In giro per atelier artistici: una giornata a Cardini
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In giro per atelier artistici: una giornata a Cardini

Cronaca di una giornata dedicata all’arte, con l’iniziativa che ha aperto oltre venti studi cittadini
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Domenica 24 marzo, mi sveglio alle 8.30, colazione veloce, prendo l’auto, la mia Graziella e arrivo davanti all’entrata del Liceo Artistico “Dosso Dossi”, dove varie persone sono pronte, come me, per partecipare alla prima edizione di Cardini Atelier Aperti. 

La biglietteria si trova nell’atrio, dove allo stesso tempo è presente la mostra prodotta dagli studenti, ispirata alle opere degli artisti che hanno partecipato aprendo il proprio atelier. Le ragazze della biglietteria mi dicono che il primo percorso a partire è quello delle 10.15, il numero 2. Prendo il biglietto e mi unisco al gruppo composto da circa una decina di persone. I nostri ciceroni sono due ragazze, che subito, accompagnandoci dal primo artista, ci introducono il suo lavoro. 

Foto di Andrea Bighi

In via Contrari, 12 si trova il negozio “L’arte dei Contrari” di Enrico De Lazzaro che ci accoglie con un grembiule che sembra quello di un gelataio… sulle pareti fotografie di scenari ferraresi, incorniciate su assi di legno. Enrico ci spiega che è entrato nel mondo della fotografia da pochissimo e da completo autodidatta. Produce tutto da solo: fotografa, stampa, taglia, intelaia. Tutto è iniziato quando andava a trovare la sua attuale moglie a Berra, un giorno ha fotografato “Villa Giglioli” (che considera la sua foto migliore) e da quel momento tanti hanno cominciato a chiedergliene una copia… Poi ci mostra una fotografia di Piazza del Municipio in bianco e nero se non per il dettaglio dell’ombrello a righe bianche e azzurre di una passante. Ci spiega che il suo lavoro consiste in venti minuti di fotografia e quasi dieci ore di post produzione. Infine, ci parla del nuovo progetto di unire una gelateria al suo negozio di stampe fotografiche: “perché se non trovi un escamotage per far entrare le persone, queste non entrano; hanno sempre più paura dei piccoli negozi”.

Il tempo stringe e le ragazze ci devono portare dal prossimo artista: Paola Bonora. Ci accoglie una simpatica signora con un camice bianco, dai capelli bianchi, con il rossetto rosso. Il suo atelier è piccolo, infatti fatichiamo a starci tutti, ma le sue opere appese si vedono benissimo. Paola ci racconta che ultimamente le piace molto giocare con le ombre e la luce che insieme riescono a creare oggetti. “Le ombre sono qualcosa che tutti vediamo, ma sulle quali quasi mai ci soffermiamo, e da qui io sono partita, come con questa piantina grassa e la sua ombra, che ho pensato di isolare per creare un disegno autonomo”. Paola ci spiega poi che alcune parti dei suoi quadri non sono dipinti, ma spruzzati con un piccolo sifone, dove basta inserire l’acrilico per poi soffiare al suo interno. Ci mostra quadri di paesaggi dipinti “come facevano gli impressionisti”, e quadri di scarpe disegnate alla perfezione, dove prima si spruzza lo sfondo isolando la scarpa con il nastro adesivo, per poi dipingere il soggetto principale in tutte le sue sfumature. 

Vorremmo passare ancora un pò di tempo con Paola, ma ora è il momento di due artisti che condividono lo stesso atelier. Arriviamo così in un garage che ospita le opere di Gianni Guidi e Paolo Pallara. Il primo a raccontarsi è Gianni che ci mostra le sue sculture in terracotta dipinta. Le sue opere racchiudono l’idea del volo e della leggerezza, sono costellate da uccelli, fiori e farfalle. Ci mostra le sue campane: ogni campana ha sopra un animale che simboleggia una delle sette note musicali e un momento preciso della giornata. “Questa non è una cosa che ho inventato io, ma una ricerca condotta dal musicologo Marius Schneider”.
Paolo Pallara, invece, ha uno stile completamente diverso: utilizza materiali di recupero per dare un tono realistico alla pittura. Ci mostra sculture in legno e poliuretano che sembrano quasi statuette primitive. Ci mostra quadri coperti di cera e bitume. Ammette di essere ossessionato dai numeri primi mostrandoci una serie di quadri con questo soggetto, dove il fondo del dipinto è stato ottenuto da una miscela di vernice e cenere.

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Infine, l’ultimo artista del percorso n° 2 è Claudio Gualandi. Ci accoglie a casa sua, dove si trova anche il suo studio di grafica dal lontano 1982 in una delle due stanze adibite al suo lavoro. Nell’altra stanza, la “Wunderkammer”, la camera delle idee, regnano i manichini di cera, sui quali Claudio e sua moglie hanno pure scritto un libro. Ma non siamo qui per questo perché Claudio, da svariati anni si occupa di illustrazione. Ci spiega come lavora: “prima disegno perfettamente il soggetto, di solito monumenti, (ho iniziato con un’illustrazione del Castello Estense per i 500 anni di Biagio Rossetti!), poi mi documento su cosa poteva esserci nel periodo storico che voglio rappresentare, e dopo riempio il disegno con i personaggi che preferisco. Mi chiamano il pittore di corte”.
Ci mostra le sue tavole realizzate per un’agenzia di matrimoni di San Marino e le borse realizzate per la ditta Felisi. Infine, ci mostra la tecnica che utilizza più spesso: ritaglia foto che poi assembla, sul tavolo luminoso inizia a disegnarle e infine il disegno viene scannerizzato e modificato con Photoshop. Mentre Claudio parla sua moglie Linda offre gentilmente a tutti bicchieri d’acqua frizzante. Fine del percorso.

Decido di rimanere a Ferrara anche il pomeriggio, così, dopo una pausa pranzo, ritorno alla biglietteria dove alle 16.30 inizierà il percorso numero 3. Questa volta le nostre guide sono un ragazzo e una ragazza e il gruppo è un pò più numeroso. 

La prima artista di questo tour è Barbara Pellandra, proprietaria del negozio “Alba Art Interior Design”. Barbara produce lampade e lampadari di ogni tipo, soprammobili e vasi, ma personalizza anche mobili. Sette anni fa, quasi per gioco, prende in mano un foglio di plexiglass e pensa a cosa potrebbe farne, e da lì nasce la sua attività. Ora riesce a lavorare cinque tipi di plexiglass differente. I suoi pezzi sono unici e il suo strumento di lavoro è un phon da carrozzaio capace di scaldare fino a 660° per modellare il materiale. Tutte le sue creazioni hanno forme morbide, piuttosto che geometriche.

Il secondo artista è un pò distante, per questo mi prendo dietro la mia Graziella. Dopo un pò arriviamo nel rifugio di Franco Antolini, più che un artista un artigiano, più precisamente uno dei restauratori più bravi del nostro territorio. Franco ci dice che il 90% del suo lavoro avviene sulla carta, ma a volte restaura anche paraventi, ventagli e globi. Ultimamente si sta occupando di restaurare un volumetto del Settecento, e ci spiega che i libri vengono puliti foglio a foglio con una speciale gomma, poi vengono lavati in vasche che eliminano le sostanze chimiche acide che hanno contribuito a far diventare le pagine di quel fastidioso colore giallino. Ci racconta di uno dei suoi ultimi lavori, ovvero il restauro dell’Orlando Furioso: “…il Signor Ariosto a quanto pare aveva usato inchiostro economico che aveva persino perforato la carta, così è stato effettuato un lavoro di deacidificazione”. Ormai però è giunto il momento di dirigerci dal terzo artista, perciò salutiamo l’affascinante atelier di Franco ed arriviamo a casa di Marcello Carrà. 

Marcello ci racconta essere un ingegnere la mattina e un artista il pomeriggio. I suoi disegni sono di grande formato e di solito sono animali, soprattutto insetti. Da una settimana sta disegnando un grillo campestre. Ciò che colpisce è però la sua tecnica: una penna bic. Ci dice che gli piacciono molto gli insetti e per disegnarli perfettamente utilizza foto, ma anche video. Gli piace dar rilievo ai dettagli, ecco perché predilige gli insetti, per noi sono piccolissimi. A volte, dice, “per disegnarli mi immergo nella loro vita e penso anche a quale possa essere la causa della loro morte”. Nei suoi disegni prima stende l’insieme, e il chiaro scuro alla fine, per armonizzare il tutto. Prima di salutare anche Carrà, portiamo via tre cartoline con i suoi disegni, lasciate a disposizione dei visitatori. 

Foto di Andrea Bighi

È giunto il momento dell’ultimo artista, arriviamo così a casa di Chiara Sgarbi. Ciò che colpisce subito è il giardino, ornato da un prugno e da un bellissimo arbusto con fiori dalle tonalità rosa. Chiara si racconta un po’: restauratrice per vent’anni, poi illustratrice e scrittrice di libri per bambini. Oggi però vuole mostrarci la sua tecnica artistica preferita: il collage. “Prendo giornali e riviste che vanno dalla fine dell’Ottocento alla fine degli anni Sessanta – ci spiega – che compro ai mercatini, e cannibalizzo. Il mio lavoro è fatto di improvvisazione perché passo ore a sfogliare per farmi venire un’idea con quel che trovo. Tutto questo è molto emozionante perché non so mai dove vada a finire la storia”. I suoi lavori tendono al surreale e all’improbabile. L’ultimo lavoro, non ancora ultimato si chiama, “Il prigioniero” e si tratta di due gemelli che sorvegliano un essere, che ancora non ha immaginato cosa sarà. 

Il bacio, Chiara Sgarbi

Finito anche questo percorso è tempo di riprendere la mia bici. Cardini si è rivelato essere un bellissimo evento: aprire per qualche ora le porte di questi studi ha permesso a tanti di conoscere artisti importanti e scoprire nuovi mondi, luoghi che magari abbiamo sempre avuto sotto il naso in qualche angolo della città, ma che non abbiamo mai osservato veramente. 

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