Era l’ottobre del 2015 quando Michele Simonato, professore di Farmacologia dell’Università di Ferrara, invitava a Ferrara i rappresentanti dei più importanti progetti europei nel campo dell’epilessia per prendere parte al convegno “La ricerca sull’epilessia nell’Unione Europea”. Aveva inizio così, a Ferrara e nella sua Università, EpiXchange, un progetto che già nel titolo evidenziava i suoi obiettivi: produrre un cambiamento (“change”) ma anche porre le basi di uno scambio reciproco (“exchange”) per combattere l’epilessia (“EpiX”), una malattia a volte muta, invisibile, dimenticata, e di cui anche per questo è importante parlare. Un EpiX che non può richiamare anche l’ambizione di porsi come un progetto “epico”, nella forma e nei modi.
“Nel mondo sono 65 milioni le persone affette da epilessia, 6 milioni in Europa e 500mila solo in Italia, con circa 32.000 nuovi casi all’anno – spiega Simonato, che abbiamo incontrato in occasione di una tappa importante di questa storia -. Si tratta di un numero di persone molto elevato, superiore alla somma di quanti sono affetti da sclerosi multipla, malattia di Parkinson e distrofia muscolare. Una malattia molto diffusa quindi, che resta ancora oggi incurabile in moltissimi casi. Contro l’epilessia non esistono forme di prevenzione. I farmaci al meglio contengono i sintomi, ma non curano la malattia. E purtroppo sono soprattutto alcune forme di epilessia infantile, ad esordio nella prima infanzia, ad essere le più devastanti e resistenti alla terapia.”
“L’epilessia ha infatti una distribuzione in funzione dell’età che vede un picco iniziale nei primi anni di vita e una risalita negli ultimi anni, quando si può manifestare in associazione ad ictus, tumori, malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. La maggior parte delle persone non sa che circa la metà dei pazienti con Alzheimer soffre di epilessia e che questa spesso non è diagnosticata, prevenendo l’accesso a terapie che potrebbero attenuare la progressione della demenza.”
Michele Simonato, 60 anni, studi liceali e poi universitari condotti a Ferrara per poi specializzarsi prima a Firenze e poi negli Stati Uniti, è in prima linea da più di vent’anni su questo fronte, tramite le ricerche che conduce a Ferrara e al San Raffaele di Milano. Con la sua équipe, formata da una dozzina di persone (ricercatori, assegnisti, dottorandi e borsisti), ha deciso di dedicarsi a una malattia lontana dai riflettori mediatici, ma il cui impatto sociale può a volte condizionare molto la vita di chi ne soffre e di chi se ne prende cura.
“Il mio incontro con questa malattia è avvenuto negli Stati Uniti – racconta. – La mia formazione di medico specialista in Tossicologia Clinica mi aveva portato a studiare le crisi epilettiche causate da alcune sostanze di abuso. Per questa via ho avuto l’opportunità di entrare nel team di epilettologi di fama mondiale come Carter Snead e soprattutto Jim McNamara della Duke University, con cui ho lavorato per circa 6 anni. Una volta rientrato in Italia, ho voluto continuare a perseguire i temi della ricerca intrapresa in America.”
Da quell’autunno del 2015, la comunità internazionale di specialisti nata a Ferrara si è espansa e ha dato vita ad EpiXchange 2018, convegno tenutosi a Bruxelles il 23 maggio scorso con lo scopo di favorire la condivisione dei risultati raggiunti dalla ricerca sull’epilessia in Europa”.
“L’importanza di EpiXchange 2018 è ora anche più tangibile – spiega Simonato -. A nemmeno un anno da quell’incontro la rete di ricerca EpiXchange ha pubblicato un paper, che riassume i principali risultati scientifici raggiunti in Europa nel campo dell’epilessia. Ora la comunità scientifica ha a disposizione un documento di riferimento per la prosecuzione degli studi. Non soltanto: questa pubblicazione identifica anche le priorità, condivise con le associazioni dei pazienti, per i progetti di ricerca futuri. Lo scopo è di far sì che gli sforzi futuri siano coerenti e coordinati, evitando lo spreco di denaro pubblico su linee di ricerca già perseguite o che non abbiano portato a risultati.
L’articolo scientifico è stato formulato secondo i criteri di Horizon Europe, quadro di finanziamento della Commissione Europea che prevede al suo interno la realizzazione di mission. Abbiamo quindi in questo paper già accolto l’impostazione europea, proponendo una mission sull’epilessia, ovvero azioni concrete, con scadenze definite per raggiungere obiettivi tangibili concordati con i pazienti.”
EpiXchange 2018 non è stata soltanto un’occasione di confronto scientifico quindi, ma anche di riconoscimento politico, grazie al diretto coinvolgimento della Commissione Europea, che ha portato l’attenzione sul problema dell’epilessia aprendo la strada a ulteriori collaborazioni.
“L’iniziativa EpiXchange continua ad avere un impatto importante.” afferma il prof. Simonato “E’ stata presa dalla Commissione Europea come esempio di come devono essere creati network di ricerca e viene oggi identificata e riconosciuta anche a livello mondiale. Un esempio è costituito dal fatto che la prestigiosa rivista medica The Lancet ha identificato un gruppo di 30 medici e ricercatori, di cui faccio parte proprio in quanto coordinatore di Epixchange, che avrà il compito di descrivere lo stato dell’arte e di individuare le prospettive future della ricerca sull’epilessia a livello planetario. Ho avuto anche l’onore di presentare l’iniziativa Epixchange a membri del Parlamento Europeo, in una serie di incontri che si sono tenuti nella sede del Parlamento, a Strasburgo, nel febbraio scorso.”
Una grande innovazione portata da questa iniziativa è stata il coinvolgimento di persone affette da epilessia e dei loro caregivers. Spiega Simonato: “I caregivers hanno cominciato a muoversi in maniera molto intelligente: non vogliono semplicemente mettersi a fianco dei medici e dei ricercatori nel chiedere più fondi per la ricerca, vogliono entrare nel merito dell’agenda della ricerca. Credo che questo sia straordinariamente importante, perché nella percezione del ricercatore, dello scienziato, ma anche del medico, le priorità potrebbero essere diverse da quelle che del paziente che vive la malattia sulla sua pelle.”
Ad oggi i risultati raccolti dalla rete di EpiXchange sono innumerevoli, e Unife continua a partecipare con contributi importanti tra cui, ad esempio, una ricerca ancora in corso per trovare dei biomarcatori di epilessia e atti a prevedere l’insorgenza della malattia. Un altro importante risultato ottenuto a Ferrara e pubblicato nel febbraio scorso è la realizzazione di un dispositivo biologico d’avanguardia in grado di diminuire drasticamente le crisi e altre comorbidità. Più in dettaglio, si tratta di cellule ingegnerizzate per produrre e secernere una proteina terapeutica, che vengono incapsulate dentro una membrana permeabile. Questo dispositivo, che ha quindi l’aspetto di una piccolissima capsula (quelle capsule che contengono farmaci per assunzione orale), viene introdotto nella parte di cervello che genera le crisi. I nutrienti (come ossigeno e zuccheri) passano dal tessuto alle cellule incapsulate e ne permettono la sopravvivenza a lungo termine. In cambio, le cellule erogano la sostanza terapeutica, che arriva quindi in quantità adeguate e solo dove serve, riducendo fin quasi ad eliminare gli effetti collaterali dovuti alla diffusione in altri aree cerebrali e altri organi non coinvolti nella malattia. Ancora Simonato: “Con questo dispositivo siamo riusciti ad eliminare più del 90% delle crisi in un modello di epilessia del ratto e a migliorare anche il quadro di deterioramento neurologico (deficit cognitivo, depressione, ansia) che si associa alla malattia. Insomma, l’approccio è molto promettente e stiamo attualmente cercando di portarlo alla sperimentazione clinica.”
“Questi risultati originano da collaborazioni ben consolidate con imprese e istituti di ricerca europei, e non sarebbero state possibili senza di esse. – conclude Simonato – È questo il senso ultimo di Epixchange: condividere al più alto livello le competenze, le tecnologie, le strumentazioni in una visione condivisa con i pazienti, per accelerare il raggiungimento di quei risultati tangibili che sono tanto attesi dalle decine di milioni di persone con epilessia nel mondo.”