Non è mai facile evitare le semplificazioni culturali e dribblare lo stereotipo, se l’oggetto della questione è una cultura diversa dalla nostra. In questo lembo di terra, Ferrara appunto, che per decenni, da piccola città provinciale di poco più di 130 mila abitanti, ha custodito all’interno della sua armatura una cultura molto ferrarese, italiana, scandita e influenzata solamente da flussi turistici di pochi giorni o poche settimane, qualcosa è cambiato.
La fitta cortina di nebbia che aleggia gran parte dell’anno sulla città ha permesso alla comunità cinese di insediarsi, nella zona dei grattacieli, poi altrove, acquistare appartamenti, prendere in gestione bar e negozi. E’ il settore dell’abbigliamento e prima ancora del bar e della ristorazione quello che ha impegnato intere famiglie di cinesi in città. E oggi è difficile non trovarsi in classe un bimbo cinese, ormai italiano, che parla con la C aspirata.
Così, quella “Fellàla” che fino a qualche tempo fa era così italiana, oggi inventa personalissime forme di condivisione italo-cinesi con l’intento di aumentare la sinergia tra diverse culture, anche spinta da un sempre maggiore interesse reciproco.
E’ dall’intraprendenza di sei giovani italo-cinesi che nasce l’idea, ormai sei anni fa, di fondare il Centro Interculturale Italo Cinese. “Visto che noi conoscevamo bene entrambe le culture e sapendo quali sono le difficoltà per un cinese catapultato in Italia, abbiamo deciso di cercare di dare una mano, e inoltre provare a condividere la cultura cinese con persone di altre culture per raccontare una visione della vita da una diversa prospettiva” mi racconta Cai Jin Presidente del Centro, nativo cinese ma cresciuto in Italia dall’età di dieci anni.
Lo incontro negli spazi del Centro. Lui non ha affatto la C aspirata, anzi, la sua cadenza è più ferrarese di tanti miei amici. E’ insegnante, ha una breve ma intensissima carriera universitaria e di ricerca alle spalle. Nell’arco di un paio d’ore mi racconta come l’Italia per il popolo cinese sia sinonimo di creatività, eleganza, bellezza e cultura. L’idea di emigrare dalla Cina viene da lontano ma non lontanissimo, quando negli Anni ’80, in Cina, si aprirono le prime opportunità di trasferirsi in Paesi esteri, per lavoro o per studio. Negli anni a seguire poi la Cina e i cinesi hanno visto crescere notevolmente anche l’interesse nei loro confronti, soprattutto da quando la Cina è divenuta una potenza mondiale.
Il Centro promuove numerose attività, workshop ed eventi di natura trasversale, accomunati dall’intento di fare integrazione e interscambio tra le diverse culture e lingue. Fornisce servizi di interpretariato, traduzioni e supporto burocratico da e per la Cina, organizza serate che mescolano ricorrenze italiane e cinesi, corsi di lingua e cultura cinese, cineforum, viaggi, il Capodanno Cinese e un programma radiofonico, “Lanterne Rosse”, all’interno della programmazione di Web Radio Giardino. Lezioni ed eventi sono aperti a tutti. Si cerca di mettere insieme aspetti della cultura alta con gli aspetti della cultura più popolare. Trasmettere e diffondere i valori su cui la società cinese è fondata, i valori confuciani solidali e comunitari, quali il senso del dovere, la disciplina, la coesione familiare e sociale, molto diversi dal modello di vita occidentale, fondato su una cultura marcatamente individualistica e competitiva.
Un modo, penso, per farci apprendere una parte di un mondo che non conosciamo e sfatare alcuni dei pregiudizi tipici dovuti allo scetticismo storico dell’Occidente: “i cinesi che portano via il lavoro”, “…che non muoiono mai”, “…che dormono uno sopra l’altro”, la “cucina fritta” e molte altre dicerie.
Da settembre a maggio vengono organizzati dal Centro corsi di lingua cinese con le modalità della lezione frontale e delle “flash card” nell’ottica di imparare divertendosi. I giovani italiani si avvicinano perchè incuriositi. Pensano soprattutto alla lingua convinti che possa diventare una competenza in più da giocarsi nel mondo del lavoro. Poi una volta avvicinati spesso cominciano a partecipare alla vita del Centro. Le famiglie cinesi poi vogliono che i figli imparino la lingua e la cultura cinese, le regole e i valori morali, il rispetto e le virtù del confucianesimo.
Ma la cosa più sorprendente è la partecipazione attiva di giovani cinesi di seconda e terza generazione, ormai quasi italiani, che vogliono tenere in mano le redini di un passato tramandato dalle famiglie, dalla tradizione e dall’abitudine, seguendo però sentieri che stanno dentro le nostre terre, recuperando lingua e cultura di genitori e nonni perché sempre più orgogliosi della loro appartenenza. Le nuove generazioni cinesi sono sicuramente molto diverse dai genitori, venuti qui per lavorare e trovare una condizione sociale ed economica migliore, vogliono studiare e hanno progetti di vita diversi e per questo c’è meno interesse verso le attività tradizionali come la ristorazione o l’industria manifatturiera.
Il Centro poi supporta chi, soprattutto per motivi lavorativi, negli anni deve affrontare un viaggio in Cina o si trova ad interagire con i cinesi. In Cina la difficoltà più grande è rappresentata dalla scarsa conoscenza che abbiamo non solo della cultura orientale, e cinese in particolare, ma anche degli atteggiamenti, le consuetudini e i gesti di tutti i giorni delle persone. Per esempio in occidente sembra che l’interesse individuale sia la cosa che più conta, mentre in Cina il bene del gruppo è il valore supremo. In occidente, le decisioni che riguardano ciascuna persona richiedono per definizione il consenso dell’interessato, mentre i cinesi sono abituati a pensare diversamente e il superiore al lavoro o il genitore può operare le scelte per conto e in nome del subordinato o del figlio.
Il melting pot ferrarese che mescola cinesi e italiani rappresenta oggi valore e stimoli per entrambi. Loro trovano un paese ospitale, riuscire in un sogno di una vita migliore, circondati da aria pulita, ma lontani dalla terra dove sono nati e cresciuti. Riescono a far ripartire attività commerciali che altrimenti sarebbero morte e ci dimostrano quanto si può fare con la costanza e il sacrificio. E noi nel frattempo guardiamo, osserviamo e intanto ci stiamo piano piano “cinesizzando”. Ormai la Cina non è più vicina ma è praticamente qui e questo in ogni caso sembra essere un bene anche per il nostro Paese.