#marzoambiente è un progetto organizzato dal Comune di Copparo, con l’aiuto dei ragazzi di Gruppo Zero, che ha portato la Galleria “Alda Costa” a diventare una vera e propria serra, per ospitare incontri ed eventi totalmente dedicati all’ambiente, per tutto il mese di marzo. Ho partecipato a due di questi incontri e in questo articolo vorrei dirvi semplicemente cosa ho imparato.
L’argomento affrontato dall’incontro lo scorso venerdì lo ignoravo completamente: il bracconaggio ittico. A parlare era presente Marco Falciano de I Pirati del Po, e parte dell’associazione UPE e FIPSAS. Il bracconaggio ittico è un business milionario che porta il pesce italiano, proveniente da acque contaminate e trattato con metodi che violano le norme igieniche sanitarie, ad arrivare nelle filiere dell’Est Europa, ma anche nel nostro mercato. Ad oggi, a causa dei bracconieri, la fauna delle acque del Po è diminuita del 30% e le provincie maggiormente interessate sono Ferrara, Rovigo e Ravenna (nelle nostre zone il fiume Reno, il canale circondariale nella valle del Mezzano, e il Fiume Po). Queste bande “quasi di stampo mafioso”, sono capaci di pescare fino a 1000 kg di pesce in una sola notte. Il fatto poi che questi pesci arrivino sul mercato e vengano mangiati, può comportare grossi rischi per la salute, perché pesci come le anguille e il siluro sono ricchi di sostanze come mercurio, cadmio e arsenico capaci di causare ad esempio danni cerebrali, come conferma uno studio effettuato dall’Università di Ferrara. Il profitto che questi bracconieri arrivano ad avere è stimato attorno ai 20.000 euro a settimana, tutto in nero. Ovviamente non pagano le tasse al mercato, o meglio regolarizzano solo parte del pesce, in modo da avere una bolla di certificazione che nel caso di controlli possa confermare, che nel camion ci sono cinque quintali di pesce quando magari ce ne sono sessanta.
Questa è una tematica che non riguarda solo i pescatori – dice Marco – ma anche tutti coloro, come i popoli dell’Est Europa, che per tradizione e cultura consumano pesce d’acqua interna. Oggi troviamo sul mercato sempre più carpe, siluri, che entrano nelle nostre tavole, che provengono però da un mercato poco controllato.
Il bracconaggio è pericoloso perché danneggia il nostro habitat, i nostri 3.500 km di canali ferraresi. Le cannucce di palude e le erbe acquatiche che dovrebbero esserci, e che purtroppo non sono mai abbastanza, fungono da depuratore per le nostre acque, ma il bracconaggio distrugge tutto questo. Questo soprattutto a causa dei metodi utilizzati per pescare, strumenti altamente distruttivi come il tramaglio (consentito solo in alcune zone per la pesca di professione e con una lunghezza massima di 5 metri), e l’elettrostorditore, che distrugge ogni forma di vita, persino i crostacei. Ma anche veleni e fertilizzanti agricoli, soprattutto buttati nei sottoposti (canali che passano al di sotto di altri canali più grossi), che riescono ad uccidere persino un pesce forte come l’anguilla.
Questo fenomeno è conosciuto solamente dal 2014, fino a poco tempo fa si trattava di un’attività incontrollata. Si è partiti da una situazione in cui a Ferrara non c’erano guardie volontarie pronte ad uscire la sera per combattere questi bracconieri. Esisteva solo la Polizia Provinciale che però poteva smobilitare pochissimi uomini. Così è stato costituito un gruppo di volontari ed ora dal volontariato si è riusciti ad arrivare alla politica e alle forze dell’ordine, fino ad ottenere nel 2018 il reato di bracconaggio ittico in Italia, punito con confisca dei beni e arresto fino a tre anni. Il record assoluto de “I pirati del Po” è stato un colpo di 3.000 kg di pesce catturati con una rete di 3500 metri stesa nel canale circondariale. Il profitto di unica notte di pesca.
Perché questi pesci sono pericolosi? Perché le nostre acque sono completamente inquinate, quasi tutti gli scarichi finiscono nel Po, i depuratori e le fognature sono gli stessi da 50 anni, di conseguenza sono scarichi autorizzati. Nel Po ci finiscono anche gli scarichi e i liquami abusivi degli allevamenti e persino solventi che corrodono la vernice anti vegetativa delle barche. A causa di questo inquinamento nelle nostre acque alcune specie si sono del tutto estinte, come il luccio, il tritone e lo storione. Oltre a ciò, perché la nostra acqua è così pericolosa? A causa dei FAS e i TFO, le famose microplastiche. Uno studio dell’Università di Ferrara ha rivelato infatti, che le microplastiche in alcune zone sono state assimilate delle carpe causandone il mutamento di sesso provocandone a volte la sterilità.
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L’ultimo incontro di #marzoambiente è stato invece organizzato dall’associazione ferrarese Officina Dinamica e trattava un altro importante argomento quale lo spreco alimentare. A parlare è stata la nutrizionista Elisabetta Ciannella.
Oggi viene prodotto cibo sufficiente per tutta la popolazione mondiale, ma purtroppo ci sono ancora troppe persone che muoiono di fame. Solo in Italia in un anno vengono cestinati 49.000 kg di cibo equivalenti a 16 miliardi di euro. Sprecare cibo significa anche sprecare energie e risorse idriche, utilizzate per produrlo. Quali sono le ragioni per cui avviene questo spreco? Nella fase produttiva possono avvenire per ragioni economiche, quando il contadino non riesce a trovare il prezzo adatto per il suo prodotto preferisce che rimanga a marcire nel terreno. Oppure quando ci sono frigoriferi che non funzionano bene e che quindi possono causare perdite. Nella fase di distribuzione avviene per ragioni estetiche, la frutta ad esempio deve essere perfetta, ciò che non è perfetto viene automaticamente scartato. Nella fase di consumo, una parte di colpa va ai supermercati che tendono sempre più a servire cibo fresco tutto il giorno. Oppure alla stagionalità non rispettata. Ma anche alle cattive abitudini nella spesa, che ci portano a comprare cose in più perché non sappiamo se il determinato alimento lo abbiamo a casa o no, senza una lista della spesa fatta con la testa. La mal conservazione degli alimenti, la frutta e la verdura ad esempio andrebbe conservata in frigo fuori dal sacchetto di plastica. Infine quando il prodotto è in prossimità della scadenza di consumo, la dicitura “da consumare preferibilmente entro il” non significa che il giorno dopo il prodotto non sia più idoneo ad essere consumato, ma significa solo che da quella data il prodotto inizierà a perdere proprietà organolettiche.
Lo spreco maggiore avviene proprio sulle tavole delle famiglie. Questo perché è aumentata l’offerta degli alimenti e la voglia di varietà. Siamo abituati ad accumulare cibo che fatichiamo poi a smaltire. L’impatto economico nelle famiglie è duplice: sprecare cibo non solo significa sprecare il denaro utilizzato per acquistarlo, ma significa anche sprecare denaro per lo smaltimento dei rifiuti.
Quindi cosa può fare una famiglia per non sprecare cibo? Prima di tutto, comprare solo lo stretto necessario, aiutandosi con la lista della spesa. Comprare solo prodotti locali, scegliendo prodotti di stagione, usare meno prodotti trasformati, controllare la data di scadenza delle etichette e riutilizzare, senza buttare, gli avanzi. E come conservare adeguatamente gli alimenti maggiormente deperibili? Le banane si possono avvolgere con la pellicola e dividere tra di loro per rallentare la maturazione, i limoni si possono conservare in frigorifero in un recipiente pieno d’acqua in modo che rimangano idratati, l’insalata già condita si può coprire con un tovagliolo di carta in modo che assorba l’umidità, gli asparagi si possono bagnare e avvolgere dentro ad un canovaccio, il formaggio si può avvolgere nella carta stagnola, al contrario però, perché la parte opaca permette maggiore infiltrazione di ossigeno. Sono solo alcuni esempi ed altri si possono trovare in rete, ma che rendono l’idea di come si possa avere un comportamento più responsabile anche quando parliamo di cibo all’interno delle nostre abitudini quotidiane. Qualcosa si sta muovendo, e le problematiche ambientali ci stanno coinvolgendo sempre di più, come dimostra il crescente interesse per l’argomento ai tavoli della politica internazionale. Molto dipende ovviamente da noi e credo che qualche piccolo impegno sia necessario, cambiando qualche abitudine quotidiana più dovuta alla pigrizia che ad altro, aiutando così il nostro pianeta.