“Amo il suono, amo la vita, amo il diverso”. Un incipit potente, rilasciato da Alfio Antico in un intervista a Web Radio Giardino, nel programma Ham Cat Magn. Rende conto della sua poetica, della sua storia, dell’amore per la musica, quella più arcaica a cui è particolarmente legato ma anche quella moderna, sintetica, che ha sposato nel suo nuovo album Trema la Terra. Una ricerca continua e constante, antropologica, fatta di ascolto e di scoperta, nel diverso, nell’alterità.
E proprio in questa alterità Alfio Antico pare aver trovato la forza della sua musica. Lui, pastore siciliano, al presente, perché ancora lo è. Prende ispirazione da quel rapporto con la natura che lo ha segnato fin dalla giovinezza e che non lo ha mai abbandonato. Ma non si limita a questo, per creare non basta l’Io, serve il diverso, serve il rapporto con l’altro perché “l’importante è ascoltarsi l’uno con l’altro e amarsi”. Il tamburo che si lega al sintetizzatore, lui che è portatore di una cultura arcaica, si unisce con ciò che più di ogni altra cosa rappresenta la modernità. E questo perché è dall’incontro con l’altro da sé che ci si può scoprire, è da questo incontro che si può trarre linfa vitale per la cultura di cui si è portatori. É da questo incontro che si scopre se stessi.
Trema la Terra, il suo nuovo album, uscito in uno dei periodi più sfortunati per qualsiasi produzione parla di questo. Della Sicilia, dei pastori, dei paesi di campagna. Si sentono i campanacci degli animali al pascolo, le campane delle chiese, il vento che muove le foglie e anche lo scorrere dell’acqua. L’acqua di quel fiume Po accanto al quale ora il musicista siciliano vive. È un album pieno di immagini, di suggestioni, di modernità e di passato. Prodotto grazie all’aiuto di Cesare Basile, “un fratello”, e del figlio Mattia che Alfio Antico non manca mai di ringraziare in ogni intervista. Un incontro tra generazioni, tra sonorità, tra ritmi, incastrati nella perfezione della loro diversità.
“Io ascolto molto il presente e sto sempre un passo indietro non cancellando l’intelligenza e la preparazione che ho. Ascolto ciò che non conosco e cerco di conoscerlo, cerco di amarlo e di scoprirlo mettendo insieme culture diverse.”
La sua Sicilia trae forza dalla sua nuova casa, quella in cui ha famiglia, a Pontelagoscuro, nel “villaggio marchigiano”, un crocevia dove si sono unite con forza diverse culture. Un’unione sincera, fedele che non dimentica il passato ma guarda al futuro. “Quando sono a casa a Ferrara – dice Alfio Antico –, dove ho famiglia, deposito ciò che mi da la terra. Mentre quando sono in Sicilia assorbo”. Ma non è forse il depositare un seme che fa crescere la pianta? Il depositare in musica un immagine non è come scattare un’istantanea, non può che essere influenzato dal luogo, dal sentimento che si prova. “Sto sempre un passo indietro per osservare – spiega – e amo la ricerca dei giovani delle cose diverse. Anche i miei tamburi sono tutti diversi, ogni volta che ne faccio uno la voce viene diversa, come nascere un figlio. Come due gemelli, non hanno mai la stessa voce. Le facce invece si, come si assomigliano tanti alberi, che poi danno frutti diversi”.
Non sempre lo si fa consciamente, anzi, quasi mai. Si parte da una suggestione, quella di un Caterpillar che “sballa una montagna”, un’immagine del passato, di quando Alfio passeggiava con il nonno per le sue terre. Un’immagine che in un altro mondo non sarebbe così potente, in un mondo fatto di rispetto per il passato ma anche per il futuro, in un mondo in cui ci si appoggia all’altro e non lo si allontana. L’album vuole dare uno scossone, “vuole svegliare chi la abita”, la Terra.
“Trema la terra mi è venuto qualche anno fa passeggiando per i territori dove sono cresciuto, dove ho pascolato gli animali. Da bambino vidi lì un Caterpillar sballare una montagna, il polverone salire in cielo e il vento dannantosi con il mare. Da qua nasce questo testo, la terra se non si rispetta, prima o poi si ribella”.
Un grido di speranza nel futuro con radici nei ricordi della giovinezza. Trema la Terra riesce a unire la saggezza popolare, contadina con quella data dall’incontro, dalla modernità. Lo fa con le parole e con la musica, è un salto nel futuro prendendo slancio dal passato.
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