Antonio Alfredo Croci è nato a Trecenta nel 1945, ma ha preso residenza a Ferrara da bambino. Dopo il diploma alla scuola d’Arte Dosso Dossi di Ferrara è stato designer, collaboratore con l’Ufficio Urbanistica del Comune di Ferrara. Ha inoltre insegnato informatica di base e disegno computerizzato presso il Dosso Dossi e l’Istituto Don Calabria di Ferrara. Oggi viene presentato il suo primo romanzo Le ultime gocce di primavera, alle ore 17 presso la Biblioteca Ariostea, in dialogo con Ivano Artioli.
Antonio come è nato questo romanzo? Si è sempre sentito uno scrittore?
Il romanzo è nato per puro caso. Durante una cena di ritrovo con gli ex compagni di classe, lo scrittore ed amico Ivano Artioli lancia l’idea di raccogliere aneddoti, episodi, particolari più o meno piacevoli dei bei tempi della scuola. Ognuno di noi doveva realizzare due o tre racconti per avere materiale sufficiente per la pubblicazione di un libro. Raccolgo la sfida anche se in realtà confesso che non amavo scrivere, la mia pigrizia mi aveva sempre frenato, a scuola i miei temi di italiano erano molto stringati. Dopo un paio di racconti però, preso da un’imprevista euforia, ne inizio un terzo, mi accorgo che la fantasia mi può portare a scrivere qualcosa di più di un semplice racconto. Ne parlo con l’amico Ivano che mi sprona a portare a termine il mio ambizioso progetto. Nasce così il romanzo che decido subito si chiamerà Le ultime gocce di primavera.
È stato facile trovare un editore che credesse nel suo progetto?
Ho trovato un mondo editoriale ostile. Le grandi case non ti considerano e gli editori disposti a farlo sono per lo più persone che vogliono lucrare sul tuo lavoro senza voler rischiare. Ti trovi così spesso a dover comprare un numero imprecisato di copie che coprono tutti i costi della produzione lasciando all’editore solamente i profitti qualora il libro incontri i favori del pubblico. Io sono stato fortunato perché dopo aver contattato diverse case editrici sono riuscito a trovare chi ha creduto nella mia opera e ha voluto investire sul mio lavoro. Non è solo una questione economica, è anche un segno di fiducia che ti gratifica per la tua fatica e ti fa pensare di aver lavorato bene. Gliene sarò per sempre grato.
Quali letture sono state basilari nella costruzione della sua identità personale?
Fin da bambino ho sempre amato leggere ed ho divorato moltissimi libri per ragazzi. Una volta cresciuto, dopo aver avvicinato i classici per merito della scuola, ho cominciato a leggere Hemingway e Steinbeck dei quali mi sono perdutamente innamorato, leggendo quasi tutta la loro produzione. Con l’avvento dell’uso del computer alla fine degli anni ’80 ho purtroppo trascurato la lettura a favore dell’informazione con riviste di settore, per aggiornamento professionale. Hanno contribuito alla defezione anche i miei interessi per la fotografia, cucina, musica, sport e corsi di disegno e pittura. Gli studi mi avevano indirizzato verso il disegno tecnico e sentivo l’esigenza di mettere alla prova anche la mia attitudine verso le arti figurative.
Nel libro il protagonista dopo il diploma al Dosso Dossi si innamora e si trasferisce all’estero per iniziare una nuova vita amorosa e professionale, pur essendo molto legato alla sua famiglia e alla sua città. Ci sono elementi autobiografici nell’opera?
Sicuramente esistono riferimenti autobiografici. Il romanzo nasce dalla volontà di scrivere un racconto degli anni trascorsi alla scuola d’Arte e della gratitudine per l’istruzione ricevuta. Per questo, gli studi e gli inizi verso una professione conseguente sono fondamentali per la narrazione di una vicenda sentimentale nata in Italia e proseguita a Bruxelles, città natale della ragazza amata dal protagonista. Al primo tentativo di scrittura volevo avere basi solide di competenza per rendere una storia attendibile, credibile.
Il suo romanzo si inserisce nel topos dei Bildungsroman, dei romanzi di formazione, in cui un giovane, spesso attraverso il viaggio e l’incontro con l’altro, vive esperienze che lo renderanno pronto alla vita adulta. È ciò che è successo anche al suo protagonista?
Penso sia inevitabile che un’esperienza come questa faccia crescere un giovane ormai alla soglia della maturità. Il mio protagonista fa senza dubbio tesoro delle esperienze professionali fatte in un paese all’epoca più evoluto del nostro e nondimeno potrà dimenticare quella una vicenda sentimentale che ha vissuto come una favola.
Mi è sembrato di cogliere un diffuso sentore nostalgico: la villeggiatura al mare che fa così anni ’60, i primi incontri amorosi in gioventù, la necessità di tornare nel luogo che ci ha cresciuto, le stagioni di lavoro allo zuccherificio…
In quegli anni le vacanze al mare, soprattutto in Romagna, erano attese con frenesia. I maschi in particolare sognavano audaci avventure con le straniere che ritenevano, a ragione, sessualmente più emancipate e disponibili delle italiane, era una vera e propria kermesse, a volte anche una gara a chi poteva vantare più trofei. Un vero schiaffo alla classe e riservatezza da destinare alle donne! Fortunatamente il nostro protagonista è di pasta diversa, dimostra più interesse all’amore che al sesso.
Il romanzo racconta di un giovane che vuole sfidare il sentimento di attaccamento alla città in cui ha trascorso la sua infanzia circondato da parenti ed amici che sono punto di riferimento imprescindibile, soprattutto per un italiano. Imparerà però che la nostalgia farà inevitabilmente la sua comparsa e crollerà la certezza di poter mettere radici ovunque. La nostalgia ci chiamerà sempre ovunque andremo, anche se dovessimo trovare un paradiso terrestre, se volessimo soffocarla, cancellarla, se volessimo resisterle, ci farà soffrire fino alla fine dei nostri giorni.
Qual è il ruolo della città di Ferrara nella sua vita e nella sua opera? C’è un luogo specifico che le porta alla memoria un’emozione?
Credo che ogni persona, nata anche nel più piccolo e sperduto paese del mondo, non possa cancellare sentimenti nostalgici per il suolo natio, come fosse preda di un imprinting visivo che lo porta a non voler abbandonare il luogo dove è nato e cresciuto.
Ferrara poi ha un fascino particolare e mi ha accompagnato sempre, tra gioie e dolori, facendomi sentire protetto, facendomi capire che solamente qui avrei avuto tra le sue antiche mura la sicurezza di poter trovare sempre l’aiuto, la comprensione e la compagnia di persone amiche. I luoghi che possono risvegliarmi emozioni a Ferrara sono innumerevoli, perché innumerevoli ed indimenticabili sono angoli e scorci della città che possono stimolare ricordi più o meno piacevoli. Anche Ferrara è casa!