Protagonista del secondo appuntamento della stagione lirica del Teatro Comunale “Claudio Abbado” di Ferrara sarà la Carmen (prima rappresentazione: 3 marzo 1875, Opéra-Comique di Parigi) di George Bizet (1838-1875). Quest’opera, riconosciuta come uno dei più grandi capolavori del genere, (fra le più rappresentate, seconda solo a La traviata di Giuseppe Verdi) propone ancora oggi numerose riflessioni che vanno oltre lo specifico ambito drammaturgico, così da rendere il teatro luogo di dibattito culturale. Protagonista della vicenda è una “zingara” (termine nel quale la vulgata colloca una varietà di gruppi etnici afferenti ai popoli Romàní), una di quelle che possiamo trovare ai semafori delle nostre città. Ma potrebbe anche essere una fra i 500.000 Brauner (triangoli di colore marrone), cioè fra i deportati rom e sinti, vittime del Porajmos (il genocidio nazista delle popolazioni Romàní). Alcuni registi hanno voluto rendere più espliciti questi riferimenti ambientando la vicenda della Carmen in un campo nomadi negli anni ’80 del secolo scorso, durante il ventennio fascista o, come nel caso della rappresentazione che andrà in scena a Ferrara, nella Spagna franchista.
L’opera, il cui libretto è tratto dall’omonimo racconto di Prosper Mérimée (1845), narra l’amore passionale e violento tra Carmen, donna gitana e dunque libera da vincoli per definizione, e il brigadiere Don Josè, che si concluderà con il femminicidio quando l’impossibilità di legare a sé la donna diventa una lacerante certezza. Alcuni aspetti profondamente realistici dell’opera hanno oggi animato il dibattito e, alla luce dei contemporanei fatti di cronaca, spinto alcune istituzioni teatrali a trattare la partitura di Bizet alla stregua del brano Strega del rapper Junior Cally in gara a Sanremo 2020, ribaltandone il finale e preferendo l’uccisione di Don Josè per mano di Carmen per ovviare all’”inappropriato” femminicidio (Maggio Musicale Fiorentino 2018).
Considerazioni socio-politiche estranee sia a Mérimée che a Bizet i quali più semplicemente furono attratti della fascinazione esercitata dai “diversi” ovvero, usando una felice espressione dell’etnomusicologo Roberto Leydi, quelle «donne e uomini marginali rispetto alla cultura delle egemonie o da essa esclusi». Diversità e alterità che nel corso della storia hanno spesso ispirato la creatività degli artisti europei. Così è possibile trovare altre “Carmen”. In ambito letterario il racconto Makar Ciudra (1892) dello scrittore Maksim Gorki sembra evocare l’opera di Mérimée: la bella zingara sulle rive del Mar Nero deve morire per mano del suo giovane amante per preservare la libertà di entrambi. Gorki, in questo racconto, mostra un frammento di quel mondo di diseredati che conobbe nei molti anni di vagabondaggio nell’impero zarista, un mondo eterogeneo formato da eretici e minoranze etniche, cioè di infinite diversità. Nelle arti figurative viene alla mente il dipinto la Buona Ventura (1595) del Caravaggio, nel quale è ritratta una giovane e bellissima zingara mentre legge la mano ad un giovane raffinato ed elegante. Sebbene il gioco di sguardi tra i due lasci presumere un innamoramento reciproco, lo stereotipo della pericolosità sociale del diverso ha suggerito l’interpretazione, oggi smentita, che la ragazza stia raggirando il giovane per sfilargli un anello che nel dipinto non appare.
Tralasciando il triste capitolo della propaganda antisemita perpetuato da pochi compositori, Richard Wagner in testa, in campo musicale “l’altro” ha costituito una imprescindibile fonte di ispirazione dell’arte. L’elemento etnico è al centro del rinnovamento operistico perpetuato da Bizet: per la prima volta nella storia del genere la musica etnica-popolare, presente nella sua partitura con danze e canzoni coloristiche evocative della Spagna, assume un ruolo centrale relegando in secondo piano i pochi tradizionali brani lirici. Uno degli esempi più interessanti è l’aria L’amour est un oiseau rebelle. Si tratta di un adattamento di El Arreglito del compositore spagnolo Sebastián Yradier, ispirato alla nota danza cubana Habanera.
Probabilmente opere come quella di Bizet, caratterizzate da una così profonda interculturalità, hanno il potere unico di innalzare il dibattito culturale che interessa oggi l’Italia e l’Europa, ricordandoci che la diversità e il contatto con mondi lontani ha ispirato la creatività dei grandi artisti che con le loro opere illuminano i nostri teatri, musei e luoghi di cultura.