Quando si sente parlare dei depositi, in relazione alla storia dell’arte, c’è chi storce il naso pensando ad una stanza buia nella quale oggetti dei quali ormai si era persa, dimenticata o voluta ignorare l’importanza, si ammassano tristi sotto strati di nastri e di quella carta che ogni bambino passerebbe ore a far scoppiare tra le dita. Un luogo freddo, senza affetto, senza troppe considerazioni, chiuso. La realtà, però, è che i depositi si rivelano come scrigni, veri e propri forzieri, custodi silenziosi di un tempo che scorre non badando ai ritmi che gli vengono imposti.
Il problema? Sono inaccessibili.
La sorpresa? Ogni tanto, le loro porte si aprono.
La novità? Una cinquantina di opere custodite dal 1974 nei depositi dei Musei Civici d’Arte Antica della città sfilano da venerdì scorso sotto i meravigliosi soffitti affrescati dell’ala sud del castello estense.
L’atteso appuntamento del ciclo “L’Arte per l’arte”, progetto del Comune di Ferrara, promosso in collaborazione con la Fondazione Ferrara Arte, dedicato alla valorizzazione del patrimonio storico e artistico della città reso inaccessibile dopo il sisma del 2012, è ormai giunto alla sua terza edizione: tra i Camerini del Principe e la Sala del Governo, forse due degli esempi più esaustivi e illuminanti della realtà della Corte cinquecentesca, ecco aprirsi “Dipingere gli affetti: la pittura sacra a Ferrara tra Cinque e Settecento”, un nuovo percorso alla scoperta della quadreria di proprietà dell’ASP, Azienda per i Servizi dalla Persona di Ferrara.
Da sempre permeata dall’antica vocazione degli istituti d’assistenza ad aiutare i più deboli – le ragazze “pericolanti”, gli orfani, o ancora i figli illegittimi, l’ASP è proprietaria di una collezione di incommensurabile valore, che annovera opere realizzate dal genio e dalle dita di artisti che si avvicendarono in città durante il Rinascimento estense e successivamente al tramonto del potere dei duchi.
Courtesy Giovanni Sassu
“La premura e l’impegno profuso per le cause sociali hanno echi storici che si intrecciano con la nobiltà estense, tracciando le linee di una fortissima tradizione” dichiara Giovanni Sassu, curatore della mostra, già noto per il lavoro su Carlo Bononi, protagonista di una personale esposta a Diamanti nell’inverno nel 2017. Lo storico dell’arte, con altri esperti, tra i quali Romeo Cristofori, ha concentrato il suo sguardo e impegno su una ricchissima e sconosciuta collezione che narra dell’urgenza comunicativa di dar un volto al Sacro, di dialogare col fedele e con lo spettatore, di creare il legame tra il credo e la quotidianità; una pittura che incarna perfettamente il concetto di pietas seicentesco, non solo affetto ma empatia, attenzione alla persona.
Lasciarsi sfuggire un’opportunità del genere non rispecchia l’indole del ferrarese. Ed ecco che infatti la risposta del pubblico non ha tardato, tanto che a pochi minuti dall’inizio del discorso del sindaco, del curatore e della presidentessa dell’ASP Angela Alvisi, il cortile d’onore del Castello è stato teatro dell’arrivo di volti curiosi che ordinatamente si sono messi in fila per poter prender parte all’evento. Salito lo scalone marmoreo, si sono aperte le porte di un universo, un percorso che si snoda attraversando i linguaggi artistici di due secoli alla scoperta delle opere riemerse dal buio e dall’oblio dei depositi e risanate dalle carezze stilistiche e dai restauri operati delle mani esperte di Fabio Bevilacqua e di altri professionisti. Luci e ombre si alternano tra pale d’altare e quadri commemorativi, tra icone, pietà e decollazioni, racconti pittorici delle vite dei Santi che ornavano le pareti degli istituti pii dell’antica città estense.
Percorrere le sale dell’ala sud è come, in un certo senso, ricomporre il puzzle di una geografia emotiva e caritatevole, nella quale emergono quelli che furono i poli dell’aggregazione, dell’accoglienza e dell’attività umanitaria di una Ferrara in balia di trasformazioni destabilizzanti, tra le quali la Devoluzione estense allo Stato Pontificio nel 1598 ma anche la creazione del primo ghetto ebraico, nel 1627.
Courtesy Giovanni Sassu
Il Cristo in gloria tra i santi Pietro e Paolo venerati dai mendicanti di Bononi, la Madonna in gloria con le sante santa Barbara e Orsola venerate dalle zitelle di Bastarolo, i Santi Pietro e Paolo di Ghirandoni e le diciassette tavole della serie sulla vita di San Giovanni Battista di Caletti si alternano con quadri ai quali ancora si cerca di dare un’attribuzione.
“Anche questo è uno degli obiettivi della mostra, mettere a conoscenza il grande pubblico di quanto, in realtà, la fucina artistica ferrarese producesse più opere di grande rilievo di quanto attualmente si sappia” precisa il curatore mentre illustra le tele regine del percorso ad un pubblico affamato di bellezza.
Tanti curiosi, tanti esperti d’arte e non, a curiosare tra le storie di narratori eccelsi e cercare di individuare tutti i perché di un titolo così peculiare.
“Abbiamo scelto un titolo che faccia viaggiare il visitatore su un doppio binario: le opere si muovono nel solco degli orientamenti successivi al Concilio di Trento che delegavano all’arte il basilare compito di mediare tra il fedele e la religione, tra il visibile e l’invisibile, attraverso forme naturalistiche, emotive e familiari, nelle quali l’uomo del tempo potesse ritrovarsi, riconoscersi. Inoltre, vogliamo celebrare la vocazione umanitaria che animava i luoghi nei quali esse erano originariamente collocate. Non delle chiese qualsiasi, ma gli altari, le cappelle e gli ambienti di istituti religiosi che ponevano al centro del loro operare l’aiuto verso gli altri, fossero essi orfani, indigenti, bisognosi o donne in difficoltà. Un insieme di esperienze animato da figure di primo piano della corte Estense – da Alfonso II a Barbara d’Austria, fino a Margherita Gonzaga – ma anche di una fetta consistente della nobiltà e della borghesia cittadina, impegnata nell’attività di carità e solidarietà” ci spiega Giovanni Sassu mentre ci saluta e ci lascia per accogliere un altro gruppo tra i quali fa capolino, sorridente, qualche vecchietto con le braccia ben incrociate dietro la schiena.
Prenotazioni tel. 0532 244949 – Informazioni tel. 0532 299233 – castelloestense@comune.fe.it
Foto di Rossella Ibba