Un concerto a fumetti? In un mese dell’anno abitualmente spento per la città di Ferrara, ancora addormentata e lontana dai frizzanti weekend pieni di festival che caratterizzano la primavera, arriva una novità assolutamente rilevante, che ha inizio proprio a Ferrara.
L’occasione è quella della ristampa di “Quando tutto diventò blù” di Alessandro Baronciani, opera pubblicata dodici anni fa e che racconta il percorso di Chiara nell’affrontare le crisi di ansia. Un tema difficile e raccontato con uno stile particolare, narrativo e cromatico, profondamente intimo e che ha ampliato la fama negli anni, diventando un piccolo fenomeno di culto, oggi pronto a tornare nelle librerie.
Ma non è (solo) questa la storia: perché il 13 Febbraio, in Sala Estense, ci sarà la messa in scena del racconto: un concerto a fumetti appunto, un evento particolare già per la formula, interessante per la presenza di diverse tra le più importanti interpreti della scena musica italiana (nelle varie date del tour si avvicenderanno Maria Antonietta, Rachele Bastreghi dei Baustelle, Giungla, Her Skin, Han e molte altre) e soprattutto un concetto misterioso: cosa ci aspetta sul palco?
L’unica scelta era chiedere direttamente ad Alessandro Baronciani, autore del fumetto e protagonista della serata.
Volevo chiederti prima di tutto una riflessione da autore sul far rivivere una tua opera. Nel caso specifico “Quando tutto diventò blu” è una versione rimasterizzata del lavoro uscito nel 2008. Nel guardarti indietro, come autore e come persona, che sensazione ti dà rileggere e promuovere questa opera? Nel frattempo, tra l’altro, i cambiamenti del mondo contemporaneo hanno portato secondo le ricerche un aumento dei fenomeni di ansia e attacco di panico (circa l’11% della popolazione italiana ne ha sofferto): ritieni sia quasi più contemporaneo ora di quando l’hai pubblicato?
Non sai mai quanto un libro sia stato compreso, quanto sia considerato importante, come quando ritorna in libreria. “Quando tutto diventò blù” Bao (Publishing, NdA) l’avrebbe voluto stampare tanto tempo prima: ma era impossibile per problemi di diritti d’autore e della precedente casa editrice messa in liquidazione. La casa editrice pensava fosse un libro importante ieri e a rileggerlo oggi, quasi dodici anni dopo, si capisce anche il motivo della sua importanza: gli attacchi di panico, la paura, l’ansia sono ancora temi attualissimi e se non fosse per il Nokia a banana che segna l’anno in una vignetta la storia potrebbe cadere benissimo oggi (in questo senso è ancora meglio: Nokia l’ha rifatto in versione 4G lo scorso anno! NdA)
In che cosa consiste l’idea di uno spettacolo dal vivo? Hai scelto alcuni nomi tutelari della scena indipendente musicale italiana per accompagnare questo spettacolo: trasformare un fumetto intimo e dolente in una espressione dal vivo e con diverse interpreti sul palco che opera è? Mettere in scena? Dare una voce? Aggiungere una dimensione? Come è nata questa idea?
Ho chiamato tutte le persone con cui mi sarebbe piaciuto fare questo concerto. È stato complicato spiegarlo: non è semplice dire al telefono una cosa che è per lo più nella tua testa. Quindi ci siamo scelti e convinti a vicenda. Chi è entrato a far parte come ospite si è appassionato, o meglio appassionata, dato che sono coinvolte tutte cantanti, alla storia. Lo spettacolo è nato dalla voglia di creare qualcosa intorno al libro, qualcosa di nuovo e di bello, che tenesse le persone per un’ ora incollate davanti allo schermo e alle canzoni. Abbiamo creato anche una colonna sonora. L’occasione è nata grazie a Suner, Arci e la Regione Emilia Romagna e ad un progetto che aiutava le creazioni di nuovi spettacoli. Una idea bella nella sua pazzia! Da una parte degli artisti a creare uno spettacolo, dall’altra dei locali che credevano in questo spettacolo e ne davano una prima pionieristica occasione di vederlo dal vivo per la prima volta.
Ripensavo all’articolo di cui ti avevo lasciato il link, quello su “Paradiso Italia” di Mirko Orlando, dove in sostanza si parla di immigrazione dal punto di vista dell’altro (del migrante) alternando fotografie e fumetti. Le due tecniche si intrecciano e mi colpiva l’idea di realtà troppo difficili o intime da essere fotografate (e quindi disegnate) oppure di realtà troppo importanti per essere disegnate (e quindi fotografate). Una ricerca di racconto della realtà, mediata dal mezzo. Anche nel tuo caso ho trovato un percorso artistico che unisce fumetto, musica, reportage e libri. Nel tuo percorso il fine fa scegliere il mezzo di espressione? Come vivi la diversità di forme artistiche?
Non so cosa dire a proposito. Non penso che ci siano diversità artistiche: se mi avessero regalato una telecamera invece di un orologio come regalo della comunione probabilmente oggi avrei fatto documentari e film cortometraggi come videomaker. Se Gianni (bassista degli Altro, band dove suona Alessandro) non avesse trovato il basso usato a poco prezzo da Baldassari, il liutaio di Pesaro probabilmente non ci saremmo messi a suonare in una band. Se non mi fossi mai messo a disegnare nei block-notes a quadretti che mio padre riportava dal lavoro probabilmente non avrei pensato cosi tanto a realizzare fumetti. Penso che quello che hai a disposizione in quel momento ti permetta di esprimere quello che hai dentro. Il fatto che poi oggi abbiamo potenzialmente tutto in mano: una cinepresa, una macchina fotografica, un registratore, un televisore e una macchina da scrivere e che lo usiamo soltanto per fare cose cretine questa è un’altra storia.
Ho letto diverse interviste tue e mi colpisce come in qualche modo, correggimi se sbaglio, all’interno delle “storie” che racconti vi sia anche qualcosa del mondo che cambia. Attraverso la trama, la tecnica usata o il mezzo, ti percepisco come un autore che evolve in un mondo che cambia. Se guardi avanti a te, che percorsi, strade, generi, media o altro senti che vorresti esplorare?
Ho sempre lavorato con il fumetto ma non mi sono mai dedicato solo a quello. Ho iniziato lavorando in una agenzia pubblicitaria, facevamo una cosa esotica che si chiamava “ambient media”. Lavoravo in un team e mi divertivo tantissimo a parlare in gruppo di idee e creatività per poi realizzarle insieme. Quando lavoravo in pubblicità ogni tanto facevo qualche lavoro come illustratore: così ho cominciato a fare entrambe le cose. Del fumetto mi piaceva il modo in cui testo e immagini si rotolassero insieme nel testo e il fatto che potessi farlo in completa autonomia era una componente molto importante: praticamente mi bastava una fotocopiatrice. Quindi il concerto di Ferrara fa parte di tutto questo. Di provare sempre mezzi nuovi per raccontare delle storie. Bisogna provare!
Mentre cercavo di capire se la borsa potesse salire più o meno a bordo, una signora inglese prima di salire sull’aereo mi disse: if you dont ask, you dont get. Se non chiedi, se non ci provi, non saprai mai come è. Bisogna provare!
Evento: 13 Febbraio – Sala Estense, Ferrara h 21.
Info: Sito Arci – Evento Facebook