Qualche giorno fa ho passato la mattinata a fare quattro chiacchiere con un mio caro amico davanti ad una brioche e un cappuccino. Lui è uno di quei ragazzi tosti, di quelli che non si arrendono mai perché nonostante la vita possa metterti davanti mille ostacoli, l’importante è avere un sogno da realizzare.
Christian Zanarini, in arte Criket, scrive testi e canzoni, produce album, organizza eventi tutti con un unico comune denominatore per lui fondamentale: l’amore per la musica.
Come nasce Criket?
Innanzitutto il mio non è un personaggio, a differenza di molti miei colleghi non tendo ad interpretare una parte, cerco semplicemente di esprimere il mio carattere e la persona che sono tramite un genere musicale come quello del rap. Il nome Criket è un nomignolo che nasce, come quasi tutti i soprannomi, dagli amici, che dicevano che assomigliavo a Cricchetto, uno dei personaggi del film d’animazione Cars. Mi piaceva e così l’ho fatto diventare il mio nome d’arte. Alla musica mi sono avvicinato per la prima volta a otto anni, quando ho visto sul canale MTV un videoclip musicale di Eminem, “Without me”. Successivamente mi sono imbattuto nella canzone degli Articolo 31 “Maria Maria” in versione karaoke, così ho chiesto ai miei genitori come si chiamava quel genere musicale che tanto mi affascinava, e loro mi dissero che era rap. La mia reazione fu circa così: “Wow! Che figo!”. Così iniziai ad ascoltare quel genere di musica e più avanti verso i tredici/quattordici anni, per gioco, cominciai a scrivere i miei primi pezzi. Poi intorno ai diciassette anni sono andato in studio a registrare quello che avevo scritto.
Quindi, il tuo rapporto con la musica qual è?
Sono cresciuto con i Guns N’Roses e i Red Hot Chili Peppers, perché i miei genitori li ascoltavano costantemente quando si prendeva l’auto. Ho sempre ascoltato un po’ di tutto in realtà, dal pop al rock, ho cercato di spaziare fra vari generi, e forse il rap mi piace proprio perché si riescono ad accorpare diversi generi musicali. Ho iniziato subito scrivendo brani rap su strumentali rap, quelli di Eminem ad esempio, e ho continuato a fare rap. Però, da un anno a questa parte mi sono avvicinato molto al pop. Vorrei spaziare con il reggae e mi piacerebbe un sacco anche il blues.
Dopo aver iniziato a registrare i miei brani, ho pensato che dovevano esser collocati da qualche parte, e all’epoca era in voga MySpace, però non sapevo usarlo troppo bene e allo stesso tempo stavo scoprendo Youtube, così ho aperto un canale per diffondere la mia musica. Da lì ho caricato le prime due canzoni.
La tua musica è anche il tuo modo di sfogarti, di comunicare chi sei…
Certo, il concept varia da brano a brano ovviamente. Scrivo e produco musica in primis per me stesso, ma anche per comunicare un messaggio e soprattutto spiegare qualcosa ai ragazzi più giovani di me. Nei miei prossimi lavori infatti, ho intenzione di parlare meno di me stesso e più degli altri, di ciò che osservo e vedo intorno a me.
Quindi le tue canzoni di solito di cosa parlano?
Delle mie esperienze, di ciò che ho vissuto, sperando di fare in modo che qualcuno si ritrovi o si sia ritrovato nelle mie stesse condizioni. Tutti abbiamo avuto un amore non corrisposto, o problemi famigliari, tutti a volte ci siamo sentiti inadeguati o fuori posto, ed io non faccio altro che prendere queste sensazioni e condividerle, in modo che chiunque, ascoltando la mia musica, possa ritrovarsi in essa.
È un po’ come un diario, quando hai una giornata storta la scrivi sulle sue pagine e subito ti senti meglio. Io prendo tutte le cose brutte e le trasformo in cose belle.
Ora parliamo dei tuoi dischi…
Le prime canzoni che ho scritto non le ho inserite in un CD, perché servivano per migliorarmi, per capire come funzionava il mondo della musica. Non avrebbero mai potuto diventare parte di un progetto.
Il primo disco, “Tutto vero”, è un mixtape, ovvero un disco creato con basi già esistenti di rapper americani, che contiene 19 tracce, ed è un progetto che è durato due o tre anni. Tutto vero è stato il mio disco d’esordio, grazie al quale sono riuscito a capire chi ero e qual era lo stile migliore per me. Inoltre, ho imparato ad usare l’Autotune prima che diventasse moda.
Con il secondo disco invece, “7 Ragazze”, un Ep di sette tracce, mi sono ispirato alla canzone Idee stupide di Fabri Fibra “E se per ogni uomo esistono sette ragazze, guarda me le son giocate incontrandole tutte pazze”, infatti racconto di sette amori che non sono andati a buon fine. Ho preso il mio malessere e l’ho trasformato in qualcosa di bello, in quanto non è un disco diffamatorio, ma vuole essere quasi un tributo, è il mio modo di dire ad ogni ragazza: “Mi dispiace per come sono andate le cose, ma è stato molto bello e per questo ti ringrazio”. Nel terzo disco, “Trapture”, invece ho fatto un dissing, cioè un affronto musicale, ad un altro giovane rapper ferrarese. Ho deciso di calarmi in questa competizione perché ritengo che in una città piccola come Ferrara sia difficile riuscire ad emergere, e mi ha dato fastidio, che in mezzo a tanta gente che si impegna e si applica da anni, questo ragazzo sia riuscito ad avere 45.000 visualizzazioni con un solo video. A testimonianza del fatto che più proponi musica di scarso livello, più vieni apprezzato dal mondo virtuale. Inoltre, ci sono tante persone che non fanno questo genere di musica perché ne hanno bisogno per sfogarsi o per altro, ma che lo fanno semplicemente per moda. Rispetto a ciò sono dell’idea che chiunque può fare musica, purché abbia qualcosa da raccontare. Trapture è un disco trap che va contro gli stereotipi della trap: le treccine colorate, la codeina, il consumismo. Credo che questo genere musicale stia educando male i giovani; si può fare trap in dieci mila modi diversi ed io sto cercando di farlo.
Parlami un po’ del panorama rap di Ferrara…
Il panorama di Ferrara per quanto riguarda il rap è molto individualista, nel senso che Ferrara, a differenza di altre città, (come Bologna ad esempio, da cui è partito l’hip-hop in Italia negli anni ’80 con il primo rapper che ha proposto un testo in italiano), non c’è un vero e proprio movimento hip-hop. Questo perché il movimento si crea pensando ad un “noi”, mentre a Ferrara continua ad esserci più un “io”, un “io” che però sto cercando di cambiare. Inoltre, non ci sono molti eventi rap purtroppo, i rapper vengono sempre considerati poco a mio parere, ma è proprio questo il momento per coinvolgerli! Il rap è un genere che ora va di moda, lo ascoltano persone di ogni genere ed età. Così da qualche tempo sto cercando di muovermi in questa direzione organizzando in prima persona live e battle, per poter dare un’opportunità a tutti. Per ora ho organizzato tre date tra Ferrara e i Lidi, e tutte hanno fatto il pieno. Mi darebbe grande soddisfazione vedere che almeno uno di noi a Ferrara è riuscito a sfondare, anche se quell’uno non sarò io.
Sappiamo però che riuscire a spiccare nel mondo della musica è difficile, c’è molta competizione, cos’è che ti spinge a continuare e a non mollare?
Beh, sicuramente il fatto che non riesco davvero a smettere di far musica. In realtà, siccome non riuscivo a vedere risultati soddisfacenti nonostante l’impegno che ci mettevo, ci ho provato svariate volte. È successo anche quest’anno, infatti, dopo il mio secondo album, che ho distribuito gratis alle ragazze delle scuole superiori di Ferrara, non ho visto grossi riscontri. Riuscire a produrre un album richiede spese piuttosto importanti. Quindi ho provato a smettere, ma dopo pochissimo tempo ho dovuto ricominciare. Sentivo proprio di stare male: se non scrivo e se sono consapevole del fatto che non posso più far musica non sto bene con me stesso, di conseguenza non riesco a trascrivere, a comunicare il mio malessere perciò sto addirittura peggio.
Perciò a chi vorrebbe entrare in questo ambiente cosa consigli?
Di partecipare a più live possibili, di fare tanto freestyle, che aiuta anche con la scrittura, di farsi sempre vedere agli eventi, anche senza per forza esibirsi, perché si possono conoscere davvero tante persone, e infine di passare tante ore in studio di registrazione. Però consiglio anche di ascoltare ogni genere musicale, perché ascoltando solo rap non si fa altro che rigirare la stessa minestra. Il rap stesso è un crossover di più stili che si amalgamano fra loro.
Per concludere vorresti aggiungere qualcosa?
Vorrei citare ciò che una volta disse Macklemore, cioè che noi rapper sottovalutiamo l’effetto che abbiamo sui giovani, ed io non potrei essere più d’accordo. Abbiamo un potere molto grande sui ragazzini e dobbiamo semplicemente scegliere come usarlo, se nel modo giusto o in quello sbagliato. Il modo sbagliato è quello di scrivere su temi che ci portano in tasca soldi assicurandoci il successo. Tematiche come sesso, droga e soldi, sono molto pericolose e non sono d’aiuto per i ragazzi. La musica è importante perché può uccidere, ma soprattutto perché può salvare. Questo è il mio motto.