Alzi la mano chi, almeno una volta, non ci ha giocato. Chi, passando di lì, non ha guardato quell’orsetto e aspettato che “soffiasse” dentro il suo piccolo cerchio magico, stargate d’incanto, che crea sfere di sapone perfette, lucenti, irresistibili. Chi, anche solo per qualche secondo, grazie alla semplicità di quelle bolle, non si è sentito più leggero. Chi non ha sorriso.
Il venerdì di Ferrara è sempre uno sfrecciare irregolare di biciclette, di voci e di sguardi. Ma per noi di Filo, oggi, non è uno dei tanti.
Abbiamo sentito una notizia. Abbiamo letto di una chiusura improvvisa. E dopo esserci – quasi – ripresi dallo shock, abbiamo deciso di fare un viaggio.
Perché varcare la soglia di quel negozietto dalle vetrine colorate non è un semplice gesto fatto da una manciata di passi, bensì necessita di un’insita ma spesso inconscia predisposizione all’avventura.
La Terra dell’Orso ci accoglie con lo stesso sorriso che la contraddistingue da 32 anni, da quel lontano ottobre del 1987 nel quale muoveva i primi passi, in un’altra via del centro, tenuta per mano da Liana e Roberto, sotto l’insegna della Città del Sole.
“Sembra una vita fa, quando abbiamo aperto in Via Contrari, poi l’entusiasmo, il trasferimento in via del Podestà e poi, nous voilà, qui, ed ora. Quanti traslochi abbiamo fatto fare al Big Boss!” ci dice Roberto, mentre io già non riesco a mantenere la penna in mano.
Vorrei poggiarla, mettermi a giocare con tutto.
Mettere in pausa la quotidianità, perdermi, respirare.
Mi guarda, ci guardiamo, ci capiamo.
E allora lasciamo perdere tutto. Tutti questi discorsi che ci hanno fatto scendere le lacrime, che ci hanno rattristato, che ci hanno fatto rimpiangere di non essere venuti più spesso, di non aver goduto a pieno della bellezza. Che quando si perde qualcosa, si dice, è lì, in quel frammento d’istante, che ne si coglie la piena importanza. Non vogliamo spegnere il sorriso enumerando e sviscerando i motivi della triste notizia, non vogliamo parlare di cose ben poco liete, di giochi e bolle che scompaiono, di serrande che si abbassano.
È un attimo, e ci ritroviamo inginocchiati sul pavimento, tra scaffali ricolmi di giocattoli provenienti da tutti gli angoli del mondo, a far girare una trottola dispettosa, e a osservare dal basso quei dedali di creatività che si stagliano su un soffitto che non ricorda quasi più l’assolutezza del bianco. È un cielo d’aquiloni di ogni forma e colore, di pianeti e di animali d’ogni sorta che dondolano in sintonia con una brezza leggera, catturando e giocando con le bolle che entrano, coraggiose, dalla porta confinante con E-Natura.
Roberto e Liana ci accompagnano, raccontandoci mille storie.
“E l’orsetto?” domando.
Sorridono insieme, quasi come fosse una coreografia.
Un sorriso bello, nostalgico e felice.
“L’orsetto. Adesso lo chiamiamo il Big Boss, però sai, non ha un nome suo. Non ne ha mai avuto bisogno… è sempre stato, per tutti, l’orsetto delle bolle. Ormai, quel rubacuori lì, inizia ad essere anzianotto…
Pensate, è nato tutto da un’idea legata alla Pustefix, la ditta leader in bolle di sapone. Nonostante avessero utilizzato, seppur in modo diverso, l’idea dell’orsetto, secondo noi non ne avevano colto il vero potenziale. Dopo un po’, grazie all’ispirazione, ho avuto un lampo di genio e influenzato dalla mia frenesia da tecnico, sono andato a comprare un pupazzo. Operando una serie di modifiche, ho creato una cosa tanto semplice quanto efficace: lui, che in tutto questo tempo è diventato la nostra mascotte indiscussa, ha generato un’onda di fratelli quasi gemelli sparsi qua e là per l’Europa e ha fatto felici milioni di bambini.
Con lui, ci sono degli altri vecchietti, come il principe delle nostre mostre tecnologiche! Eccolo, vi presento Ernesto pedala lesto.”
Roberto alza la mano, acchiappa un filo e lo tira leggermente verso di sé. Sul viso, l’espressione di chi non vorrebbe smettere mai.
Sulle nostre teste, pian piano ecco comparire un orsetto funambolo vestito da circense che, sul suo monociclo, pedala a ritmo. Ci viene da sorridere. Ha l’aria di uno di quei giochi che avrei potuto trovare nella stanza della mia mamma. Riflettendo su questo… non c’è una Barbie in giro. Non un Pokémon. Tutto è studiato nel minimo dettaglio per rappresentare l’opzione geniale, la scelta diversa e ponderata.
“In tutti questi anni, nonostante le esigenze del mercato abbiano imposto cambiamenti spesso drastici e infelici, non abbiamo mai disonorato la nostra promessa. Tradirla avrebbe fatto perdere il senso e vanificato tutto l’impegno profuso in questi anni. La nostra idea, il nostro principio, è quello di dare la possibilità ai clienti di scegliere un gioco diverso, che stuzzichi la creatività e metta in moto l’ingegno, che spinga la mente verso un burrone da sorvolare con le nostre mongolfiere, sollevate da un vento instancabile di frenesia e curiosità. Ci piace pensare che il nostro pubblico esca da questa porta immerso nelle bolle, con in mano un oggetto non solo bello, ma stimolante e costruito secondo una logica intelligente, che porti con sé i segni di un lavoro proteso alla crescita creativa e al divertimento.”
E in effetti, per rendersene conto, basta guardarsi intorno.
L’albero dei suoni, i rompicapo e i trenini in legno, le scacchiere, i giochi di società, i caleidoscopi, le biglie, le marionette, i libri pop-up, le mappe, i cavallini in tessuto, gli animali di ogni specie e materiale… e gli immancabili Tangram.
L’elenco sarebbe interminabile.
Mi piacerebbe rivederlo con gli occhi di una bambina, sempre pieni di stupore. Come reagirei oggi, se avessi la possibilità di scegliere tra tutti quei giochini così comuni che affollano gli zainetti, tutti uguali, dei miei compagni di classe e queste meraviglie?
Forse, ci vuole l’educazione. Ci vuole lo sguardo e l’attenzione di chi veramente sa dare un valore alle cose belle, al bagliore duraturo, allo stupore che negli anni, nonostante vari cambiamenti, non passa mai di moda. Gli occhi di quelle persone che sanno s’invecchia soltanto quando si smette di giocare.
E allora noi oggi non facciamo troppo caso a quei cartelli sulla vetrina, lì come memento di una chiusura quasi imminente, ma andiamo via felici, sapendo che tutti quei piccoli coniglietti, con le loro casette, saranno ospitati nelle camerette di bambini curiosi, che quegli aquiloni voleranno nel cielo tenuti stretti stretti da dita piccole, nervose e sognanti. Che la storia di Liana e Roberto continuerà nel negozio accanto, E-Natura, dove non si smetterà mai di proporre un sentiero alternativo verso la scoperta degli strani animali del Professor Revillod, delle costellazioni e dei segreti della scienza.
E chissà che il Big Boss non abbia ancora tante bolle per noi…
2 commenti
Bel pezzo di Rossella Ibba sulla Terra dell’orso, dimostra ancora una volta la sua capacità di scrittura originale.
Grazie mille Wally, tutto merito della passione e dell’amore che mi è stato trasmesso dai titolari del negozio:)