Le luci della nuova libreria Altrove rischiarano da qualche settimana una buia e silente via Aldighieri, proiettando i passanti che sbirciano tra le vetrine in quello che appare come un salotto elegante di qualche decennio fa: scaffali ordinati, colori caldi, qualche poltrona imbottita e un morbido divanetto damascato. Incontro i giovanissimi librai nonché proprietari pochi giorni dopo la festa di inaugurazione, evento che ha avuto un successo eclatante, pensate che le persone erano in fila fuori dalla porta per avere la possibilità di curiosare all’interno di questa nuova realtà culturale cittadina.
Matteo e Prisca hanno origini venete e lavorano già da molti anni in ambito editoriale-letterario come editor, agenti letterari, scrittori, direttori editoriali, traduttori e curano addirittura una propria casa editrice, che ha un nome bellissimo: Adiaphora (in filosofia, si chiamano adiaphora le azioni che non sono né imposte né proibite: quelle che stanno… altrove, potremmo dire).
Con la loro libreria vogliono contribuire a riempire un importante vuoto in città: “Esiste una libreria indipendente per bambini, a Ferrara. Noi vogliamo creare un progetto che abbia come obiettivo assoluto la qualità dell’offerta culturale e che possa invece soddisfare i desideri di un pubblico di ragazzi e adulti” mi spiega Prisca. Mentre parliamo le vie attorno alla libreria si animano: signore a braccetto che tornano a casa con la spesa, ragazzi che tornano dagli allenamenti, non manca qualche signore col cane a passeggio: una diapositiva di vita cittadina. Tutti sono incuriositi dalle luci, si avvicinano un po’ guardinghi ma poi tanti si lasciano attirare nel negozio, dove Matteo li accoglie con il suo garbo.
Questo locale in una viuzza traversa di via Garibaldi l’hanno trovato un po’ per caso. Pare che inizialmente, anni e anni fa, queste stanze ospitassero una libreria comunista, poi un negozio di mobili e arredamenti, poi ancora un mercatino dell’usato ma era da qualche tempo che i locali erano tristemente vuoti, spogliati della loro utilità: “ci piace pensare di aver mosso i primi passi per rinnovare questo locale e questo quartiere. Ferrara si è un po’ lasciata andare negli ultimi decenni…”. Prisca ricorda la meraviglia con cui guardava la città quando era piccola e veniva con i genitori in centro: “via Garibaldi aveva i più bei negozi, assieme a via San Romano. Ora invece queste due vie vivono una certa decadenza, meno gente che le rende vive e si notano troppe serrande abbassate, purtroppo. Mi piacerebbe contribuire a far rifiorire questa zona”.
Non fatico a immaginare questo quartiere in un’epoca più fiorente, più vitale. Personalmente ho sempre sentito via Garibaldi come custode di un fascino elegante, una grandezza un po’ fâné, ma forse per questo più autentica: la bianca facciata di Palazzo Bentivoglio ne è il simbolo. Ci sono però segnali positivi da parte dei ferraresi che fanno ben sperare: la grande partecipazione verso i nuovi eventi, l’intraprendenza di nuovi imprenditori che scelgono di puntare sulla cultura, l’entusiasmo dei più giovani che stanno ridando vita alla città a partire da piccoli grandi progetti. In tutto ciò si intravede una nuova fiducia, una rinnovata consapevolezza perché le persone stanno tornando a essere curiose.
Ciò che caratterizza una libreria indipendente, tra le altre cose, è l’approccio al prodotto venduto. Qui non troverete milioni di libri assiepati uno contro l’altro, né centinaia di scaffali zeppi di volumi, così strozzati che tendono ad agglomerarsi in un tutto anonimo e indistinto. Troverete invece una selezione accurata di testi scelti per il loro valore artistico, per l’originalità, per i temi che trattano e per la forza identitaria della casa editrice che li pubblica.
La missione del progetto è di differenziarsi rispetto alle grandi catene di distribuzione editoriale, distaccarsi dalla filosofia degli ipermercati del libro, con quel senso di spaesamento e freddezza che li accompagna talvolta. Qui riscopriamo la figura del libraio, il cui ruolo va ben oltre l’essere un commesso incaricato di vendere libri. Si tratta di un mestiere antico e in verità anche complesso perché oltre all’ovvia passione per la lettura bisogna possedere grande memoria, empatia e senso di vicinanza con gli aspiranti lettori che varcano la porta: per aiutarli nella giusta scelta di un testo il libraio deve essere in grado di capire in quale altrove il lettore vorrebbe essere trasportato.
Chiedo a Matteo di accompagnarmi tra gli scaffali, mi racconta che spesso preferiscono mettere in vendita libri di piccole case editrici, talvolta lontane dai circuiti editoriali di massa. Per citarne qualcuna: ABEditore che pubblica racconti classici con un’attenzione estrema al design della copertina, La Nuova Frontiera, specializzata in opere in lingua catalana, La Corte Editore che si occupa di thriller italiano, Providence Press pubblica traduzioni di weird tales, soprattutto dei primi decenni del 1900 e poi ancora la casa editrice Pidgin, i cui libri spesso sono scritti da autori sud africani emigrati all’estero, White Star che pubblica bellissimi libri fotografici con accompagnamento di testi, Black Coffee traduce opere nord americane, ispirate al movimento beat ma non solo, poi ancora la AUT, Fila37, Iperborea, Marcos y Marcos…. È stupefacente ascoltare Matteo e intravedere piccoli scorci di nuovi mondi potenziali, tutti da esplorare. È grazie al lavoro di cernita di Matteo e Prisca che noi lettori possiamo scoprire opere che altrimenti non avremmo avuto modo di conoscere: il mondo editoriale attuale è così prolifico che siamo sommersi da decine e decine di nuovi titoli in uscita ogni mese, rischiando di sentirci sopraffatti (per un lettore non c’è cosa peggiore – o migliore? – che sapere di avere a disposizione un numero infinto di libri e una sola vita per leggerli). Mi piace l’idea di avere una guida che mi accompagna alla scoperta di perle nascoste, per spingermi oltre le scelte ovvie e meno ricercate che farei. È un gioco educativo quello di lasciarsi sorprendere e accettare consigli altrui, fidandosi dell’opinione di chi si prende il tempo per capire chi sei e cosa ti piace.
Da figlia di un tipografo, sento sempre la necessità fisica di toccare il libro, soppesarlo, sentire la carta con i polpastrelli, comparare i formati e le rilegature, al tempo stesso ne approfitto per leggere qualche quarta di copertina “Sai che hanno appena pubblicato la primissima versione di Frankenstein di Mary Shelley? Quella non censurata, del 1818?” mi dice Prisca. (Spoiler: il giorno dopo non posso fare a meno di tornare in libreria a comprare proprio questo libro). Oltre alla canonica attività di vendita di libri, Prisca e Matteo stanno organizzando un nutrito programma di incontri, presentazioni di nuove uscite editoriali, gruppi di lettura, corsi di scrittura creativa “e, perché no, in futuro anche corsi di critica letteraria” mi dicono. Per scoprirli seguite l’agenda eventi di Filo dove vengono segnalati tutti gli appuntamenti.
Mi rimane un ultimo dubbio: come mai il nome, Libreria Altrove? Prisca mi spiega che è una parola emblematica di ciò che per lei sono i libri. Sono il sipario fisico e metafisico tra il quotidiano e il luogo in cui la mente viaggia mentre leggiamo: che sia rifugio prediletto, fuga dal presente, fame di conoscenza e sapere, voglia di emozioni, bisogno di evasione, necessità di sognare. L’altrove è anche quel luogo speciale dell’essere umano, dentro di noi, dove si depositano e si trasformano in nutrimento le letture che ci fanno vivere e che accumuliamo nel tempo come frammenti preziosi. Ogni volta che ci addentriamo tra le parole di un libro la mente si libra, entra in un’altra dimensione e vaga, ricevendo in cambio un senso di calore interiore gioioso e profondo. Mentre li saluto, penso a quella frase di Pirandello che ne Il Fu Mattia Pascal dice “i libri pesano tanto: eppure, chi se ne ciba e se li mette in corpo, vive tra le nuvole”.
Nel proprio altrove, appunto.