A qualche passo dai meravigliosi affreschi della delizia di Schifanoia e dell’Oratorio dell’Annunziata, dalla prima dimora di Bassani e dalle ex Caserme Pozzolo del Friuli, c’è un edificio sacro che non ha bisogno di presentazioni. È uno di quei luoghi dove, cattolici o meno, ogni visitatore, varcata la soglia, non può far a meno di spalancare le labbra e sgranare gli occhi, stupito. Uno di quegli universi in cui la bellezza di mani abili e pensieri nobili ha vinto sul grigiore cupo dell’edilizia.
La Basilica canonicale dell’Annunciazione di Santa Maria in Santa Maria in Vado e santuario del Prodigioso Sangue regna sul suo dedalo di stradine medievali con silente imponenza, attirando quotidianamente piccole folle di devoti e curiosi. Ieri, tra di loro, per festeggiare una data particolare, c’eravamo anche noi di Filo.
Il 20 Maggio è una data che, negli ultimi anni, a Ferrara, porta con sé il dolore di ricordi terribili. Un boato sordo, indescrivibile. La terra che si muove. Una catastrofe.
Mi ricordo le parole di alcuni colleghi corsi subito nei Musei per verificare lo stato delle opere in mostra, o l’agibilità di alcuni dei luoghi della cultura cittadina. Ricordo la testimonianza di chi disse: “Siamo arrivati, abbiamo visto, abbiamo pianto”.
Quel 20 Maggio, anche il cuore di Santa Maria in Vado ha versato delle lacrime.
Una Vergine scomposta, una serie di danni alle opere secolari ospiti delle navate e del transetto.
Ma perdersi d’animo, non è un concetto che appartiene a questa città.
Da quel giorno, Ferrara si è stretta e ha giocato tutte le sue carte per ridipingere i suoi luoghi dell’antica meraviglia. E anche sulla Basilica del Prodigioso Sangue, non è stato fatto calare il sipario.
In questi sette anni, al suo interno e per lei, si sono succedute numerosissime operazioni di recupero, restauro, salvaguardia e conservazione dei beni del patrimonio artistico che hanno visto alternarsi la professionalità e la dedizione di professionisti provenienti dai campi più differenti che, fianco a fianco, hanno realizzato progetti oggi riconosciuti internazionalmente.
E allora ieri, 20 Maggio 2019, Santa Maria in Vado e i suoi unicorni non indossavano un velo scuro, ma si tingevano d’oro e vermiglio, per celebrare il ritorno di un’opera divenuta ormai uno dei suoi simboli più belli.
L’ Incoronazione della Vergine, opera seicentesca di Carlo Bononi, faro della mostra curata da Giovanni Sassu e Francesca Cappelletti Carlo Bononi. L’ultimo sognatore dell’Officina ferrarese tenutasi a Palazzo dei Diamanti tra l’ottobre del 2017 e il gennaio del 2018, è finalmente tornata ad ornare il transetto della Basilica regalandole uno splendore che in pochi avevano avuto, in precedenza, la possibilità d’ammirare.
Il tondo, uno dei lavori più amati del pittore ferrarese, aveva abbandonato la sua originaria collocazione in seguito agli avvenimenti legati al sisma ed era poi stato cardine di un progetto nato nel 2016 dall’accordo tra il Laboratorio Interdipartimentale CIAS dell’Università di Ferrara, la Parrocchia dell’Annunciazione di Santa Maria in Vado, il Consorzio Futuro in Ricerca, il Comune di Ferrara (con i suoi Musei di Arte Antica) e la Fondazione Ferrara Arte, con la supervisione della Soprintendenza.
L’accordo fra i cinque Enti prevedeva il restauro del dipinto, finanziato da CIAS e Consorzio Futuro in Ricerca e condotto da Fabio Bevilacqua, e lo studio in laboratorio di innovative tecniche di decontaminazione microbiologica a base di batteri probiotici, già utilizzati per la pulizia di ambienti ospedalieri.
Seguito passo passo da una troupe di esperti e di affezionati, il dipinto ha ritrovato le sue tinte e si è fatto ammirare senza i filtri di quei 27 metri d’altezza che lo separavano dagli occhi dei curiosi.
Un lavoro estenuante, tenutosi in un cantiere aperto e sempre vigilato, allestito nella navata sinistra della Basilica, all’ombra degli altri capolavori e delle note dell’organo secolare.
Ricordo che mentre Fabio lavorava sui più piccoli dettagli, non potevo far a meno di pensare a quanta bellezza ed eleganza si celasse dietro ogni centimetro di stoffa ed espressione dei personaggi, alla brillantezza della pietra della corona della Vergine. Ricordo il viavai di pellegrini e degli allora custodi della Basilica, i membri della Familia Christi e di professori, come Sante Mazzacane, direttore del CIAS, o dei ragazzi del Liceo Ariosto, che ho seguito personalmente e che, instancabili – e accaldati – si alternavano per aiutare e scoprire nel dettaglio i processi di rinascita dell’opera.
E ricordo anche che, in qualche momento, mi domandavo come avrebbero fatto, una volta concluso il restauro, a ricollocarlo al centro del transetto.
“ Il processo di riposizionamento, coordinato dal SAF (Speleo Alpino Fluviale) del Comando dei Vigili del Fuoco di Ferrara, addestrata specificatamente nel recupero del patrimonio artistico in emergenza, è avvenuto tra il lunedì e il giovedì della scorsa settimana. Una ventina di Vigili si sono alternati procedendo, anche grazie all’ausilio e all’ingegno di Maddalena Coccagna, architetto ferrarese che ha collaborato al progetto fin dai suoi primi passi, al ricollocamento dell’opera, eseguendo, in sicurezza, le operazioni necessarie al riposizionamento.
Creando una serie di varchi e percorsi all’interni ed esterni al tempio, hanno organizzato un gioco di telai e contrappesi per issare il tondo senza avvalersi dell’utilizzo di macchinari che sarebbero stati poco adatti al luogo, ma procedendo ad un sollevamento graduale e costante dell’opera dal pavimento verso il vano del transetto.” Recitava ieri Don Zanella, direttore dell’Ufficio tecnico-amministrativo dell’arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, mentre anticipava il discorso del Dott. Ing, Pietro di Risio, Comandante provinciale VV FF Ferrara.
Il risultato è sorprendente.
Il dipinto, di un diametro di 3 metri circa, splende adesso di colori aurei e vermigli, regalando una lucentezza mai vista alla Basilica secolare, ammaliando inevitabilmente chiunque passeggi al suo cospetto.
Volete la prova?
Per voi, la mia parola, qualche anteprima e le foto di Andrea Bighi.
BONUS: Il video della collocazione, courtesy Consorzio Futuro in Ricerca: