Futuro Anteriore, la nuova produzione di Ferrara Off, andrà finalmente in scena per la prima nazionale sabato 23 e domenica 24 nella sede di via Alfonso d’Este. Nella presentazione dello spettacolo si legge che “sarà uno spettacolo sul futuro. Un futuro senza spade laser, alieni e tute spaziali, ma con girelli, apparecchi acustici e reumatismi. Partendo dall’idea che una vecchiaia diversa è possibile, lo spettacolo si propone di immaginare prospettive di terza età alternative, con anziani fuori dalle case di riposo, non più ai margini della società, né ai confini con la realtà”. Non si può svelare molto a parte il nome degli attori, Matilde Buzzoni, Matilde Vigna, Gloria Giacopini e Antonio Anzilotti De Nitto, del regista Giulio Costa e della drammaturga Margherita Mauro. Abbiamo comunque incontrato Giulio e Margherita per farci raccontare non tanto lo spettacolo ma come si è lavorato per prepararlo.
Dato che la soglia di attenzione nella lettura di articoli si è abbassata moltissimo vi faccio all’inizio la domanda che solitamente si fa alla fine. Perché venire a vedere Futuro Anteriore?
Margherita: Perché ci riguarda tutti e perché è un tema che sta diventando urgente anche se non se ne parla. In Italia la popolazione sta invecchiando, si sta alzando l’età media e se pensiamo anche solo alla pensione capiamo che è un problema. Dovremmo iniziare ad occuparcene come società.
Qual è stato l’abbrivio che ha dato il via a Futuro Anteriore?
Margherita: Era da un po’ che ragionavo sulla mia vecchiaia perché ho una nonna che è caduta varie volte ed è ora sulla sedia a rotelle in una casa di riposo perché a casa non era più gestibile. Inoltre ha qualche problema di memoria anche se gestibile. Ha più di novant’anni e quando vado a trovarla, dice a me o a mia madre “sono stufa, non ne posso più, aiutatemi”. Questa può anche essere una cosa momentanea dovuta ai dolori per cui nonostante stia bene e non abbia nessuna malattia è una condizione abbastanza penosa. Con mia madre ogni volta tornando a casa ragioniamo dicendo che questa situazione potrebbe tranquillamente andare avanti per dieci\quindici anni. Allora mi chiedo come sarebbe vivere non fino novanta ma a centocinque anni. Questa è stata una cosa che mi ha angosciato nell’ultimo anno e parlandone con Giulio è nata l’idea dello spettacolo.
Giulio: È anche venuto spontaneo rispetto a un lavoro precedente che abbiamo fatto insieme. Il titolo era Ma cosa mi balena in mente e metteva in relazione l’evoluzione delle balene e la crescita di un adolescente. Finito quello spettacolo, quasi come scherzo, era venuta l’idea di trattare un’altra specie, i dinosauri. Ci siamo anche detti che sarebbe stato bello farli interpretare da degli anziani. Da lì è nata l’idea di dedicarci al tema dell’invecchiamento. Poi, in relazione al bando della SIAE che abbiamo vinto (S’illumina) è nata l’idea di non focalizzarsi sull’invecchiamento in se ma sullo sguardo di chi è giovane e probabilmente si sente lontanissimo dall’invecchiamento. Avevamo in mente un fine sociale per arrivare tutti quanti a porci delle domande, non solo noi che facciamo lo spettacolo. Quindi qual è il modo in cui si vuole invecchiare? Che ruolo possono avere gli anziani all’interno di una società? Noi all’inizio ci eravamo detti che speravamo fosse uno spettacolo rivoluzionario non tanto nel senso provocatorio del termine ma nel senso di riuscire a smuovere dei pensieri profondi.
Come vi siete formati per preparare lo spettacolo?
Margherita: Abbiamo letto molto. Testi medici, scientifici, filosofici, romanzi. Un paio di titoli di rifermento sono “Essere mortale” di Atul Gawande edito da Einaudi e…
Giulio: …“La forza del carattere” di James Hillman, molto bello perché è come se provasse ad affermare l’idea che nella terza età il carattere di una persona trovi compimento. Quindi, visto che siamo partiti dalla riflessione dolorosa di non sapere come accettare una vecchiaia lunga e inerte, metterla a confronto con autori che hanno scritto testi anche in età avanzata parlando anche di un raggiungimento di qualcosa. Abbiamo fatto degli incontri con il personale dell’Asp, il nucleo delle demenze, e anche da li è venuto fuori il discorso che tutte le persone in una qualsiasi età e in qualsiasi condizione hanno un’idea di futuro. Essendo lo spettacolo chiamato Futuro Anteriore, è chiaro che ci si interroga sul futuro che hai nella tua età però devi anche metterlo in relazione ad altre età. Quindi come cambia il futuro? Come cambia la percezione di sé e quella degli altri? Abbiamo anche visto molti film e ascoltato canzoni. Facevamo dei training per gli attori con i video di riscaldamento della ginnastica per anziani. Questo per vedere le loro movenze, per capire le loro difficoltà e vedere che fanno anche cose iper impegnative. È stato molto interessante.
Tutto questo è riportato nel Blog che pare essere anche una sorta di canovaccio del lavoro…
Margherita: Aver vinto il bando SIAE ha permesso dei tempi di lavoro e di ricerca che normalmente non ci si concede. Abbiamo avuto una prima sessione di lavoro a giugno, una seconda a settembre, un’altra a dicembre e l’ultima ora prima del debutto. Potersi trovare e indagare insieme è stata una ricchezza rara. Il blog è stato una sorta di diario di quello che è stato fatto. C’è stato tanto lavoro di accumulo che, all’apparenza, poteva non sembrare utile alla creazione dello spettacolo ma ci ha consentito una grande ricerca.
Giulio: Infatti, una cosa che abbiamo notato è come sia cambiata la nostra percezione rispetto al tema. Nel corso dei mesi si è andata modificando sempre più proprio perché ci siamo trovati a indagare tantissimi punti di vista, tantissime storie relative all’anzianità tentando di mettere a fuoco cosa era necessario rimanesse qualcosa di narrato, qualcosa di agito, qualcosa di vissuto e, come diceva giustamente Margherita, era fatto perché gli attori sentissero dentro di se tutte queste sfaccettature provando a essere figli, genitori, nipoti, OSS, medici. Abbiamo provato ad esplorare tutto quello che parla di anzianità.
Che tipo di lavoro avete fatto con degli attori giovani che devono interpretare degli anziani?
Giulio: Abbiamo lavorato facendo tantissima improvvisazione cercando di ascoltare il punto di vista degli attori. Non volevamo fosse una storia relativa a Margherita o a me ma fosse qualcosa di più universale o perlomeno dal punto di vista di un’età. Siamo partiti chiedendo loro di portare degli oggetti relativi alle persone anziane che conoscevano, portare delle fotografie con loro stessi invecchiati per descrivere come si vedono e immaginano nella vecchiaia. La difficoltà era quella di mettere in campo tante cose e trovare una sintesi che non tradisse questi punti di vista. Il primo dei quali ad essere diverso era il mio. Essendo io più grande di loro di qualche anno sentivo una differenza nell’approccio agli anziani. Molti di loro si trovano a dover sentire adesso la perdita dei nonni mentre io sono più vicino a sentire un invecchiamento dei genitori. Questo ha fatto emergere la necessità di relativizzare il proprio pensiero in base all’età. Ed è stato uno dei grandi temi che abbiamo affrontato.
Sempre nel blog proponete il cambio di paradigma dalla classica domanda “Cosa voglio fare da grande” a “come voglio vivere da vecchio”, perché?
Margherita: Credo che di questi tempi la domanda cosa voglio fare da grande possa essere pericolosa. Non è più così vero che una persona possa andare a fare quello che vuole almenochè non sia estremamente talentuosa o abbia alle spalle una famiglia che lo supporti. Devono esserci delle condizioni particolari. Per cui credo che non sia più una domanda attuale. Forse per l’età che ho la domanda che sento ora è che genere di vita voglio, come voglio vivere. E questo non soltanto per la vecchiaia.
Giulio: Forse, nel corso dei mesi, la domanda si è modificata in “cosa voglio diventare invecchiando”. Per me è diventato un gerundio perché in fondo le fasi dell’invecchiamento sono infinite. Una delle domande in cui ci siamo imbattuti in quasi tutti i libri è la difficoltà di dire quando inizia la vecchiaia. Non c’è un’età. Era quindi molto interessante relativizzare la parola vecchio e tenerla come movimento costante impossibile da non accettare perché fa parte della costituzione della vita.
In questo momento storico viviamo un rifiuto della vecchiaia e un continuo allargarsi dell’età giovane tanti che ormai i bandi riservati ai giovani sono under 35…
Margherita: Abbiamo lavorato su questo insieme agli attori. Tra l’altro questa è una cosa specifica italiana. Mi è capitato, in un ristorante di Ferrara, di trovarmi al tavolo al lato un gruppo di anziani vestiti con un estetica molto più giovanile della mia. Anche per questo uno dei temi su cui abbiamo fatto molta improvvisazione è stato proprio la battaglia all’invecchiamento, l’antiage, il continuo imbattersi in decaloghi su cosa mangiare e cosa fare per evitare l’invecchiamento. Che poi in fondo è l’elisir dell’eterna giovinezza che si rincorre da secoli.
Giulio: Non si lascia essere adulti e non si accetta che i vecchi invecchino. Una frase che a me è sempre rimasta in mente dei testi che abbiamo letto è quella che rispetto alla vecchiaia o ci si oppone con tutte le proprie forze oppure ci si sente vecchi prima del temo. È comunque un problema. Non è una cosa con cui imparare a convivere. Durante le improvvisazione abbiamo chiesto agli attori per quale motivo prendere l’elisir di eterna giovinezza e nessuno dei quattro al termine dell’improvvisazione è arrivato a prendere questo elisir. Nessuno ha accettato di rimanere eternamente giovane. Quindi, sotto pelle, pare esserci comunque il desiderio di invecchiare a prescindere dalle conseguenze.
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