I meno giovani fra noi, quelli che hanno finito gli studi universitari da qualche anno, ascoltando le voci e i rumori della vita notturna cittadina oggi avvertono un assordante e malinconico silenzio. Se poi ci si ferma a contemplare il cantiere di Piazza Cattedrale si presentano immediatamente alla memoria echi lontani di ritmi e melodie, balli, canti, storie d’amicizia e d’amore. Questo luogo di aggregazione è stato forse il palcoscenico di uno dei più importanti moti spontanei di integrazione e contaminazione culturale che abbia mai interessato la città di Ferrara: il cosiddetto “mercoledì universitario”. Strumento di questo fenomeno è stato il linguaggio musicale che, per sua natura, costituisce un canale di comunicazione universale in grado di superare ogni barriera culturale e creare legami profondi. Sebbene il centro storico da sempre sia stato teatro di esibizioni musicali estemporanee da parte di ragazzi, solo a partire dai primi anni 2000 questo fenomeno ha iniziato a diventare un appuntamento fisso del mercoledì sera, assumendo contestualmente connotati multietnici.
Fenomeno dalle origini avvolte nel mistero, che il percussionista Redouane Taoufiq (Marocco) così racconta: «Ricordo ancora quella lontana serata estiva del 2002. Appena finito di lavorare andai in centro con alcuni amici. Davanti al Duomo vidi dei ragazzi libanesi suonare strumenti a percussione. Chiesi loro di potermi aggregare, ricevendone un brusco rifiuto. Vista la mia insistenza uno di loro propose una sfida: qualora fossi riuscito a suonare correttamente i ritmi da loro proposti avrei potuto aggregarmi. Vinsi e, a patto che fossi tornato tutti i mercoledì sera, mi regalarono la darabouka che avevo suonato durante la prova». Dopo poche settimane il gruppo di libanesi si sfaldò. «Nonostante ciò continuai a rispettare questo ritrovo insieme a italiani appassionati di percussioni etniche conosciuti durante le esibizioni dei libanesi». Era nato qualcosa di nuovo: un appuntamento fisso che catturò un numero sempre maggiore di musicisti, appassionati e curiosi provenienti da ogni parte d’Italia e del mondo.
Per Eugenio Sorrentino (Italia), musicista/musicoterapeuta che si occupa di progetti di integrazione dei richiedenti asilo, le esibizioni estemporanee della Piazza hanno costituito una importante esperienza nella sua crescita umana e professionale. «Tutti i mercoledì c’erano gruppi di ragazzi e ragazze che suonavano e cantavano». Esecuzioni che coinvolgevano non solo musicisti: «Mentre noi suonavamo si creavano gruppi di curiosi che ballavano o battevano le mani a tempo di musica e apprendisti giocolieri che si cimentavano in qualche numero». Tra i partecipanti vi erano anche molti dilettanti o semplici appassionati che «si presentavano con djembe o darabouka senza la minima conoscenza tecnica o musicale, consapevoli che avrebbero trovato qualcuno che avrebbe insegnato loro a suonarli».
Molti sono i racconti e gli aneddoti relativi a queste esibizioni: venditori ambulanti di rose egiziani solisti per una sera, il coinvolgimento di orchestrali del Teatro Comunale, mani con vesciche sanguinanti battere tutta notte sulle pelli del tamburo. Una varietà di esperienze e punti di vista musicali che hanno interagito confrontandosi in momenti di sperimentazione unici: i partecipanti a queste esecuzioni potevano apprezzare le reciproche diversità, guardandosi negli occhi e stupendosi quando queste davano forma a nuova sonorità.
Questo melting pot ha probabilmente favorito un nuovo clima culturale all’interno della città, incentrato su un maggior interesse e curiosità nei confronti di culture altre, consentendo ad alcuni giovani artisti di farsi conoscere e apprezzare, instaurando talvolta collaborazioni con musicisti locali. Così la scena musicale ferrarese è stata calcata da nuovi gruppi multietnici e solisti: Yaseedee (Libano-Italia), Tunisian Fusion (Tunisia), Dropeners (Grecia-Italia), il jazzista Robert Bisha (Albania), il cantante rock Artan (Albania). Vasilis Tsavdaridis (Dropeners) ricorda quelle serate con un po’ di nostalgia: «A livello musicale è stato bellissimo creare ma anche conoscere una nuova via di composizione. Un diverso modo di pensare. Pura ispirazione. Esperienza importante anche a livello umano: qui sono nate nuove e profonde amicizie».
Tra le note e i ritmi della notte ferrarese Hamdi Gaaloul (Tunisia) ha avuto l’ispirazione di creare una radio che potesse dar voce ai ragazzi ferraresi, idea che nel 2017 si è concretizzata con la nascita della Web Radio Giardino, coordinata da Arci Ferrara con il patrocinio del Comune. «Da poco trasferitomi a Ferrara per motivi di studio – racconta Hamdi – trovai davanti al Duomo un’atmosfera incredibile: gruppi di ragazzi provenienti da tutto il mondo che condividevano la voglia di stare insieme e la loro cultura. Qui ho fatto le mie prime amicizie. Inoltre in queste serate è maturata la voglia di fare qualcosa che potesse contribuire a realizzare un effettivo scambio culturale». La musica anche per lui si è rivelata un canale primario di relazione: «Si passavano ore suonando insieme, cercando i punti in comune tra le diverse tradizioni musicali, mettendo a disposizione della comunità le proprie conoscenze, facendo provare ai più curiosi strumenti musicali per loro nuovi». Come suggerisce Hamdi la conformazione architettonica della Piazza ha sicuramente favorito questo fenomeno: «La sua grande dimensione consentiva il raccoglimento di tutta la vita universitaria cittadina. La presenza di tanti ragazzi in uno spazio così grande, ma allo stesso tempo raccolto, favoriva la socializzazione. Bastava uscire di casa con la voglia di conoscere nuove persone. Portare uno strumento sulle spalle poteva aiutare».
Con l’apertura del cantiere di restauro della Cattedrale e la conseguente chiusura di gran parte della Piazza, oggi la movida si è disseminata in tanti luoghi diversi della città dove per lo più non è possibile ricreare le stesse condizioni. Alcuni musicisti e studenti oggi si esibiscono in Piazza Trento Trieste, condividendo il muretto a fianco della Chiesa di San Romano con famiglie e anziani. A detta dei giovani performer in questo luogo si ha paura di disturbare e risultare poco graditi. «Qui le condizioni ambientali non sono paragonabili a quelle di Piazza Cattedrale» dice il percussionista Jab Hafnaoui (Tunisia). «Lo spazio è poco e di conseguenza la partecipazione e il coinvolgimento dei ragazzi è minore. Credo che l’integrazione e la socializzazione per potersi realizzare necessitino di spazi adeguati in cui potersi esprimere liberamente, anche sotto il profilo musicale, come avveniva nei mercoledì davanti al Duomo».
Altri ragazzi hanno scelto come luogo per le loro esibizioni serali lo “scalone” di Piazza Municipale, il più delle volte inconsapevoli del suo valore monumentale e dei recenti divieti posti dall’Amministrazione in seguito a episodi di inciviltà.
Sebbene oggi sia cresciuta l’attenzione delle Istituzioni nei confronti di iniziative atte all’integrazione attraverso il medium musicale, sembra mancare una tutela degli spazi che possano favorire una più spontanea dinamica di scambio interculturale: fuori e oltre quindi gli spazi istituzionali. Piazza Cattedrale ha favorito processi di naturali di integrazione. Nelle esecuzioni musicali collettive nate in questo luogo i partecipanti non erano meri esecutori ma narratori di mondi e storie, allievi e allo stesso tempo maestri di tradizioni. Non dunque una univoca dinamica di trasmissione di speri “altri” ma un laboratorio di scambio e crescita collettiva. Come ci ha insegna il grande etnomusicologo Roberto Laydi anche la musica urbana ha una sua importanza, prestandosi assai bene all’osservazione dei fenomeni di conservazione, di integrazione e di modifica del patrimonio etnografico che segna così profondamente le culture dei popoli mediterranei. Musica urbana alla quale già il nostro Ludovico Ariosto era particolarmente attento: come si narra, durante le bevute serali in Via Gorgadello, oggi Via Adelardi, prendeva nota di come i cantori di strada rielaborassero i suoi testi per apportarvi eventuali modifiche.
Ci auguriamo quindi che in futuro Piazza Cattedrale possa tornare ad essere il cuore pulsante dell’integrazione e della contaminazione culturale cittadina, consentendo così alle nuove generazioni di vivere questa esperienza sotto il cielo ferrarese.