quando sono piccolo e mi sono accorto che a Ferrara questo è un problema. Concordo con tutto quanto scritto su Semplici che ha fatto sentire importante , considerata e rispettata la Spal e Ferrara. Spero vivamente che Semplici vada alla Fiorentina perché è un allenatore sottovalutato ma veramente capace.. e perché Iachini non si può vedere. Buon lavoro e complimenti ancora per i suoi articoli.
Roberto Serri