Qual è un modo magnifico di iniziare un nuovo anno musicale per una fondazione teatrale italiana? Il Teatro Comunale “Claudio Abbado” di Ferrara si mostra all’altezza della questione, proponendo una delle pagine più alte dell’opera italiana e della drammaturgia verdiana: il Rigoletto.
Fiumi di inchiostro sono stati spesi dalla musicologia per indagare il grande e duraturo successo del teatro musicale di Giuseppe Verdi (1813-1901), che merita ancora oggi di essere approfondito dalla ricerca, e divulgato con esecuzioni attente alla messa in scena del “segno verdiano”. La scelta del Rigoletto all’inizio del nuovo anno sembra opportuna anche per questioni di “attualità”: il primo gennaio al centro dell’attenzione mediatica è stato il tradizionale Concerto di Capodanno dei Wiener Philharmoniker. A far discutere l’esecuzione sul finale della Radetzky March di Strauss eseguita con il solito battimano del pubblico, reminiscenza nazista che gli organizzatori, alla vigilia del concerto, avevano dichiarato di scongiurare tramite una esecuzione filologica. Tralasciando le implicazioni che avvicinano il repertorio degli Strauss al Terzo Reich, può forse interessare la storia di questa marcia che ci dà modo di leggere nel Rigoletto, la “risposta” del nostro teatro cittadino ad una “provocazione” del Musikverein.
La Radetzky March fu composta da Johann Baptist Strauss (1804-1849) nel 1848 per celebrare la riconquista guidata dell’omonimo maresciallo (Josef Radetzky) della città di Milano, insorta nello stesso anno contro il dominio asburgico. I moti del ‘48 nel Lombardo-Veneto avevano promosso l’intervento sabaudo, dando così luogo alla Prima guerra di indipendenza italiana. Con la sconfitta di Carlo Albero di Savoia-Carignano e dei corpi dei volontari, fra i quali si distinsero i ferraresi “Bersaglieri del Po”, fu rapidamente ristabilito il dominio austriaco.
Il Rigoletto esordì al teatro la Fenice di Venezia, l’11 marzo 1851, quando la città lagunare era tornata sotto il giogo imperiale da circa 18 mesi. Sebbene Verdi, in seguito alla repressione dei moti, avesse moderato la sua posizione apertamente unitaria, non fu indifferente alle vicende politiche successive. Nei teatri si andavano diffondendo idee e linguaggi che, almeno dalla prima metà dell’Ottocento, contribuirono alla creazione di una cultura “nazional-popolare” italiana. La centralità del teatro d’opera nelle vicende che porteranno all’Unità è stata magistralmente colta nella scena del film Senso di Luchino Visconti (1954) dove, alla vigilia della Terza guerra d’indipendenza nel 1866, proprio presso la Fenice di Venezia durante una rappresentazione del Trovatore di Verdi, ha luogo una manifestazione patriottica.
Sebbene la vicenda del Rigoletto non abbia diretta attinenza con i fatti di quegli anni, l’opera fu sottoposta all’intervento del censore. Il libretto, approntato da Francesco Maria Piave, è tratto dal dramma di Victor Hugo Le Roi s’amuse (“Il re si diverte”). Hugo rappresenta la vicenda di Triboulet, buffone di corte di Francesco I di Francia. Triboulet deforme e infelice fa del re il quotidiano strumento della sua vendetta, istigandolo ad ogni sorta di nefandezze e a turpi relazioni con donne della corrotta nobiltà che lo circonda. Durante una festa il signor di Saint-Vallier rimprovera aspramente il re per aver disonorato la figlia. Triboulet lo deride e il vecchio lo maledice. L’infelice buffone sarà colpito in quanto ha di più prezioso al mondo: la figlia Bianca. La giovane si innamora infatti del re che la stalkerizza nelle vesti dello studente povero Gaucher Mahiet. Poi i cortigiani, per vendicarsi delle irrisioni del buffone, la rapiscono ritenendola l’amante e la mettono a disposizione del re. Ora la giovane vive il conflitto fra il legame con il padre e l’uomo che l’ha brutalmente sedotta, ma che lei ama. Triboulet assolda un sicario per uccidere il re ma Bianca sacrifica la sua giovane vita per salvare l’uomo del quale ha pure potuto constatare la spietata immoralità.
La portata politica del dramma non poteva sfuggire alla censura francese che, a seguito della prima messa in scena avvenuta il 22 novembre 1832, ne proibì ulteriori rappresentazioni. La vicenda risultava intollerabile alle monarchie reazionarie della Restaurazione, rappresentando gli orrori dell’ancien régime che la rivoluzione del 1789 e la rivoluzione del luglio del 1830 forse non avevano definitivamente sconfitto. La censura arrivò inevitabilmente anche per l’opera di Verdi che non venne inizialmente approvata dal Governatore Militare del Veneto, il Cavalier de Gorzkowski, il quale deplorava «che il poeta Piave ed il celebre Maestro Verdi non abbiano saputo scegliere altro campo per far emergere i loro talenti che quello di una ributtante immoralità ed oscena trivialità […]».
Per non incorrere in nuovi divieti si dovette ambientare l’opera in un’epoca e in un luogo che non destassero sospetti antimonarchici: la corte rinascimentale del Duca di Mantova. Non furono però alterate la natura dei personaggi e la vicenda, elementi necessari a Verdi per realizzare un rinnovamento delle convenzioni dell’opera del primo Ottocento. Questo libretto darà infatti modo al compositore di orientare la musica all’esigenza drammaturgica di esprimere un flusso continuo di conflitti interiori vissuti nella soggettività di personaggi multiformi.
Se a Vienna si è celebrato il Capodanno con la Radetzky March, Ferrara avrà l’opportunità di festeggiare l’inizio del nuovo anno musicale con il Rigoletto, il 10 e 12 gennaio, opera italiana e patrimonio musicale universale. Non un battimano ambiguo e “tradizionale” ma rinnovata ammirazione per il genio verdiano e applausi per i musicisti, i cantanti e tutti i professionisti che offriranno questa rappresentazione alla città.
Rigoletto sarà in scena al Teatro Comunale di Ferrara,
venerdì 10 gennaio e domenica 12 gennaio. Info e biglietti: http://www.teatrocomunaleferrara.it/events/event/rigoletto/
1 commento
Molto interessante…una lettura nuova