È sempre un po’ come una frustata. Il telefono che squilla, lo schermo che s’illumina e la notizia che non avresti voluto leggere si materializza sullo schermo, in quel formato odioso di una chat spersonalizzante che si erge a Hermes della contemporaneità.
All’alba di un’età rinchiusa tra due simboli dell’infinito, nelle prime ore di un venerdì di nebbia, Mario Piva ha salutato la sua amata Ferrara.
Di lui, si è detto tanto. Imprenditore di successo il cui nome echeggia nella memoria di tanti come fondatore della Stayer, nota fabbrica di utensileria elettrica aperta verso la fine degli anni ’50, Piva ha saputo, seguendo un personale percorso di crescita creativa, reinventare la sua persona convogliando il suo impeto e le sue passioni nell’universo artistico della scultura.
Me lo immagino, mentre cammina tra le opere della sua Collezione, aperta nei primi 2000 con il sostegno e l’affetto della nipote Laura, giornalista e art-director, nei pressi dell’ex Caserma Pozzoli del Friuli, in un silenzio che sa di legno, di creta e d’amore, in quella condizione sacrale incomprensibile a tutti i profani dell’arte. La simbiosi perfetta dell’artefice con la superficie e l’anima della sua creazione.
Rivedo il suo sorriso, quello che tutti descrivono quando si capita sull’argomento. E le sue cravatte. Mai senza!
Cammina, il Maestro Piva, tra seicento opere di cui conosce ogni segreto, tra corpi che si abbracciano e contorcono in un turbinio di forme che invitano a voltarsi verso il susseguirsi di rappresentazioni geometriche.
E io cammino, penso e scrivo, mi perdo un po’ tra le vie del centro e scorgo quel cavallo, scacco alla memoria che si dissipa, immobile nei suoi due metri e mezzo d’imponenza ramata, al centro dell’asse via Kennedy – via Bologna. Tante, sono le opere di Piva che costellano la nostra città e che hanno fatto il giro dei poli museali europei: in quarant’anni di frenetica e prolifica attività artistica, lo “scultore-industriale” ha incantato non solo il panorama che gli ha dato i natali, bensì anche numerosi altri luoghi da cui oggi giungono omaggi alla memoria.
Interprete magistrale di uno sguardo in perpetua evoluzione, autore di un abbraccio simbolico che ci sovrasta nel cuore del giardino di Palazzo Massari, Piva ci lascia oggi con l’amaro di una notizia che giunge troppo presto.
Gli artisti, però, hanno sempre quel potere. Quello di restare immortali nel cuore di chi ha attraversato, anche solo sfiorandola, la loro strada. E credo che sarà così anche per lui, per quell’uomo dai folti capelli bianchi che ha viaggiato nel tempo e nelle sue forme per giungere alla sintesi, che aveva negli occhi il brio caratteristico dell’anima dell’arte.
Arrivederci, Maestro Piva.