Ci sono luoghi in cui si può essere chi si desidera essere.
Soglie che, una volta varcate, ti consentono di trascendere lo spazio e il tempo disponendo della più assoluta libertà di scelta. È un po’ come tornare indietro, a quando ancora tutti davamo le risposte più disparate a quella domanda che ancora oggi ci fa un solletico strano alle cene di rito col parentame. Cosa farai da grande?! Cosa vuoi diventare?
E se anche oggi la maggior parte di noi può dare una risposta concreta, siamo sicuri che quelle parole rispecchino esattamente i desideri ancorati da sempre nel nostro subconscio? Che quella rispettabile fila di sillabe congiunte e ordinate in un’idea di professionalità imperante e desiderio di riconoscimento sociale siano effettivamente quel che siamo realmente?
Quanti di voi che leggono, in un momento di pausa da una giornata trascorsa a correre tra un ufficio e l’altro, con un sacchetto della spesa in una mano, telefono nell’altra e sellino sotto al sedere, non hanno mai sognato di essere Indiana Jones? Di avventurarsi nei meandri del Palazzo di Pankot – magari evitando accuratamente la degustazione del semifreddo di cervello di scimmia servito come ciliegina sulla torta del delizioso menù di corte – e riportare le pietre sacre al villaggio? O di dire all’ultimo Joker di essere Massimo Decimo Meridio, comandante dell’esercito del nord, generale delle legioni Felix, e gridare la vostra vendetta, possibilmente in questa vita? O ancora di danzare con mezzo metro di casco di frutta in testa ondeggiando elegantemente e vorticosamente il bacino le braccia tra mille rouches variopinte, invidia di ogni Cocorita di Copacabana?
Non è troppo tardi.
Non siamo mai troppo grandi per mettere un freno alla quotidianità, al nostro essere noi stessi dentro i sicuri argini del presente. O almeno, mai troppo per permetterci una pausa. Mie aspiranti Regine delle Nevi, Eroine dell’Arte, miei Cavalieri Oscuri e Baffuti Forzuti Circensi, ho un indirizzo da darvi:
Sartorilandia
Via del Bagatto, 20
Pontelagoscuro – Ferrara
Appena arrivate, suonate al campanello.
Ad aprirvi sarà il sorriso di una signora sulla settantina che risponde al nome di Lucilla Vitali, ma che tutti conoscono come Milly. Basterà un passo per venire inondati da vortici di colori, paillettes, oggetti di ogni genere e dalla bellezza di più di mille modelli differenti. Sartorilandia non è solo un negozio di costumi. Non è solo il luogo perfetto per le parentesi carnevalesche annuali. È qualcosa di più. È l’espressione di mani sapienti, veloci ed attente coniugato con la fantasia di una donna che mai ha smesso di essere bambina.
Non so come descrivervi il dialogo che potreste avere con Milly se non come un quadro di Kandinsky. Uno di quelli musicali, in cui tutto segue uno spartito perfetto, ma in cui il ritmo accelera con una velocità e frenesia tale, che se non si hanno occhi ed orecchie attente, si perde in mille colori.
Le prime battute sono semplici, poi segue un crescendo itinerante che la vede correre qui e lì inabissandosi in vicoli di vestiti coloratissimi, tutti rigorosamente privi di qualsivoglia piega fuori posto, ben custoditi sotto strati di quella plastichina profumata tipica di chi ha gli armadi in perfetto ordine.
Solo che qui, nel mondo di Via del Bagatto, l’ordine non è dettato dal colore, o dallo stile. Tutto si divide in svariati gruppi: da Arlecchini a Domatrici di Leoni passando per Vampiri, Bambole, riesumazioni di eroi d’altri tempi e mondi, tutto in taglie dalla S in su.
“Uh, non ho idea di quanti siano, è un po’ come quando collezioni francobolli. Dopo un po’, la cosa sfugge di mano! Che poi, questi sono solo alcuni…
Pensa, se ci limitiamo a parlare del Carnevale, o comunque agli abiti di scena, devo far rimontare tutto all’abitino da Zorro che avevo confezionato per mio figlio, quando ancora era molto piccolo. Da lì, un ago di qua, un cartamodello di là, son arrivata qui… passando per mille traverse. Ho iniziato a cucire da ragazza, seguendo corsi con mia sorella. A vent’anni, eravamo le Sorelle Vitali e avevamo già una registrazione alla Camera di Commercio e un’agenda piena. Correvamo avanti e indietro su tutto il territorio dell’Emilia Romagna con i nostri fili e i nostri disegni, istruendo centinaia di apprendisti su come creare gli orli più belli per le loro idee. Se però dovessi dare una data alla Rivoluzione, sceglierei sicuramente il 1988.
Mi chiesero di ideare e realizzare i costumi per l’opera teatrale Ludovico.
Fu un lavoro certosino e fisicamente sfiancante, ma la soddisfazione che provai nel vedere le mie creazioni sul palco fu ineguagliabile… quanto l’inaspettato risvolto della faccenda! Il mio nome, sul flyer, circolò tra le mani di tanti spettatori e rimase ancorato nelle loro menti, tanto che furono numerosissimi a chiamarmi per commissionarmi dei capi! Che tempi.
Sai, ormai son vecchiotta ma devo ammettere che nel gran vortice lavorativo che ho vissuto, mi sono state concesse molte gioie. Il Ludovico ne rappresenta una immensa, ma non posso non raccontarti de Le Grand Chic!
Pronunciate queste parole, Milly si blocca, ci guarda e scompare dietro una rella di costumi che farebbero invidia ai revival delle passerelle degli anni ’30. Nel frattempo le suona il cellulare. “Rispondi tu!” mi strilla, ovattata da strati di tessuto. Sorrido, effettivamente non fa una piega.
Dopo qualche minuto, la sentiamo scendere dalle scale e farfugliare qualcosa.
Riappare davanti a noi con una serie di giornali intitolati “Le Grand Chic”, uno dei più noti testi relativi al disegno sartoriale. “Per più di dieci anni sono stata loro corrispondente sulle edizioni del magazine. I miei modelli andavano in tutto il mondo!” dice con un sorriso compiaciuto. “Lavoravo fianco a fianco con la disegnatrice e ho ancora tutte le matrici, in cinque taglie diverse!”
Guardiamo Milly piacevolmente immersa in un mondo di colori in cui ogni rouche è una virgola di un suo pensiero, ogni paillette uno sbrilluccichio del suo carattere. Chiacchieriamo per ore dei tempi che sono trascorsi, di come dovrei mettere il turbante quando mi vestirò da Carmen Miranda e di come in tanti vogliano diventare Guerriere Sailor. È strana, quella stanza senza spazi vuoti, in cui ogni cosa ha un suo ordine e trova la sua perfetta collocazione. È surreale, ma bello, anche il modo di Milly… di essere Milly. Che tra le pagine di quei giornali con le copertine retrò ha lasciato l’anima, che nelle collezioni variopinte costruisce una realtà alternativa al grigiore della nostra contemporaneità.
“Puoi essere chiunque vuoi” mi dice, “serve solo l’abito giusto”.
1 commento
Questa non è “Sartorilandia” io la definirei “Sartartilandia” perché questa è Arte a tutti gli effetti dove la fantasia si concretizza! Applauso intenso e prolungato!