I cappellacci non sono forse una delle meraviglie del mondo? Di certo lo sono se parliamo del mondo dei ferraresi. Ed eccomi qui, da ferrarese a parlare con i miei concittadini di un pezzo di cultura così importante: la responsabilità è tanta. Partiamo con un po’ di storia. Fin dal Rinascimento si è sentito parlare di questa pietanza, di cui si trova traccia nei ricettari di Cristoforo di Messisbugo e di Giovan Battista Rossetti, quando a Ferrara il potere era nelle mani del Duca Alfonso II d’Este (1533 -1597). Nelle nostre campagne la zucca veniva coltivata già nel Cinquecento. La varietà caratteristica del nostro territorio è la violina (Cucurbita moschata), la cui forma ricorda un violino o forse la sua custodia, e la cui polpa è perfetta per i nostri cappellacci. Questo ortaggio povero in realtà racchiude in sé una raffinatezza ritenuta degna del Duca e dei suoi commensali, che consumavano questa perla delle campagne ferraresi all’interno di una semplice pasta all’uovo.
Allora il ripieno dei cappellacci era speziato non solo con la noce moscata come oggigiorno, ma anche con zenzero e cannella, i cui aromi assecondavano i gusti ricercati dei cortigiani estensi. Una cosa che di certo non è cambiata nel tempo però è la forma caratteristica di questa pasta ripiena, a cui è dovuto il nome. Caplaz infatti probabilmente si riferisce alla forma del cappello di paglia utilizzato dai contadini. Non tutti sono d’accordo su questa versione. Si dice anche che sia il dispregiativo e accrescitivo del nome di un altro piatto ferrarese per eccellenza, i cappelletti. Quest’altra pasta ripiena infatti è più ricca – ricordiamoci che il ripieno è di carne – la forma è più piccola e precisa rispetto a quella irregolare dei cappellacci. Forse le zdore sentono una maggiore competizione con l’aria natalizia? Chissà.
Un’altra pietra miliare della storia dei cappellacci è recente. Nel 2016 vengono infatti riconosciuti dall’Unione Europea come prodotti con marchio I.G.P. La ricetta viene così protetta, ma forse anche un po’ limitata. Alla fine sappiamo che ogni famiglia ferrarese mette un po’ del proprio nella ricetta dei cappellacci. Per esempio a casa mia mettiamo sempre un po’ di biscotti sbriciolati – non amaretti, per carità! – per addensare il ripieno di zucca. C’è chi usa il grana padano, chi invece il parmigiano reggiano, chi li vuole condire con burro e salvia e chi invece è fedele al ragù. Le possibilità sono tante, ma una certezza rimane: per quanto lontano possiamo andare, a noi ferraresi un bel piatto di cappellacci fumanti farà sentire subito a casa.
Ma passiamo alla ricetta. Quella di casa mia, si intende!
—
Ingredienti per circa otto persone
4 uova
350/400 g di farina di grano duro
una zucca violina di medie dimensioni
100 g di grana o parmigiano grattugiato
50 g di biscotti secchi
noce moscata a piacere
Procedimento
- Lavare bene la zucca, assicurandosi di togliere tutta la terra dalla superficie. Tagliarla nel senso longitudinale e aiutandosi con un cucchiaio rimuovere i semi.
- Rivestire una teglia con un foglio di carta da forno e disporre la zucca a faccia in giù. In questo modo la polpa si cuocerà in maniera omogenea, l’acqua trasudata cadrà sulla teglia e non convoglierà nella concavità della zucca, e inoltre la buccia della zucca impedirà che la polpa si bruci. Cuocere la zucca in forno a 180°C per almeno 30/40 minuti, o finché la polpa non risulterà morbida se punzecchiata con una forchetta.
- Quando la zucca sarà pronta, prelevare la teglia dal forno e lasciar raffreddare. Passare la zucca in uno schiacciapatate o in un passaverdura per rendere la polpa omogenea. Durante questo passaggio assicurarsi di eliminare tutti i filamenti che si possono ritrovare nella cavità interna della zucca.
- Trasferire la polpa schiacciata in una ciotola, aggiungere il formaggio grattugiato, i biscotti tritati e la noce moscata. La consistenza del ripieno deve essere soda ma comunque morbida per poterla distribuire con un cucchiaio e soprattutto per avere un ripieno piacevole al palato. Non è importante solo la consistenza, il gusto è cruciale! La combinazione di dolce e salato deve essere bilanciata: la sapidità del formaggio non deve sovrastare la dolcezza della zucca. La noce moscata deve stuzzicare, ma non vuole essere troppo insistente. Quando il ripieno è pronto può essere trasferito in frigorifero fino all’utilizzo.
Foto Benedetta Stefani
- Per preparare la sfoglia, distribuire i primi 300 g di farina in una ciotola capiente o su una superficie di lavoro pulita. Creare una cavità dentro la quale bisogna aprire le uova. In un primo momento consiglio di utilizzare una forchetta per miscelare le uova con la farina, per passare successivamente all’utilizzo delle mani. Aggiungere la farina secondo necessità. Non è detto che verrà utilizzata tutta o viceversa se ne potrebbe utilizzare molta più del previsto: dipende dalla grandezza delle uova e dalla umidità dell’ambiente.
- Quando la farina è quasi totalmente assorbita, trasferire l’impasto su una spianatoia e impastare spingendo in avanti il palmo della mano, quindi allungando la pasta per poi ripiegarla su se stessa. Impastare utilizzando entrambe le mani alternandole, e ruotando l’impasto di tanto in tanto per lavorare in modo omogeneo la pasta. Questo procedimento serve ad incorporare aria, che infatti presenterà un’alveolatura fine e omogenea se impastata in maniera corretta. Dopo circa 10 minuti la pasta dovrebbe essere pronta. Formare una palla, coprirla con una ciotola o con un panno leggermente inumidito e lasciarla riposare per almeno mezz’ora.
- Per stendere la pasta a questo punto le vere zdore utilizzeranno il matterello, ma per chi non conosce questa arte per fortuna esiste la macchinetta sfogliatrice! Ritagliare un rettangolo di pasta proporzionato alle dimensioni della macchina, di modo che possa entrare agevolmente tra i rulli. Passare la pasta, rigorosamente infarinata su entrambi i lati per evitare che si stracci. Procedere fino a raggiungere lo spessore desiderato. Per la pasta ripiena sarebbe meglio una sfoglia più sottile per permettere un’adeguata cottura anche nei punti di giunzione tra la pasta.
Foto Benedetta Stefani
- Distribuire la sfoglia su una superficie di lavoro pulita. Aiutandosi con una rotella oppure con un coltello non seghettato ricavare dei quadrati di lato dai 6 ai 9 cm circa. Con due cucchiaini di caffè prelevare la massima quantità di ripieno alla zucca che permetta ai lembi della pasta di richiudersi comodamente e distribuirlo al centro di ogni quadrato di pasta.
- Per chiudere i cappellacci veramente bene servirà forse molto allenamento, ma ecco una breve guida: ripiegare il quadrato di pasta facendo coincidere due angoli opposti, quindi con i polpastrelli cominciare a sigillare i margini della pasta a partire dai due vertici esterni. Durante questo passaggio è importante sollevare la punta del triangolo di pasta per creare una piega dalla duplice funzione: impedirà al cappellaccio di aprirsi in cottura e permetterà ad una maggiore quantità di sugo di aderire. A questo punto basta avvicinare i due vertici in basso facendoli ruotare attorno ad un dito per creare il buco caratteristico del cappellaccio.
Foto Benedetta Stefani - In una casseruola riscaldare l’acqua di cottura. Per cuocere i cappellacci è essenziale che venga portata a bollore abbondante acqua: solo in questo modo i cappellacci si cuoceranno senza scontrarsi e senza rompersi. Quando l’acqua ha raggiunto il bollore, calare i cappellacci, poche porzioni per volta, e richiudere con il coperchio per qualche secondo, di modo che la temperatura ritorni a regime. Basterà appena un minuto o due per cuocere i cappellacci freschi. Capire quando sono pronti è facile, perché vengono a galla.
- Mentre l’acqua si scalda, preparare il sugo dei cappellacci in una padella capiente. I due condimenti classici sono burro e salvia, per cui basterà friggere in abbondante burro fuso cinque o sei foglie di salvia per porzione, oppure il ragù, di cui abbiamo tutti almeno un barattolo in dispensa, ne sono certa. Che sia della mamma, della nonna o comprato, riscaldare il ragù assieme a un mestolino di acqua di cottura e un goccio d’olio di oliva.
- Prelevare i cappellacci venuti a galla aiutandosi con una ramina, quindi trasferirli nella padella con il condimento caldo e saltare per 30-40 secondi.
- Non rimane altro che impattare. Essenziale a questo punto è altro parmigiano grattugiato da spolverare sui cappellacci caldi, e, perché no, poter contare su un bicchiere di vino.
Foto Benedetta Stefani