Nemmeno il tempo di digerire tutto quel che dite d’aver mangiato durante le feste ed eccovi lì, incollati davanti alla tv, a disquisire sull’impiattamento e la cottura della tartare di manzo al profumo delle montagne del Ceylon e del dolce trionfo di cioccolato e arancia su un baldacchino imperiale di gemme fruttate. Fine gennaio a pentirsi e autoflagellarsi di desideri calorici: Masterchef è tornato.
Sono anni che questo format culinario presieduto da una giuria che sembra voler emulare le espressioni di quella di Simplicio, Sagredo e Salviati, si presenta sui nostri schermi richiamando una discreta folla di curiosi e appassionati. Uno su mille ce la fa, fischietterebbe qualcuno.
Sapete in quanti si sono presentati per partecipare all’edizione 2019? 16.000. Sedicimila aspiranti chef. A me vien da sorridere, forse perché quando cucino col mango solitamente ci dipingo la cucina, o perché oltre quei quattro o cinque cavalli di battaglia sono la negazione assoluta in materia… però ecco, io voglio capire, voglio conoscere qualcuno che abbia varcato la soglia, spadellato a dovere e conquistato il bramato grembiule.
E come in tutti i racconti che si rispettino, sarebbe ora d’introdurre il nostro protagonista, giunto da lontano e forgiato dal fuoco di mille battaglie. Moro – nel vero senso della parola – alto e sorridente, Bertho Valcourt arriva a Ferrara direttamente dall’isola di Haiti, perla del mar dei Caraibi. Sarebbe decisamente molto più semplice parlare della sua presenza a Masterchef, della dinamica del suo piatto (i passatelli, siore e siori) e degli occhi lucidi che aveva quando ha sbaragliato quindicimilanovecentoventi concorrenti indossando la candida uniforme del programma… ma la sua storia è troppo interessante e particolare per limitarsi agli eventi del suo presente!
Classe ’91, ariete di segno e temperamento, Bertho sognava, fin da bambino, di diventare uno chef. Quando si cresce però, è tutta un’altra storia. “Durante l’adolescenza, ho iniziato a sentire la vocazione, volevo diventare prete: volevo sfamare il prossimo, la gente, ma in un modo più alto ed ampio. Allora ho salutato la mia dolce Haiti, terre immensement blessée, terre immensement belle (terra estremamente ferita e bella, J. Morriset), e ho preso le redini tra le dita, dirigendomi verso un futuro assolutamente incerto per il quale ero disposto a mettermi completamente in gioco. Sono salito su un aereo e sono arrivato nel vecchio continente, alla volta di quella città eterna che tanto avevo immaginato e per la quale provavo dei sentimenti contrastanti, la paura del nuovo e l’estrema eccitazione e felicità per l’inizio di una nuova avventura. Per una serie fortunata di eventi sono arrivato a Ferrara, dove ho frequentato il seminario e il noviziato.”
Ma si sa, certi amori fanno dei giri immensi e poi ritornano:
“C’era qualcosa che mancava… e come potrete aver immaginato, era proprio la cucina. Mi piace dire di aver coniugato le mie due vocazioni, perseverando nel mio cammino religioso e ritagliando del tempo per frequentare le lezioni serali dell’Istituto Vergani Navarra. Ciò che non avrei mai immaginato, sarebbe stato quel che sarebbe successo di lì a breve.
Dopo alcuni episodi spiacevoli in noviziato e la conferma definitiva dell’impossibilità di prendere i voti nonostante il mio profuso impegno, ho finalmente capito che la mia strada era stata già scritta. Che la mia fede sarebbe rimasta intatta ma che probabilmente il destino non era quello di far parte della Chiesa Cattolica bensì di allietare il prossimo facendo gioire il suo palato. Oggi lo racconto con una serenità della quale io stesso mi stupisco, ma al tempo, fu una botta molto dura. L’unica amica e cura sincera era e sempre sarà la cucina, l’antidoto, quello spazio nel quale riesco a ritrovare e esprimere me stesso, rilassandomi e facendomi conoscere nel profondo.”
Mentre Bertho ci accenna dei complimenti ricevuti dal suo professore del Vergani, al quale attribuisce il merito di avergli scaldato il cuore e d’averlo scosso da uno stato di confusione e delusione dandogli le conferme delle quali aveva estremo bisogno, si alza, prende dei piatti e inizia a combinare qualcosa. Pochi secondi e davanti a me sento un profumo di agrumi, d’arancia…e di pasta!
“Siete venuti a trovarmi, il minimo che potessi fare era presentarvi un dolce! È un’idea nuova sulla quale sto lavorando, un dessert fatto con la pasta. Su su, assaggiate, mi fate da cavie!” Inutile dirvi che ci siamo frenati un attimo per far delle foto da mostrarvi, ma che il dolce è sparito in una manciata di secondi nella soddisfazione generale.
“E quindi, Masterchef?”
“Eh” Ride. “Sappiate che non era stata una mia idea. Una volta riesumata la divisa da cuoco e il cappello regalatomi dal mio professore, svolto lo stage in un ristorante di cucina tipica ferrarese ed essermi riappacificato con me stesso, mi sembrava di aver trovato un secondo di pace. È stato proprio in quei giorni che un caro amico, Guido, ha ben pensato di mettermi la pulce nell’orecchio e spronarmi a inviare la candidatura per il programma. Poco tempo e vari colloqui dopo, ero a Milano, allo Sheraton Hotel, con le gambe tremolanti e il numero 13474 applicato sulla camicia.
Uno dei primi step da superare – non potete immaginare quanta concorrenza ci fosse – era la sfida dell’ impiattamento e dell’assaggio. Mi sono voluto mettere alla prova presentando un turbante di cefalo lotregano ripieno di pistacchio profumato con erbe aromatiche, accompagnato da due salse di zucchine: promosso a pieni voti.
L’emozione di trovarsi tra i primi 80, poi, è indescrivibile. Sono entrato con dei passatelli, omaggio alla vostra bella città, e ho ricevuto quattro sì… non sapendo se ridere o se piangere!
Sapete quando state aspettando quel qualcosa e fremete?
Presentarsi con umiltà davanti ai grandi della cucina convinto delle proprie capacità e del desiderio di perseguire l’obiettivo e ricevere un parere positivo all’unisono, è stata una grande rivincita.
E non solo per me, ma anche per chi non ha mai smesso di sostenermi e credere nel mio talento.
Vorrei raccontarvi qualcosina in più…ma per ora non posso.
Se siete curiosi, ci vediamo stasera in tv, ne vedrete delle belle!”
1 commento
Che bella storia!!!