Nella visione comune si è abituati a pensare alla danza come movimento esteticamente bello effettuato da un corpo che segue determinati canoni estetici. Solitamente salgono sul palco ballerine e ballerini magri, a volte troppo, con corpi atletici che ricercano il virtuosismo e la bellezza nello spingersi oltre i limiti fisici. Alla Sala Estense, per l’ultimo appuntamento di questa stagione della rassegna La Società a Teatro, si è invece potuto assistere a una performance che ribalta questa visione. R.osa – 10 esercizi per nuovi virtuosismi, interpretato da Claudia Marsicano con la coreografia di Silvia Gribaudi, porta in scena la bellezza che prevarica i canoni precostituiti attraverso uno spettacolo che non può e non deve essere ridotto alla sua vena comica. La bellezza e il virtuosismo, come spiega al termine la stessa Marsicano, non vengono ricercati mettendo in primo piano il movimento e forzando il corpo a farlo. Il processo con cui si è arrivati alla performance è diametralmente opposto, viene messo al centro il corpo boteriano della protagonista e il movimento si sviluppa di conseguenza sfruttando le sue fattezze e le sue abilità. Non è un caso se nel 2017 questo spettacolo è arrivato finalista ai premi Ubu (il riconoscimento più importante nel teatro italiano, ndr) mentre la protagonista ha vinto, sempre agli Ubu, il premio come migliore attrice under 35 ex-aequo con Serena Balivo.
Le luci, disegnate da Leonardo Benetollo, conferiscono profondità al palco e lasciano gli spettatori illuminati e inizialmente inconsapevoli co-protagonisti dello spettacolo. Claudia Marsicano entra in scena con un body color turchese e dopo pochi passi inizia l’interpretazione di Jolene di Dolly Parton. La scena è vuota e a riempirla sono solamente lei e la sua potenza scenica. Evocati gli anni settanta con questo brano si passa a rivivere gli anni ottanta quando Jane Fonda rivoluziona il mondo del fitness. Tutto il pubblico in piedi segue la protagonista che, in un inglese madrelingua, propone una parodia delle videocassette davanti alle quali milioni di persone hanno provato a scolpire il proprio fisico cercando di raggiungere quella bellezza canonica che ancora oggi perseguita. La forza e l’esuberanza con la quale vengono proposti questi passi è dirompente. Una forza della natura si abbatte sulla Sala Estense creando una connessione col pubblico incapace di sciogliersi anche dopo essere tornati comodamente seduti sulle proprie poltrone. Segue la ritualità dello stretching che precede le piroette e la sillabazione movimentata col corpo delle parole preferite in italiano (rombo, opuscolo, forchetta). Tre parole che nessuno si aspetta quando, un attimo prima di pronunciarle, Marsicano chiede agli spettatori di pensare la propria parola preferita in italiano. A nessuno è stato chiesto di esplicitare la propria ma chiunque si sarà trovato spiazzato da queste tre scelte che sovvertono oralmente oltre che fisicamente quei canoni contro i quali si scaglia R.osa. Una pantomima facciale coreografa una delle ultime proposte musicali, Toxic di Britney Spears, lasciando il compito alla plasticità di ogni singolo muscolo del viso di Claudia di seguire il ritmo della melodia. Una prova di enorme difficoltà, un vero e proprio virtuosismo capace di scovare la bellezza in quei piccoli movimenti relegati spesso nell’alveo del ridicolo.
Tra il pubblico sicuramente ci sarà stato qualcuno che alla domanda sulla propria parola preferita avrà pensato a rivoluzione. Un termine che descrive perfettamente lo spettacolo. Nelle note di regia si legge che in “R.OSA è in atto una rivoluzione del corpo, che si ribella alla gravità e mostra la sua levità”. Portare in scena corpi canonicamente difformi è di per sé un atto rivoluzionario inteso come atto di forza, un mutamento radicale che, se non fosse accompagnato da un’indagine di lunga data come quella di Silvia Grimaudi, rischierebbe di diventare farsesco. Come spiega infatti Claudia Marsicano al termine dello spettacolo alcuni esercizi come il ponte, che essendo in locandina tutti si aspettano, sono stati tolti proprio per evitare la sua trasformazione in un “fenomeno da baraccone”. La proposta a cui ci si trova di fronte non si limita a una derisione della ricerca di una bellezza che tende all’omologazione. Anzi, questo aspetto è, se non assente, perlomeno secondario all’interno della messa in scena. Ciò che si ricerca è la bellezza e il virtuosismo più puri, quelli visibili con gli occhi incontaminati di un bambino.
spettacolo di Silvia Gribaudi
finalista Premio UBU 2017 – Miglior spettacolo di danza 2017
finalista Premio Rete Critica 2017
in scena Claudia Marsicano
Premio UBU 2017 Nuova attrice/performer under 35
coreografia e regia Silvia Gribaudi
disegno luci Leonardo Benetollo
costumi Erica Sessa
consulenza artistica Antonio Rinaldi, Francesca Albanese, Giulia Galvan, Matteo Maffesanti
produzione Associazione Culturale Zebra, La Corte Ospitale, Silvia Gribaudi Performing Arts
co-produzione Santarcangelo Festival
con il supporto di: Qui e Ora Residenza Teatrale – Milano, Associazione Culturale
In collaborazione con: Armunia Centro di residenze artistiche – Castiglioncello / Festival Inequilibrio, AMAT– Ass. Marchigiana Attività Teatrali, Teatro delle Moire / Lachesi LAB – Milano, CSC Centro per la scena contemporanea – Bassano del Grappa.