Mangiare pesce è per molti di noi una piacevole alternativa alle cose che portiamo di solito in tavola. In casa, in pizzeria o in vacanza al mare non ce lo facciamo quasi mai mancare. La variante alla norma però quando diviene ripetitiva diventa norma anch’essa, tanto che non riesce più a darci molte emozioni.
Siamo tutti intenditori… apprezziamo e ascoltiamo le diverse maniere di cucinare il pesce, ma alla fine da buoni abitudinari mangiamo quasi sempre le stesse cose. Quando si tratta però di anguilla le cose cambiano… i pareri si scontrano, nascono discussioni infinite, anche per il fatto che non viene apprezzata da tutti, anzi alcuni non la possono proprio soffrire specialmente per la sua conformazione. Confesso di aver militato anche io in quella categoria: non la schifavo ma nemmeno la mangiavo, anche perché se non vivi nella nostra provincia è anche più raro trovarla al ristorante.
Una sera dei primi anni ’50 mi trovai a far parte di una compagnia di conoscenti per la famosa mangiata di pesce a Porto Garibaldi, di quelle che si fanno ogni tanto per ricorrenze e compleanni. Entusiasta di partecipare, accettai anche in virtù delle persone che mi volevano con loro, tutte simpatiche e soprattutto educate, sicuramente una serata indimenticabile. Il punto di ritrovo era lungo via Matteotti a Porto Garibaldi. Quello che sedeva al mio fianco mi disse di rallentare…. secondo lui eravamo ormai nei pressi del locale. Non ne sono certo, ma credo si trattasse della ex Casa del Fascio, con quella lunga appendice in pietra a vista e con le finestre con i serramenti oggi ormai fatiscenti e sbarrati.
Ed eccoci qui nella lunga sala predisposta per la cena: avevano allestito due tavole parallele, lunghe quanto la stanza, con assi affiancati appoggiati su cavalletti da muratore, come se si dovesse imbiancare. Il piano era ricoperto con carta da pacco bianca molto spessa. Per sedersi c’erano solo alcune sedie disuguali qua e là, il resto erano panchette parallele alle tavole. Con i piatti di diversa forma e colore, alcuni dei quali di plastica gialli e verdi come i colori della BP, e i bicchieri rimediati chissà dove, grandi, piccoli a pallini rossi e gialli, ti veniva da pensare che una apparecchiatura peggio di questa fosse difficile da vedere. Il mio bicchiere aveva impresso sul fianco il carciofo del Cynar, tanto per dire!
L’ambiente era pieno di fumo per via dell’enorme griglia che appoggiava sugli alari del camino al centro. Piena di pesce al limite della superficie utile con un letto di brace di carbonella che emanava un calore insopportabile. Proprio accanto al braciere, su uno sgabellino, sedeva una vecchietta che pareva un mucchietto d’ossa, tutta vestita di nero con il grembiule provenzale dinnanzi. Muoveva la griglia, prelevava il cotto deponendolo in una bacinella e ricaricava la griglia a ciclo continuo. Tutti seduti a parlare e a fumare eravamo in attesa degli eventi.
Finalmente un paio di ragazze sorridenti cominciarono a servire. Servire? Sarebbe stato bello. Versavano le bacinelle al centro del tavolo, tra i due commensali che erano di fronte, e ciascuno prendeva quello che voleva senza limitazioni.
Ma che pesce era? Oh no, era proprio l’anguilla, tutta anguilla e solo anguilla.
Ma io che ci faccio qui? – pensai – Esco e mi vado a mangiare un panino da qualche parte… Se solo avessi saputo prima, ma chi poteva immaginarlo?
Ma un amico incalzava: “Dai Florio, mangia che è spettacolosa… c’la vceta la l’è ‘n spetacul… An ghe nisun c’mè gliè. Sent ac roba!”
I tronchetti di anguilla erano tagliati per lungo e cotti dalla parte della pelle. Con la sola forchetta si toglieva la spina e basta, era tutta polpa bianchissima senza un filo di grasso perché l’aveva perduto sulle brace e per raccoglierla era sufficiente e facilissimo raschiare la pelle (ecco spiegato il fumo acre). Così ho assaggiato in punta di forchetta, con distacco. Così ho fatto pace con l’anguilla, ed anzi siamo diventati ottimi amici. Veramente una favola! E che dire del bere… un vino rosso sfuso dentro a bottiglie di acqua minerale con un tappo di carta a cappuccetto… semplice ma eccellente! Era vino di Bosco, l’unico, si dice che sposi il pesce meglio di qualunque bianco.
Ho mangiato diverse altre volte l’anguilla, ma niente da fare, non mi è sembrata mai nemmeno lontanamente buona come quella della vecchietta in nero che pareva un mucchietto d’ossa!