Chi è Federica Veronesi? È una persona a cui non si possono di certo attribuire etichette. Quando sono arrivata nel suo studio mi ha accolta con un calice di vino e un sorriso radioso. Deve aver notato lo stupore e la meraviglia nel mio sguardo mentre mi sono ritrovata in un fienile suggestivo, immerso nella queite eppure cosi colmo d’arte e di colori, di oggetti sovrapposti e angoli disordinati in maniera affascinante: “Ho comprato questo fienile nel 2008. Pensa che sono venuta a visitarlo in inverno, quando era tutto spoglio; ho sempre sognato di lavorare in un fienile e di questo mi sono letteralmente innamorata“.
Grazie alla lunga e stimolante chiacchierata con Federica ho scoperto che ha lavorato in tutto il mondo, che odia fare shopping e che dopo due settimane in vacanza non vede l’ora di tornare a casa per sporcarsi e pasticciare con colori e materiali diversi: “Per rendermi felice devi portarmi in una bella soffitta, piena di polvere e ragnatele. Lì divento matta! Io devo “paciugare” sennò sto male, è un’esigenza. Ridare a un oggetto nuova vita, è la cosa più bella del mondo. Questo è quello che faccio, di giorno e di notte“.
Federica infatti, oltre a coltivare un’immensa passione per la fotografia, ricava oggetti da tutto il materiale di recupero che riesce a trovare: cornici realizzate con vecchie posate, borse fatte di fotografie o chiavi e chiavistelli, scarpe piene di piume e fili di lana, ma soprattutto lampade originali e, spesso, davvero impensabili.
Federica ha un’attività, anche online, che ha deciso di chiamare La rana che salta: “Ho scelto questo nome perché da bambina ero iperattiva, poi una volta laureata ho iniziato a lavorare nel restauro è così andavo sempre su e giù dai ponteggi. Un giorno mia mamma mi chiamò “al mié ranucin” – mi racconta Federica sorridendo al ricordo –; poi mia cognata trovò un anello con una ranocchia in un mercatino e me lo regalò. Quella ranocchietta oggi è diventata il mio logo“. Federica crea sia oggetti che piacciono a lei, sia articoli che le vengono commissionati, ma ciò che contraddistingue entrambi è l’essere sempre pezzi unici. Fondamentale per la realizzazione dei suoi articoli è il contributo apportato da suo marito: “Lui elettrizza tutti i miei oggetti… ammetto di averlo sposato anche per quello! Litighiamo, certo, ma il nostro è un divorzio impossibile, io non potrei mai stare con nessun altro. Tra noi c’è un’interazione fortissima; lui è un uomo delicato, attento e mi ascolta tanto; anche quando litighiamo, i nostri sono sempre scontri costruttivi sul lavoro”. Federica è una donna innamorata, sia della sua dolce metà, sia delle passioni di cui non può fare a meno. Al tramonto mi ha detto: “nella mia vita faccio esattamente quello che volevo fare“.
Mi sono chiesta come ha fatto a conciliare le sue diverse passioni ed è stato in quel momento che mi ha parlato di Stefano Pesaro: “Ci conosciamo da tanti anni… nel 1991 ho iniziato a collaborare con lui come modella. Con il tempo mi sono resa conto che io non volevo stare davanti alla telecamera, ma dietro. Così da modella sono diventata fotografa. Al tempo ero una studentessa con tantissime idee e insieme a Stefano abbiamo organizzato una mostra al termine della quale siamo riusciti a vendere tutto!” Federica mi ha raccontato che Stefano, esattamente come lei, si dedica alla fotografia per puro diletto; insieme decidono di fotografare ciò che a loro piace, scegliendo delle persone creative in grado di apportare qualcosa al loro lavoro.
Hanno già organizzato due mostre fotografiche e, sabato 22 settembre, si terrà la loro terza esposizione, nel fienile in via Pelosa 27 che Federica ama tanto. Lei l’ha definita una festa, un apericena (“come dicono adesso“) a cui parteciperanno fotografi, modelle, architetti e tantissimi amici.
L’evento, riproposto per il terzo anno di fila, si chiama “Metti una sera l’arte nel fienile“, mentre il lavoro fotografico che verrà esposto porta il nome di “Atmosfere Vittoriane“: “Si tratta di un discorso legato al passato, fatto di oggetti che non ci appartengono più, come chiavi o vecchie stoffe che ho voluto ritrarre unitamente alle figure umane. Mi lascio spesso ispirare dalle donne perché credo siano bellissime e hanno tanto da offrire alla telecamera. Mi piacciono le fotografie con donne contestualizzate, affiancate da un oggetto o da un animale“.
Ho chiesto a Federica come nascono i suoi lavori fotografici e mi ha spiegato che solitamente, come per “Atmosfere Vittoriane”, lei e Stefano partono dalla scenografia, per poi trovare le persone adatte perché è fondamentale creare i giusti abbinamenti.
Ogni connubio è unico, così come assolutamente originali sono gli oggetti di Federica: “Tutto ciò che creo è estremamente personale; i miei oggetti hanno un vissuto e spesso sono la materializzazione di un ricordo che desidero rendere eterno, a modo mio. Ad esempio, ho fatto gessare la camicia che avevo al funerale di mio padre e, con tutte le sue lastre, ho realizzato una lampada che ho chiamato x-ray“.
Dopo aver scoperto il mondo di Federica attraverso i suoi racconti, non vedevo davvero l’ora di posare gli occhi sulle sue opere. Così, come mi ha invitata ad entrare, sono rimasta talmente affascinata da tutto ciò che ho visto, che ho smesso di ascoltare le sue parole, rapita dai mille colori, dai tanti materiali diversi, dagli angoli più nascosti e meravigliosamente disordinati di quel posto magico. Ho visto un bagno realizzato nelle mangiatoie dei vitelli e una cucina con ancora la ringhiera in ferro di una vecchia stalla; ho visto fotografie raffiguranti tutte le amiche di Federica, ciascuna associata alla passione che coltiva, e poi ho visto la cosa più bella, il suo laboratorio, una stanza piena di pennelli e materiali a cui non saprei dare un nome: il suo mondo.
“Parlo tanto, lo so, ma non scrivo mai niente – mi ha detto Federica sporcandosi le mani e il grembiule di tempera gialla –; ho paura che le parole non vengano capite, mentre le immagini, almeno per me, comunicano tutto“.
Prima di salutarla, l’ho seguita nella zona dove è stata allestita la mostra. Salite le scale, mi sono ritrovata davanti a un’altalena, in mezzo al nulla: “A volte ci passo anche 40 minuti, oscillando avanti e indietro; sono una persona che dorme poco e pensa tanto“. Poi sono entrata in una stanza quadrata, fuori dalla quale sono state appese le fotografie della mostra precedente, “Le ragazze di casa Betania“, una struttura della Caritas che ospita ragazze, soprattutto nigeriane, provenienti da situazioni di miseria.
Finalmente, in quella stanza quadrata, ho potuto ammirare “Atmosfere Vittoriane”, ma questa volta non vi dirò cos’ho visto perché non voglio rovinarvi la splendida sorpresa da cui io ho avuto la fortuna di farmi sorprendere.
Alla mostra, che si terrà nel fienile di via Pelosa 27A, oltre ai meravigliosi scatti realizzati da Federica e Stefano, ci saranno i lavori di due loro cari amici: Anna Barbieri con le sue creazioni luminose e Andrea Forlani con i suoi dipinti.