Quanto è vivo un luogo? Che storie porta con sé?
Molte, quasi infinite sono quelle dietro alla storia di Terraviva, l’angolo di campagna dentro alla città di Ferrara.
Non un piccolo angolo dove magari si simulano esperienze contadine: parliamo di ben quattro ettari di vera terra, di un luogo di vendita di prodotti a chilometro zero, di esperienze di coltura biologica, di settimane estive di campus dedicati ai più piccoli, di un piccolo parco con piante rare, ormai estinte, mantenute per mantenere in qualche modo una banca dei semi di colture ormai perdute.
E molto altro.
Dove si trova tutto questo? Ad appena cinquecento metri da Piazza Ariostea, invisibile e nascosta gemma che parte al fianco del Cimitero Monumentale della Certosa e coinvolge un’ampia area a fianco delle Mura.
Chiudendo gli occhi, spariscono auto e costruzioni recenti e ci si trova immersi in una gita fuoriporta.
Riusciamo ad incontrare le due realtà principali che convivono all’interno di Terraviva: l’associazione Nuova Terraviva che gestisce fisicamente il luogo, presieduta da Monica Pertili e la Biopastoreria, gestita da Silvia Dalle Molle e dalla sua famiglia, arrivati nel 2008 e già proprietari di una ampia azienda agricola a Rò Ferrarese.
“Da quello che sappiamo, anche attraverso una collaborazione con l’Università Cà Foscari di Venezia, non esistono luoghi come questo in Italia: a dire il vero sono pochissimi in tutto il mondo, uno in Giappone, uno in Egitto e poco altro, tanto che proprio nell’ultimo periodo abbiamo ricevuto una visita per una tesi di laurea in corso proprio su spazi particolari come questo.” ci racconta Monica.
– Non è un luogo recente: è l’erede dello spazio agricolo che già nel Quattrocento circondava la Certosa e si delimitava con le mura Estensi. Fu la visione di Biagio Rossetti a renderne possibile il mantenimento e l’inclusione all’interno della città”.
– Attualmente l’associazione, composta da un piccolo gruppo di volontari, mantiene viva questa area, inserendo anche percorsi di inclusione sociale per persone svantaggiate e persone con piccole pene da scontare mediante i lavori socialmente utili. Poi organizza campi estivi da giugno a settembre per i bambini, numerose giornate tematiche (come la Festa di Primavera appena terminata) e in generale vuole dare l’idea di un luogo sempre visitabile: i cancelli sono aperti per tutti ogni giorno.
Succede, magari con turisti o persone della città, che qualcuno scopra per caso Terraviva, passeggiando sotto le mura o attraverso magari una guida turistica: è molto bello vedere lo stupore di queste persone nel trovarsi improvvisamente in un’altra realtà.
– La Biopastoreria arriva invece nel 2008 – ci spiega Silvia Dalle Molle.
– Noi, come famiglia, abbiamo già una azienda agricola a Ro Ferrarese: mio padre è stato uno dei primi, già dagli anni Ottanta a diffondere l’idea e poi implementare una agricoltura biologica. La nostra idea è sempre stata quella di conoscere le persone a cui stiamo dando da mangiare, una vendita di prodotti a chilometri zero e soprattutto di comunità. Siamo certificati come coltura biologica ma in realtà andiamo anche oltre, a livello di principi di coltivazione naturale.
La cosa particolare, ci raccontano, è che fino al 1985 in questa area vi erano solamente campi, nemmeno coltivati. Tutto quello che si può vedere è stato poi creato dall’Associazione e dai volontari nel corso di questi ultimi decenni, donando splendore, strutture e vegetazione.
Poco dopo questa prima conversazione ci spostiamo a vedere l’intera area di Terraviva.
Sarà una lunga camminata.
La cosa più affascinante è infatti la lunghezza del percorso: il nome dell’area è assolutamente indovinato e descrive perfettamente quattro ettari di terreno pieni di sorprese.
Giardini coltivati, siepi che nascondono un sentiero che porta ad una casa sugli alberi esplorabile con tanto di percorso sospeso, un’ampia area dedicata alla produzione di miele con migliaia di api, una falegnameria, un giardino predisposto per mantenere vive piante ormai in via di estinzione.
Mentre lo visitiamo accade quel qualcosa che fa capire l’amore per il luogo e per la natura: Silvia e Monica si perdono per qualche minuto a tastare, ragionare, osservare, toccare foglie e frutti.
L’attenzione è tutta per quel posto, come se non ci fosse nessun altro: in qualche modo nemmeno noi che siamo lì a fare foto.
Ma non è ancora finito il percorso: i campi da coltivare, momentaneamente fermi per alcuni problemi amministrativi (“ma normalmente qui, il grano sarebbe già presente”) con la Certosa sullo sfondo. Poco più avanti, il punto da dove siamo partiti, la Biopastoreria: piccola oasi di acquisto e di tanto in tanto fulcro delle serate che vengono organizzate, tra cene e momenti musicali, con l’idea di un senso di comunità.
Durante tutto il percorso una piccola quantità di persone, sempre al lavoro per mantenere viva la struttura, trasmette l’idea di fondo di un luogo per niente privato: è di tutti, con oneri e piaceri connessi.
Un luogo da vivere, più che da visitare: il bello è che è solo nascosto ai nostri occhi, ma vicinissimo per le gambe di chiunque.
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