FiloBooks si propone un duplice obiettivo: in primis vuole far scoprire a tutti i lettori di libri (sia a quelli appassionati che a quelli che ancora non hanno trovato la loro strada) opere che, come perle nascoste, sarebbero altrimenti difficili da scoprire. In secondo luogo vuole far conoscere meglio alla città le librerie indipendenti e le personalità culturali che a Ferrara operano con passione. Scoprendo noi stessi attraverso le pagine consigliate da qualcun altro, vorremmo rafforzare quel filo fatto di parole e sensazioni che ci accomuna e ci unisce. Le altre puntata di questo viaggio sono pubblicate qui.
Il Vagabondo Caffè è una caffetteria e libreria indipendente in Via Garibaldi 98 a Ferrara, creata e gestita da Francesco e Linda. Il locale nasce dalle loro comuni passioni: il viaggio, i libri (lui era un libraio e Linda una bibliotecaria), il caffè “quella magica bevanda che ci ha talmente affascinati da portarci a studiarla e a decidere di cambiare la direzione della nostra vita” racconta Francesco. Un angolo del caffè di Francesco e Linda è dedicato ai consigli letterari “a scatola chiusa”: è possibile acquistare un libro consigliato, impacchettato e privo di ogni riferimento eccetto alcune parole chiave che contraddistinguono il romanzo.
“Abbiamo scelto per voi Solo bagaglio a mano di Gabriele Romagnoli, edito da Feltrinelli nel 2017 perché con un locale che si chiama Vagabondo non potevamo non scegliere un libro che parlasse di viaggio! E in particolare qui si parla del bagaglio, quell’unico contenitore che porti con te quando lasci casa e vai incontro all’avventura. Bagaglio che l’autore consiglia di portare il più piccolo e leggero possibile, perché il viaggio è la migliore metafora della vita: il modo in cui lo affronti è lo specchio perfetto del modo in cui affronti l’esistenza.
Un bagaglio reale e, allo stesso tempo, simbolico: pochi oggetti, quelli indispensabili; pochi preconcetti, inutili quando si parte alla scoperta del nuovo; pochi amici, solo quelli veri; pochi sogni, i propri, non quelli preconfezionati dagli altri; pochi souvenir, perché bastano i ricordi. E poi, se sulle spalle porti poco peso, anche la vita sarà più leggera! E una vita leggera è una vita libera!”
In viaggio in Corea, l’autore si sottopone a un bizzarro rito che lo incuriosisce: sperimentare la propria morte, seppur per finta, nella speranza di uscirne rinnovato nello spirito. Fa testamento (finto), si stende nella bara (vera) e il coperchio si chiude su di lui. Prima di poterne uscire e “risorgere” avrà modo di pensare alla vita che l’uomo medio tende a vivere, appesantito e carico di fardelli: aspettative, speranze disilluse, persone vuote, idee invasive, preconcetti, pesi inutili, certezze pericolose. Consapevole che possedere significa essere posseduto, Romagnoli ci invita ad alleggerire in modo drastico il bagaglio che trasciniamo quotidianamente e che per qualche motivo pensiamo sia indispensabile, come i ricordi (alcuni ci ancorano troppo saldamente al passato e ci impediscono di assaporare il presente), la speranza (ci proietta al futuro e ci fa vivere di qualcosa che, per definizione, ancora non esiste), una miscellanea di oggettini simbolici con cui riempiamo le nostre vite per paura di dimenticarci chi siamo. Limare, snellire, sfoltire per svelare la vera essenza della vita: vivere il presente ed essere presenti nella propria vita, compiendo scelte, rinascendo di volta in volta, tornando a volare leggeri, respirando a pieni polmoni la libertà che ci contraddistingue e che invece tendiamo a soffocare.
Per un fortunato caso ho letto questo libro negli stessi giorni in cui stavo affrontando un faticoso trasloco e mi ha fatto aprire gli occhi sulle quantità di zavorre, concrete o meno, che insistiamo a voler portare con noi. Personalmente voglio cogliere con entusiasmo la provocazione che ci fa Romagnoli: “Disfarsi di qualcosa è diventato una raffinata sfida, eppure un’azione necessaria. […] Perdere qualcosa, perdersi, è davvero un guaio? O un’occasione?”.