Nell’era di Black Mirror, che sta disegnando i fantomatici contorni di un futuro dominato da un tecnologico egocentrismo, ho visto un film terribile. Si tratta di un film documentario sulle dinamiche di Instagram e dei suoi influencer. Un piano sequenza sulle intollerabili evoluzioni di un sistema che, oggi, vede ragazzini di diciassette, vent’anni al massimo, guadagnare fino a 5.000 euro per postare una fotografia indossando o utilizzando un dato prodotto.
Sono stata davvero male chiedendomi dove stiamo andando a finire, precipitando in questo ossimoro di sudditanza indifferente. Poi mi sono ricordata che la mia è una cerchia di amici un po’ insolita, che ancora crede in certi valori vintage; ho chiesto un appuntamento e il giorno dopo ero al S.A.V (Servizio accoglienza alla vita) di Ferrara con Claudia, a cercare di mettere sull’altro piatto della bilancia qualcosa di davvero consistente che mi permettesse di tornare almeno a pari con quei visini truccati da pubblicità.
Nel 2019 sono trent’anni che il S.A.V opera sul nostro territorio aiutando mamme e piccoli nuclei famigliari a garantire l’indispensabile ai propri figli grazie ad un nutrito gruppo di volontarie, tante donazioni, qualche colletta ed il banco alimentare. Oggi, sotto la presidenza di Maria Chiara Lega, il S.A.V aiuta quasi 300 famiglie all’anno a superare momenti terribili mantenendo il sorriso sulla bocca dei loro bambini.
Io e Claudia incontriamo la vicepresidente Laura Antolini nella sede di via Arginone 179, un’accogliente palazzina che ospita anche un asilo nido. Ordinatissime scatole trasparenti, da terra al soffitto, contengono vestitini donati; passeggini, giochi, e poi scarpine. Sembra un piccolo villaggio di Babbo Natale, ordinatissimo e profumato.
I centri S.A.V nascono per l’opinabile motivo di fornire un’alternativa all’aborto.
– In condizioni di estremo disagio economico, quando subentra il complicato dubbio sulle possibilità di garantire un futuro dignitoso alla creatura, vengono tuttora attivati i Progetti Gemma fino al primo anno di età del bambino; si tratta di un progetto d’aiuto a 360 gradi destinato alle giovani mamme in serie difficoltà – ci spiega Laura. Negli anni, l’obiettivo primario del centro è diventato quello di fornire assistenza alle mamme, o ai piccoli nuclei familiari con minori a carico, con criticità economiche certificate, mentre i Progetti Gemma rimangono uno, massimo un paio, per anno.
Il S.A.V garantisce dai beni di prima necessità e giochi, al sostegno psicologico fino alla sistemazione in casa d’accoglienza per le mamme sole in situazioni molto complesse.
– Non ci sono distinzioni, – mi racconta Laura – gli aiuti vengono erogati a famiglie e madri di qualsiasi provenienza, anche quando non posseggono permessi di soggiorno, laddove i servizi sociali non possono intervenire -. Una nuova vita non può subire le conseguenze dei ritardi burocratici di un paese, e nemmeno della storia di chi ha scelto di metterla al mondo.
E sono proprio le storie a farci sentire sempre più coinvolte nel lavoro del S.A.V. Laura mi presenta Arlette che, entrando, passa in rassegna tutte le volontarie abbracciandole con familiarità. Il sorriso tenero di Arlette arriva in Italia diversi anni fa dal Camerun, con un visto per studio; così la giovane si laurea in Lingue e Letterature Moderne nella nostra Università cittadina e si iscrive alla specialistica nel 2014, poco prima di accorgersi di essere rimasta incinta. La sua padronanza della lingua italiana è incredibile, potrei dire senza dubbio migliore di quella che vanta una buona percentuale degli utenti di Facebook. Arlette si trova a dover fare i conti con il fatto che l’alloggio studentesco non potrà più ospitarla assieme alla sua bambina, tenta un approccio con i servizi sociali che non si rivela funzionale finché non interviene proprio una volontaria del S.A.V. La ragazza ed il suo compagno ottengono un appartamento con qualche agevolazione intanto che lei, partorita la piccola Yonda, cerca un’occupazione. L’essere madre non la agevola nella sua ricerca ma riesce comunque a garantirsi alcuni lavoretti a tempo deterninato.
– Mi sono trovata ad avere molte difficoltà in alcuni periodi e a non riuscire a pagare l’affitto. Il proprietario di casa è sempre stato così gentile con me da darmi la possibilità di dilazionare o ritardare i pagamenti ma i servizi sociali non potevano aiutarmi perché non rappresentavo un’emergenza. Ho sempre preferito essere onesta e quindi non sono mai rientrata nelle emergenze – mi racconta Arlette con una punta di soddisfazione nonostante tutte le difficoltà. Rientrare nell’emergenza significa essere cacciati, risultare in strada con un minore, ed il percorso più facile pare essere quello di non pagare l’affitto, attendere lo sfratto e ricevere la considerazione dei servizi sociali; Arlette non ha mai smesso di preferire il sentiero più complesso che è anche quello che intraprendono le persone oneste. Con l’aiuto del S.A.V, oggi Arlette è in casa d’accoglienza con la sua piccola Yonda e speriamo che riprenda la magistrale.
Poi entra Bruna, muovendosi sempre in un ambiente familiare.
Laura spiega: – Bruna è sicuramente una delle situazioni più complesse che abbiamo mai affrontato ottenendo un risultato incredibile. Questa ragazza ha avuto la forza di rendersi autonoma al 100% in pochissimo tempo e ora stiamo solo aspettando che si concluda una piccola odissea burocratica -. Bruna arriva dall’Albania, passando per Torino dove non è riuscita a costruirsi una nuova vita; è scappata con Enza nella sua pancia, senza sapere una parola di italiano, per ritrovarsi spaventata nella nostra città. Il S.A.V ha accolto la ragazza con diversi problemi di salute e tutte le solite tremende difficoltà. – Sembrava un pulcino, si teneva stretta la pancia perché Enza è sempre stata la cosa più importante per lei – racconta Laura. Bruna oggi parla bene italiano, fa tre lavori, ha concluso un percorso sanitario ed è in casa di accoglienza solo fino alla risoluzione di alcune questioni burocratiche che tardano a regolarsi. – Ho sempre avuto solo bisogno che Enza stesse bene. Quando la vedo oggi che gioca, che non ha problema, ancora non ci credo. Grazie al S.A.V che ci ha tanto aiutate, – spiega Enza – e pensa che ieri le ho detto che deve scegliere un po’ di giochi perché gli altri dobbiamo riportarli qui al S.A.V per gli altri bambini; lei mi ha detto che va benissimo ma che vuole venire anche lei a portarli. Se sa che oggi sono qui da sola si arrabbia!
Queste sono le storie che il S.A.V contribuisce a cambiare. Famiglie e mamme di qualsiasi provenienza, anche tante italiane, specchio di un’epoca in cuisi stanno perdendo valori fondamentali mentre aumentano esponenzialmente le difficoltà. Il dato positivo è che nel 2018 sono state aiutate più di 700 persone, grazie alle volontarie ma anche alla generosità dei tanti concittadini che donano con costanza al centro: è possibile regalare giochi, abbigliamento per l’infanzia e premaman, e contribuire alle collette alimentari che il S.A.V organizza di tanto in tanto.
Sarebbe bello, in un mondo perfetto, che nessuna mamma dovesse scappare e rimanere sola davanti a queste difficoltà. Sarebbe bello che questi piccolissimi occhietti furbi, che vediamo in sala d’aspetto uscendo dal S.A.V non dovessero fare i conti con la storia di chi li ha preceduti. Sarebbe utile potersi sentire un po’ nei panni degli altri, quelli scomodi e freddi di chi pensa solo a come salvare la vita che porta in grembo. Salutiamo Laura, Bruna, Arlette e le volontarie con il sorriso disteso di chi ha visto una storia a lieto fine. La mia bilancia pende di nuovo dalla parte giusta. Ma chissà come si deve stare bene quando si è davvero partecipi e determinanti in questa bella storia.
1 commento
Bellissimo articolo ,!!!
Commovente.