Una parte dei lettori, solo per aver letto il titolo, ha deciso di non aprire neanche la pagina: si tratta principalmente di uomini, che si sono sentiti troppo lontani dall’argomento trattato. Come biasimarli, io pure ignoro i pezzi anche solo vagamente sportivi. Poi ci siete voi, che avete deciso di essere qui, ma non tutti per la stessa ragione: ci sono mia mamma, i miei familiari e amici stretti che mi leggono per un doveroso affetto (ciao, sì tutto bene, dai ci sentiamo dopo che ho da fare adesso); ci sono quelli che in questi mesi si sono affezionati al magazine e aprono ogni articolo accordandoci una incondizionata fiducia (vi voglio bene, non vorrei deludervi mai); ci sono quelli impegnati in un’attesa, una qualunque e noiosissima, che hanno già passato in rassegna le vicissitudini di tutti gli amici, conoscenti e affini su ogni social disponibile e non gli rimane proprio altro che leggere questo pezzo (coraggio che ci siete quasi). E poi sono certa che c’è una parte di voi che ha reagito al titolo con curiosità mista ad un po’ di fastidio, interesse fuso ad un pizzico di antipatia; non so se per presunzione, ma perché è quello che ho provato io mentre progettavo come approcciare la Pin Up School di Ferrara che mi ha invitato alla inaugurazione del nuovo anno.
Sia chiaro, chi vi scrive non ha mai partecipato a roghi di reggiseni, sia per questioni anagrafiche che ideologiche, e non ha mai sentito la necessità di urlare “me tooooo” per un fischio proveniente da un cantiere. Cio’ nonostante mi sfuggiva la necessità, la ragione di esistere di una scuola di pin up, per definizione “ragazze da appendere” perché ritratte in pose ammiccanti su poster appesi per decorare ambienti prettamente maschili a partire dai primi anni del Novecento. Che senso può avere nel nostro momento storico un corso del genere? A chi è rivolta, quali sono le finalità e i metodi? Non mi rimaneva che presentarmi alla sede, in via Palestro 25.
Ad aspettarmi trovo la direttrice della scuola Rocio Cuadra, che stanca di sentire continuamente storpiato il suo nome si presenta come Manuela, e la sua assistente Laura. Manuela sembra l’incarnazione di una modella delle vecchie pubblicità della Coca Cola: capelli vaporosamente raccolti, abiti aderenti, tacchi e, come avevo previsto foulard al collo, eyeliner e rossetto rosso. Una presenza che sa come riempire lo spazio: sia quello di una stanza che quello di una conversazione e con un intrigante accento spagnolo inizia a raccontarmi la sua storia.
Parte dal 2011 quando da Barcellona per amore arriva a Ferrara. Non conosce nessuno e per trovare un passatempo decide di iscriversi ad un corso di burlesque che le sembra un giusto sfogo per le sue passioni più grandi: musica, danza, arte e la bellezza in senso lato. Nel novembre 2016 in occasione di una sfilata di abiti vintage gli organizzatori hanno bisogno di qualcuno nel backstage che aiuti le modelle a prepararsi. Manuela si trova lì ad aiutare quando qualcuno nota il suo portamento, il modo in cui si muove , quello che per lei è un’abitudine da quando da piccola la nonna le insegnava come avere una buona postura e le viene proposto di fare diventare questa sua attitudine oggetto di studio da insegnare ad altre. Nel 2017 Manuela trova così una sede disponibile ad accogliere la sua attività e apre la prima scuola di Pin Up di Ferrara. Il primo anno si è concluso con uno shooting fotografico ospitato da Wunderkammer in via Darsena e diversi altri eventi e adesso la scuola sta riaprendo i corsi organizzati in lezioni mensili strutturate in parte teorica con tanto di dispense e materiale di studio e approfondimento storico e culturale e parte pratica in cui sperimentare su di se i contenuti studiati. Il programma è serrato e dettagliato: posizione corporea, iniziazione alla camminata, come sfilare i capi e valorizzarli, posa fotografica e studio del trucco. Con tanto di saggio e attestato finale.
Manuela ci tiene a precisare che la scuola non prepara né modelle né ballerine, ma rappresenta un punto di incontro per persone che hanno interesse e curiosità per il mondo vintage, e non solo. C’è altro dietro ad un filo di eye-liner e un movimento d’anca: l‘autostima e la fiducia in se stesse, recita il manifesto della scuola “avere una visione di noi stessi più gradevole e sicura, spinge immediatamente i nostri interlocutori ad apprezzarci di più come persone e come professioniste. Prendersi cura della propria immagine significa rendersi conto che una corretta dinamica comunicativa è essenziale per la nostra armonia e per l’inserimento con gli altri”. Perle di psicologia sociale o di sociologia psicologica, altroché. Ed effettivamente Manuela mi espone finalità, obiettivi, metodi e collaborazioni del corso con grande professionalità, sparandomi pose dimostrative qua e là tanto meravigliosamente costruite e artificiose quanto per lei naturali e disinvolte. I corsi, prosegue la direttrice, sono formati da non più di una decina di allieve per seguire tutte al meglio e ogni lezione si conclude con un “salotto psicologico” per affrontare insieme le difficoltà incontrate durante gli esercizi. Manuela mi parla di veri miracoli compiuti sulle sue ragazze: una giovane arrivata piena di insicurezze e una timidezza quasi patologica che ha trovato l’amore o una mamma sempre vestita di nero, spronata dal marito ad iscriversi, che è riuscita a tornare a guardarsi allo specchio e a riappacificarsi con il suo fisico. “I nostri successi – conclude Manuela – dipendono dal fatto che siamo in un mondo in cui il 90% del lavoro lo fa l’immagine”.
Parlare con Manuela, o meglio ascoltare Manuela, ha un che di ipnotico e ammaliante, è certamente riuscita a portare quello che lei definisce un’attitudine, un dono di natura, a livelli così alti che frasi come “bello fuori è bello dentro”,”fai dei tuoi difetti la tua forza”, non così innovative, dette da lei mi sono apparse delle rivelazioni illuminanti. Ho continuato per buona parte del tempo a riempire il mio quadernetto di frasi motivazionali che mi venivano mitragliate a raffica con esotico accento spagnolo, ma sempre con una certa sensazione in sottofondo. Il sospetto di trovarmi di fronte all’ennesimo corso che mi illude di far sbocciare il vero talento che è in me e mi condurrà alla realizzazione della felicità suprema: è già successo quando pensavo di avere dentro una ballerina classica, poi è stata la volta della grande rugbista, poi del cuoco stellato o la volta della pittrice già in odore di Louvre. Vuoi mai vedere che invece dentro di me, sepolta da strati di vestiti tre taglie più grandi del necessario, c’è niente meno che una pin up che scalpita?
L’occasione per scoprirlo mi viene data da Manuela stessa che mi invita ad unirmi al gruppo di ragazze che sono lì per una lezione dimostrativa. Ci disponiamo in fondo alla stanza di fronte a due grandi specchi che ci riflettono. L’esercizio prevede una semplice camminata a tempo di musica. Cosa ci vuole? Niente di complicato. Parte Manuela, lentamente si gode tutta la lunghezza della passerella con sicurezza ed eleganza. Poi una ad una partono le ragazze in prova, carine, aggraziate, con del potenziale che di certo le farà migliorare. Poi tocca a me. Buio. Vertigini come se dovessi camminare su una corda sospesa. Il piede non parte come se ci fossero i carboni ad aspettarlo anziché il parquet. Com’è che si fa quella roba lì del camminare? Un piede davanti all’altro no? Mi sembrava di essere arrivata fin qui camminando, perché adesso non ci riesco? “Senti il ritmo e parti!” dice Manuela sopra la musica. Il ritmo? Sento solo il mio cuore che pulsa nella gola e nelle orecchie. Alla fine son partita in un rigurgito di orgoglio e credo che ne sia uscita una roba mista tra un pinguino e un militare al cambio di guardia, lo specchio (maledetto) lo vedevo ma non ci ho neanche pensato a guardarlo; non ho neanche camminato per tutti i pochi metri previsti, ho tagliato il prima possibile verso il muro più vicino e ho desiderato ardentemente fondermi con l’intonaco.
Superato lo shock mi è stata chiara tutta la carica terapeutica della scuola che prima mi lasciava scettica e posso con certezza dire che: se vivete bene con le vostre perenni indecisioni, se vi beate nei vostri dubbi, se avete fatto della vostra insicurezza cronica una delle grandi certezze della vostra vita e non intendete rinunciarvi, tenetevi lontano dalla scuola. Ma se la vostra insicurezza vi lacera, è motivo di sofferenza e sentite che una terapia d’urto è l’unica soluzione, accantonate l’idea di un ciclo di psicoanalisi e date una possibilità a questa esperienza. Se poi appartenete a quella categoria di cuori felici che gode di una sana e sconfinata autostima, avete un ego difficile da contenere, non desiderate altro che avere specchi, obiettivi e riflettori puntati addosso e magari credete anche di essere state Betty Page in una vita precedente, correte ad iscrivervi perché è il vostro paradiso, e Manuela saprà sviluppare al meglio le vostre potenzialità.
Tra l’altro la scuola è ospitata nei locali dell’istituto Paideia frequentato dai giocatori della Spal per il recupero scolastico, io ve lo dico… Calato anche questo ultimo cliché posso finirla qui.
5 commenti
E’ tutto molto interessante, e dato che conosco sia Rocio che la sua professionalità, apprezzo l’operato.
Sono piuttosto stanca, però, e questo è un appunto alla giornalista, di sentir parlare di queste occasioni come di un’alternativa alla psicoterapia.
Un conto è definire un corso o un’attività “terapeutici” per certi aspetti, un altro è suggerire di accantonare un ciclo di psicanalisi, come se fossero percorsi paragonabili.
Lei è bravissima e adoro la sua ironia, io stessa amo farne uso anche improprio, ma non potevo non sottolineare questo clichè piuttosto antipatico.
Grazie per l’attenzione!
Grazie mille Francesca, sono felice di leggere le tue parole. Mi dispiace molto averle lette solo dopo qualche anno ma sono qui a rispondere.
Credo che hai ragione totalmente quando una attività che dona positività non può paragonarsi ad una terapia di un altro tipo e sono la prima ad evitare titoli come “Burlesque Terapia” perché io non sono Dottore ma coach. Ci parlo spesso con le mie colleghe e tutte siamo d’accordo che non si devano paragonare ne utilizzare impropriamente i termini. Grazie di nuovo per le tue parole. Grazie mille e a presto. Manuela
Fuffa!!pura fuffa!!puoi avere tutti gli atteggiamenti studiati che vuoi..ma selo fai unicamente x avere un riscontro,x vedere i maschietti a bocca aperta quando cammini..beh!! Evitiamo!ho avuto modo di conoscere Manuela e ne ho ricavato una sensazione di artefatto..per poi accorgermi che oltretutto manca di rispetto nei rapporti sociali solo x ingrandire il suo Ego…cosa può insegnare una persona cosi???Niente!!!Giova
Cara Giovanna, come stai? Vedo solo adesso dopo anni il tuo commento ma, sinceramente nei corsi della School non ho mai avuto il piacere di conoscere nessuna Giovanna. Mi dispiace che tu la pensi così perché sicuramente non mi hai realmente “conosciuta” come dici. Io non lavoro sulla femminilità per piacere i maschietti poiché da che mi sono trasferita convivo col mio compagno, già da 10 anni. Lo faccio per me, forse è questo che non hai capito bene. Ognuno è libero di pensare quello che vuole, ma senza conoscere una persona in fondo non si possono dare giudizi di questo genere. Non so dove ho potuto mancare di rispetto nei rapporti sociali (non so a quali ti riferisci) ma, siccome io non mi nascondo dietro ad un nome sicuramente finto o una immagine di profilo mancante ti mando il mio indirizzo mail così mi racconti tutto pinupschoolferrara@gmail.com
Grazie
Non leggo ironia in questo articoletto, anzi vedo un comportamento superficiale, denigratorio, demotivato (non aveva voglua di scrivere questo pezzo? Ci sono milioni di corsi su fare centrini con le bottiglie di plastica e pupazzi con qualsiasi materiale non reciclabile, magari rientrava piu’ nelle sue corde cosa dice?). Perche’ fastidio? Non capisco…. corso dove puoi cercare di avere piu’ stima di te perche’ ti senti un camionista o dove puoi andare anche se hai una 65 di taglia o sei in pensione da un pezzo. Tutte le ragazze “carine” di quel corso artivano anche a 60 anni e le curve che possono avere meglio delle montagne russe. Ma…. ma…. la voglia di demolire qualsiasi cosa al di fuori: ambiente, famiglia, politica, religione, economia fa paura. Non si sa mai che qualcuno trovi uno sfogo per qualcosa di diverso e si’, perche’ no, dar girare gli occhi a un uomo.
Non sia mai che anche le donne imparino a non sentirsi sbagliate solo perche’ amano un occhiata di apprezzamento.
Gli uomo casanova ma le donne sempre meritrici. Che tristezza.