Alla fine di giugno si è svolta la VIII Conferenza dell’Associazione Internazionale di Terapia Cognitiva Analitica (ICATA), per la prima volta in Italia, presso il Polo Chimico Biomedico di Ferrara, evento che ha previsto in contemporanea anche la I Conferenza dell’Associazione Italiana di Terapia Cognitiva Analitica.
Il Professor Luigi Grassi, Ordinario di Psichiatria dell’Università di Ferrara e Chair della Conferenza, ha invitato come ospite la scrittrice scozzese Ali Smith, autrice di L’Una e L’Altra (BigSUR, 2016, Roma, titolo originale: How To Be Both). Come ci racconta il professore, si tratta di un mirabile esempio di scrittrice non italiana rimasta profondamente affascinata da Ferrara, talmente tanto da sceglierla come ambientazione del proprio libro.
“La sua opera indaga moltissimi temi a valenza psicoterapeutica: il dolore, il limite, la perdita, il lutto, il passato e il presente, la memoria come guida degli eventi narrati: è un’occasione perfetta per aprire il nostro convegno che riguarda il dialogo, la narrazione, le parti del sé, i ruoli reciproci interni a noi stessi. […] Il libro è una narrazione di vicende umane che riguardano un momento del passato e un momento del presente, così come la psicoterapia è una narrazione tra il nostro passato e il presente, come lo condiziona, ma anche come può condizionare il futuro. Chi scrive libri offre uno strumento agli psicoterapeuti per comprendere le cose, l’autore del libro diventa uno strumento di conoscenza e interpretazione del sé”.
L’Una e L’Altra, che ho avuto l’occasione di leggere, è suddiviso in due parti separate, entrambe hanno come filo conduttore la città di Ferrara. Nella parte del testo ambientata al tempo presente la protagonista è George, giovane ragazza di Cambridge che cerca di superare la morte della madre mescolando amara ironia, nevrosi e nostalgici ricordi di un viaggio a Ferrara durante una calda estate di qualche anno prima. L’altra parte è ambientata nella Ferrara rinascimentale, mistica e intrigante della Corte Estense, il protagonista è una personificazione da giovane del pittore Francesco del Cossa, celebre per aver dipinto alcuni degli affreschi nel Salone dei Mesi a Palazzo Schifanoia. Le due sezioni si sviluppano in maniera indipendente e possono essere lette nell’ordine che si preferisce, tanto più che l’editore ha stampato il libro in due diverse versioni: una dove la prima parte è quella di George-tempo presente, e l’altra versione in cui la prima parte è invece quella di Del Cossa – Ferrara rinascimentale.
Ma facciamo un passo indietro. Da dove deriva questo amore per Ferrara da parte di Ali Smith? Come spesso accade per le cose migliori, tutto è nato qualche anno fa per puro caso:
“Un giorno di aprile 2013 ho visto una foto. Era nel magazine d’arte Frieze, lo stavo sfogliando facendo colazione. Stavo bevendo un sorso di caffè e tra una pagina e l’altra ho visto una riproduzione a pagina intera di un dipinto così bello che per lo stupore quasi mi strozzavo col caffè”.
Si trattava di un dettaglio tratto dell’affresco del mese di marzo dipinto da Francesco Del Cossa nel XV secolo a Palazzo Schifanoia, tuttora visibile al pubblico. La Smith è rimasta letteralmente senza fiato alla vista dell’immagine di un uomo, un lavoratore umile e bellissimo, vestito solo di stracci bianchi che emanava una consapevolezza e fierezza tali che sembrava pronto a tutto. Il dipinto era chiaramente antico ma in qualche modo “parlante” anche a chi lo guardava centinaia di anni dopo. A partire da quel momento la Smith ha dato il via a un lavoro di ricerca sul pittore ferrarese e su quel preciso affresco, scoprendo che in realtà di informazioni ne esistono ben poche: l’alone di mistero si faceva ancora più fitto e quindi più interessante. In più, la sua compagna proprio in quel periodo stava leggendo una nuova traduzione de Gli Occhiali d’Oro di Giorgio Bassani: sembrava proprio che Ferrara gli stesse mandando un segno preciso. Non appena Palazzo Schifanoia ha riaperto dopo i lavori di stabilizzazione dovuti al terremoto del 2012, Ali Smith è volata a Ferrara, innamorandosene. Ecco come nel libro è descritta l’emozione di entrare nel Salone dei Mesi:
“La sala è tiepida e buia. No, non è buia, è luminosa. È l’una e l’altra cosa insieme. […] è così pieno di vita e di fermento che sembra vivo davvero. […] Non ho mai visto niente del genere, dice la madre. È così pieno di calore umano che risulta quasi simpatico. Un’opera d’arte simpatica. Non avevo mai pensato niente del genere in vita mia. Ma guardala. Non scade mai nel sentimentale. È generosa, ma è anche sardonica. […] è un posto magico, questo”.
(L’Una e L’Altra, BigSUR, 2016, Roma)
E pensare che il Ciclo dei Mesi è stato scoperto per caso quando gli artigiani che vi lavoravano, anni e anni fa, hanno visto che da frammenti di intonaco caduti dal muro emergevano occhi, volti, colori vivi… solo allora l’hanno scrostato dalle stratificazioni coprenti per scoprire un intero ciclo di affreschi, molti in perfette condizioni.
Nel suo libro la Smith vuole sperimentare soprattutto in senso formale e lo fa con entusiasmo e divertimento costruendo in maniera consapevole un libro-affresco in cui sotto allo strato principale troviamo un secondo strato, diverso dal primo per ambientazione e temporalità. Il veloce flusso di parole e di frasi a cascata, che spaziano dal passato al presente e viceversa, crea un effetto tessitura: continui intrecci in un tutt’uno ininterrotto, così frequenti che la narrazione sembra procedere come la trama di un tessuto, quando guardi la superficie e intravedi la trama stratificata al di sotto. Nel testo la voce della scrittrice è evidente, il lettore ne sente la presenza, ma ciò non è percepito come limite bensì come un irriverente spunto di interpretazione che permette di sentirsi immersi in un dialogo insolito non solo col protagonista della narrazione ma anche con chi l’ha scritta.
Come anticipavo, i giovani protagonisti affrontano i temi del lutto, della perdita, della solitudine, di come trovare il proprio posto nel mondo. Inoltre, in entrambe le sezioni del libro sono trattati in modo sottile e affascinante i temi dell’appartenenza di genere, del dualismo identitario, del gioco di ruoli e della simultaneità nell’essere umano del sentirsi maschile e femminile. Qualche esempio: Francesco Del Cossa è immaginato come giovane ragazza che per poter lavorare nel mondo dell’arte si maschera da uomo e imparerà l’amore grazie ad alcune ragazze, mentre George, che non possiede i tratti ultra femminizzati della ragazza adolescente stereotipata, risalirà gradualmente il baratro psicologico in cui si trova anche grazie al supporto di una ragazza cui si legherà emotivamente.
“Una città-fortezza medievale, con alte mura e cielo aperto nella Valle del Po […] Melancolica, bella, profondamente storica. Spesso chiamata la culla del Rinascimento. Famosa culturalmente a livello mondiale, mantiene comunque la sua natura di piccola città […] La prima vera città moderna in Europa”.
(Ali Smith, liberamente tradotto da un’intervista apparsa il 24 agosto 2014 su theguardian.com, disponibile qui)
Ringrazio affettuosamente il professor Luigi Grassi, Ilaria Fazi e Giulia Redolfi dell’Università di Ferrara, per la loro collaborazione e per avermi permesso la stesura di questo articolo.