“Mi scusi. Quello è il mio posto. Potrebbe…”
Iniziamo. Sono le 08:25 di mattina del 12 Giugno alla Stazione di Bologna Centrale. Siamo appena saliti su FrecciaRossa per Roma Termini. E per siamo intendo io e mia madre. Ci dirigiamo verso i nostri posti vicino al finestrino. Per potere accedere ai nostri posti abbiamo chiesto molto gentilmente (almeno spero) a un signore che stava ascoltando musica con le cuffie e ad una signora che leggeva la rivista di Trenitalia: potete alzarvi un attimo?
Il punto importante della storia è questo. Appena ci siamo seduti, la signora non è più tornata al suo posto per almeno due minuti. Ci siamo chiesti cosa fosse successo e se avessimo sbagliato i nostri posti. Ma tutto sembrava in regola. La signora, italiana probabilmente sulla cinquantina, ha fatto il giro di tutta la carrozza e forse anche quella della carrozza accanto. Dopo un po’ è tornata al suo posto con un’aria di delusione. Quindi si è seduta nel modo più strano che abbia mai visto, girando completamente di 90 gradi la schiena verso di noi e dandoci le spalle.
Ecco la risposta a tutte le nostre domande, a tutti i nostri dubbi: il problema eravamo Noi. Sedere accanto a noi, stranieri. E quel giro della carrozza che sembrava insensata, era ovviamente per trovare un altro posto. Capita la situazione io e mia madre ci siamo guardati sorridendo. Più che altro ci dispiaceva per la signora e la sua posizione scomoda. Ma per tutto il resto del viaggio non si è mai più voltata, neanche per un secondo. Un’oretta dopo le sue sofferenze hanno avuto fine e il treno ha raggiunto la stazione di Firenze S. M. Novella.
Bene. Questa era la prima faccia. Se siete ancora con me, ci dirigiamo verso l’altra faccia della medaglia.
Le undici passate della notte del 13 Giugno a Ferrara, sotto casa mia. Abbiamo una ruota della macchina bucata da due giorni. Decidiamo di cambiarla con la ruota di scorta, visto che la macchina serviva la mattina seguente. Tiriamo fuori la ruota e gli attrezzi dal baule. Metto il segnale mobile di pericolo (fatelo, è importante), sollevo la macchina con il cric e iniziamo a svitare le viti della ruota. Sento il rumore di una macchina che ci raggiunge da dietro. Mi giro e per un attimo rimango cieco dalle sue luci abbaglianti, poi mi accorgo che non è una macchina qualunque. Mia madre dice: ‘Ah… è la macchina dei militari’. La prima cosa che penso è: dove ho lasciato il portafoglio insieme ai documenti? Ero al 100% convinto ci fermassero per fare un controllo documenti.
Invece il militare ci raggiunge e chiede: “Come andiamo? Ci siete?”. Sorpreso, rispondo: “Penso di sì. Siamo riusciti a svitarla, ora non ci manca altro che mettere l’altra ruota e avvitarla”.
Il militare: “Avete bisogno di aiuto?”
Rispondo ancora più sorpreso: “Pensiamo di farcela. Grazie mille”. Così, il militare prosegue il suo giro del quartiere. Io ripenso a quando poco fa un concittadino che conosco anche bene era passato accanto di noi. Appena mi aveva visto in faccia si era girato dall’altra parte, per evitare di fermare ed aiutare.
Piccole azioni che rendono peggiore questo mondo, e altre che possono migliorarlo. Rimane a noi decidere cosa fare, da che parte stare.
Fine.
P.S. Alla fine siamo riusciti a cambiare la ruota. C’era un chiodo di cinque centimetri nella ruota bucata.