La mia immagine è quella di un cane che si sente aggredito. Lo sguardo basso, i muscoli tesi, le orecchie dritte e appuntite, indietreggia passo dopo passo, mantiene una distanza costante e intanto ringhia. Per chiarire: siamo noi, quel cane. Il nostro avversario è un’ombra, rumorosa, forse non mortale ma in grado di ferirci. Soprattutto ci toglie sicurezze, ci fa esplorare territori mai percorsi, cambia la percezione delle giornate, del tempo, del cosa è giusto e cosa è sbagliato.
Siamo noi quel cane: digrigniamo i denti per farci minacciosi ma in realtà abbiamo paura e ogni metro che perdiamo ci avviciniamo al punto in cui sentiamo che la corda inizia a tendersi.
Quello è l’istante in cui scopriamo la nostra mortalità, i nostri confini, demoliamo l’idea di onnipotenza che ci contraddistingue. Ferrara, come tutte le altre, più di altre, è una città che vive di cultura. Di associazioni, di piccole imprese, di modesti o magari immensi festival. Soprattutto vive di un tessuto un pò dimenticato nella narrativa popolare, quella delle masse che osservano e raccontano di cronaca nera, incidenti, episodi singoli che soffiano nel racconto per settimane. Il rimanente, la nostra vera atmosfera, sono gli eventi che riuniscono grandi e piccole folle per raccontare storie, persone, imprese, sport, rievocazioni, spettacoli, lingue diverse che parlano in questa città e ci fanno sentire cittadini del mondo.
Questo tessuto è la nostra corda: si è fatta lunga negli anni e se non ce ne rendiamo conto è perché ne siamo davvero pervasi e abbiamo girato, lungo tutto il nostro recinto, liberi di poter scegliere cosa, quando e soprattutto se. Spesso a quel se abbiamo risposto no.
Poi è arrivata questa minaccia: passo dopo passo ci siamo riavvicinati alla nostra casa, abbiamo imparato a toccarci meno, a baciarci meno, a nasconderci di più. Ed abbiamo il fiato corto, con il filo che tira, i passi stentati e quella che pareva la rude normalità del nostro quartiere diventa un’esperienza diversa, da rimpiangere. Mostriamo i denti di fronte alle mancanze che si fanno quotidiane. Che non sono quelle del pane o delle medicine, anche se a volte ci abbiamo pensato, come se fosse quello il punto di rottura, ma non lo era.
Le nostre mancanze sono quelle delle radio, del teatro, delle mostre, dei cinema, dei palazzetti sportivi, dei festival. La vera quotidianità che ci manca è il cinema indipendente che vince l’Oscar, il concerto memorabile per chi c’era, il festival di fotografie, i giardini da riscoprire assieme, l’arrivo di una mostra o di un giro sportivo che fermano la città per un mattino. Le televisioni che ci raccontano, i giornali che ci raccontano, i social media che ci raccontano parlano di questi eventi: accendono luci che nemmeno vediamo.
Noi, qui ne scriviamo quasi ogni giorno e farlo in questi giorni diventa più difficile se non impossibile. Ed è stupefacente leggere le centinaia di storie prodotte in nemmeno due anni di vita, quasi che (è la nostra idea) mantenendo gli occhi aperti Ferrara sia davvero New York, in piccolo, in scala. Eppure adesso il filo, la nostra corda, tutto tira e ci ferisce la pelle. Col fiato spezzato abbiamo bisogno di un modo nuovo per sentirci uniti. Abbiamo bisogno ancora di più di buone notizie.
Per questo come modestissimo contributo alla causa, raccoglieremo da oggi in una pagina aggiornata in tempo reale, tutte le proposte provenienti dal mondo culturale locale, per tenerci compagnia in questi giorni di riposo forzato. La prima pagina si trova qui: #ferraranonsiferma
Buona lettura!