Siamo ormai giunti al terzo anno di Bonsai, il festival di microteatro organizzato da Ferrara Off in collaborazione con Píndoles, che a sua volta organizza un festival di microteatro a Barcellona, nel castello di Montjuïc. Ogni anno ci sono novità ma la base rimane sempre quella, il quartiere Giardino e il consorzio Factory Grisù, dieci microspettacoli da quindici minuti ripetuti cinque volte in una giornata, cinque sabato 4 e cinque domenica 5 maggio. Il bonsai colorato di Giacomo Cossio che fa da sfondo a manifesto e locandine quest’anno si è tinto di arancione, colore più caldo rispetto a quelli degli anni precedenti quasi a indicare l’intento inclusivo del festival che da quest’anno cerca con maggiore intensità di portare avanti quello che è uno degli intenti fin dalla prima edizione: creare momenti di integrazione con gli abitanti del quartiere. Proprio per questo sono stati proposti in particolare due momenti: una performance del gruppo danza Black Dancers che funge da apertura del festival e delle brevi letture con gli alberi come tema di fondo per accompagnare l’inaugurazione della Biblioteca Popolare Giardino.
Entrare nel quartiere non è stato, non è e non sarà facile. Piccoli passi uno dopo l’altro sono tutto ciò che si può fare stando sempre molto attenti e misurando ogni proposta che si compie. Sono passi complessi che necessitano di estrema attenzione, ma anche costante presenza quotidiana che porti il festival e gli organizzatori a vivere e conoscere il quartiere. Dopo tre anni si può sicuramente dire che mettendo un piede davanti all’altro si è fatta molta strada ma non si può dire, e probabilmente anche gli organizzatori sono d’accordo, che sia sufficiente. Ci sono infatti due distinti aspetti su cui ragionare quando si pensa a Bonsai: uno artistico e uno sociale. Uno, il primo, procede a gonfie vele fin dalla prima edizione con un notevole balzo in avanti tra la prima e la seconda. Il secondo invece procede a rilento ma attenzione perché in questo caso la lentezza è probabilmente un requisito fondamentale. Senza di essa si rischierebbe di cadere nella retorica e in falsi miti.
Ma procediamo con ordine. Cosa si è visto a Bonsai?
Dieci microspettacoli in due giorni, cinque il sabato e cinque la domenica, selezionati attraverso un bando internazionale, da una giuria composta dai direttivi di Ferrara Off e Píndoles, dal direttore del Teatro Comunale Marino Pedroni, dalla drammaturga Margherita Mauro e da Web Radio Giardino. Anche quest’anno si spazia dal monologo alla danza contemporanea passando per la prosa e il teatro fisico. Il sabato, a Factory Grisù, vediamo “Lieve”, una performance di Veronica Liuzzi, e la danza di Simone Zambelli con “Non ricordo” all’Ex-Mof. Inseriti nel circuito anche due monologhi “Chi ama brucia. Discorsi al limite della frontiera” di Alice Conti presso il Centro di ascolto uomini maltrattanti e “Ballata in 5 round” di Giovanni Guidelli allo stadio. Ultimo e unico non italiano della prima giornata “Aquest sol, hi és per a tots”, spettacolo in catalano scritto e interpretato da Martí Costa in scena insieme a Núria Bonet e Aura Foguet che va in scena a Palazzo Savonuzzi . La domenica invece sono due le proposte internazionali, da Israele Shirly Barbie con “Do you love me” proposto nuovamente all’Ex-Mof, luogo che si presta particolarmente alla danza, mentre dalla Spagna “El peso del plomo” di Aleix Fauró con Carles Gilabert e Marina Fita si svolge al Centro di Promozione Sociale “Acquedotto” un nuovo spazio per il festival. Alla sala polivalente ”Il Grattacielo” troviamo invece una proposta di teatro fisico con “Two. Scherzo d’amore a due” di e con Sebastiano Coticelli e Simona Di Maio. Infine si torna in due luoghi ormai simbolo di Bonsai: allo Stadio dove si può assistere al monologo “Sciaboletta” di e con Alessandro Blasioli, e a Factory Grisù con un ultima proposta di danza contemporanea, “Shape of moving waves” di e con Giacomo Mattongo e Enrico Paglialunga. Un lungo elenco di spettacoli e artisti, forse noioso per chi legge ma doveroso per dare almeno un quadro di Bonsai. Una proposta varia, di livello, che spazia nei generi e nelle tematiche affrontando la stretta attualità con Alice Conti e Martí Costa che in modo diverso ci parlano di migrazione o con “El peso del plomo” che affronta la vendita delle armi. Non si riesce in queste poche righe a essere esaustivi a parlare di tutte le proposte singolarmente, basti dire che oltre a integrarsi ognuna alla perfezione nel luogo scelto per la rappresentazione sono riuscite a catturare il pubblico, che nonostante il tempo impietoso ha seguito la manifestazione in gran numero.
Abbiamo accennato all’aspetto artistico di Bonsai, ma ora è il momento di dire due parole sul suo intento più sociale, quello di inserirsi in un quartiere bistrattato che ha bisogno di iniziative che non siano estemporanee ma che abbiamo forti radici. Come la pianta impiega tempo prima di saldarsi al terreno lo stesso vale per questo Festival. Ormai è il terzo anno e le radici iniziano ad attecchire, si sta inserendo nel tessuto del quartiere e stanno aumentando le iniziative con questo intento. La performance delle Balck Dancers e le letture nella Biblioteca popolare di cui si scriveva sopra vanno in questa direzione. Ci si può ritenere soddisfatti? Ancora no. I passi da fare su questa strada sono molti e lenti, possono portare di fronte a grandi delusioni ma non è questo un motivo valido per fermarsi. Probabilmente per raggiungere lo scopo, per inserirsi nel quartiere servirebbe un impegno annuale di presenza costante. Lo scorso anno su queste pagine in rifermento allo stesso festival si scriveva:
“Quando ci si addentra in simili situazione non è mai semplice, il rischio è quello di non essere accolti, di essere visti come estranei che impongono la propria presenza dall’alto. Queste pratiche sono ormai divenute abituali, invadenti servizi per la televisione o self-made sheriff che imperversano nella speranza di raggranellare voti. Entrare in casa di qualcuno è sempre un grosso rischio anche se lo si fa con le migliori intenzioni. Ma questa storia, forse, è meglio farsela raccontare da chi attraversa il Mediterraneo su un barcone nella speranza di una vita migliore. Bonsai cerca di entrare in punta di piedi, di seminare ogni anno qualche nuovo grano, di non essere invadente ma rispettare gli spazi altrui costruendo legami attraverso i quali promuovere arte e cittadinanza. Un viaggio dentro al quartiere Giardino che passa attraverso luoghi simbolo e proposte artistiche di primo livello.”
Non ha senso cercare nuove parole per esprimere nuovamente gli stessi concetti. Anche quest’anno qualche nuovo seme è stato seminato. Una presenza annuale è difficile, forse impossibile da garantire se non attraverso una costante e continua comunicazione con quelle associazioni che operano direttamente sul territorio. In ogni caso la via è stata imboccata e anche quest’anno è stato fatto un passo in avanti verso l’integrazione tra festival e quartiere.