Settembre è arrivato, inesorabile: i giorni si accorciano, la luce cambia, i colori si scaldano e la natura non esita a mostrare il suo volto sensuale, onesto, reale. C’era un uomo che sosteneva che il bello stesse proprio lì, nascosto in lei. E dal 22 settembre al 6 gennaio 2019 le dodici sale di Palazzo dei Diamanti ospiteranno una selezione di una cinquantina delle sue tele, ove protagoniste indiscusse saranno sfumature tattili di sguardi che non cercano l’idealizzazione ma si fermano, assaporando il dettaglio del reale.
Gustave Courbet arriva a Ferrara con forza, impeto e con tutta la carica della sua personale rivoluzione. Dimenticate per un attimo quell’Origine del Mondo, prigioniera di tabù e censura fino al 1995, o quel meraviglioso giovane assopito del Sogno. Questo non è il nostro Courbet.
La mostra, alla quale abbiamo assistito in anteprima alla presenza della direttrice delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, Maria Luisa Pacelli, vuole infatti far luce su uno degli aspetti meno noti del pittore francese: il suo rapporto, assolutamente congenito e indissolubile, con la Natura.
Originario della Franca Contea, Courbet sembra fondersi con gli elementi naturali fin da sempre. Non mancano in mostra trasposizioni di sé stesso in elementi come ne La Quercia, possente, stabile nelle sue radici sul territorio natio, o immagini, istantanee di una vita che non si ferma, che si pone lontano dall’astrazione e che porta lo spettatore e voler allungare le dita, a volersi abbandonare alla tentazione di sfiorare il frutto grezzo e ruvido di una spatola, di una mano, di un pollice ricoperto di colore che incontra la tela senza timore.
Quel Maupassant che gli rimproverò, nonostante la reciproca stima, di rendere a volte la pittura grossolana e sporca sottolinea quello che caratterizza invece il filo rosso delle opere di Courbet: l’esposizione pura del sentimento, senza filtro, senza cambiamento, senza idealizzazione di bellezza.
Le figure umane del pittore francese, proclamato come il padre del Realismo tanto da redigere il Manifesto della corrente, si presentano senza veli, stupendo lo spettatore con cellulite, inestetismi, imperfezioni palpabili ma oltremodo reali. La Sorgente e Le ragazze sulle rive della Senna, entrambe presenti in mostra, sono potentissime. La bellezza non scontata di una natura che vuole uscire dagli schemi non ha bisogno di traduzioni stilistiche di alcun tipo. È li, pronta a farsi toccare.
Lo immaginiamo oggi, Courbet, con le mani sporche di colore ma prima ancora di fango, con le dita colorate dalle mille sfumature di quei verdi che utilizza per rappresentare la sua natia Ornans e che si intonano perfettamente con i toni scelti per le pareti-sfondo del Museo. L’atmosfera, quadro dopo quadro, è distesa, nonostante le mille inquietudini nutrite dall’artista.
Se ci avviciniamo bene, se osserviamo con attenzione, però, le possiamo scorgere.
Courbet ci sfida a varcare quella soglia di sicurezza del Romanticismo, a travalicare tutte le antiquate concezioni e i canoni di quei Saloni dai quali fu tanto rifiutato. Ci invita a sporgerci, ad arrivare sull’oceano e a farci trasportare dalle onde.
Onde protagoniste di quello che non si può considerare altro che un coup de foudre, la serie delle Vagues, inonda le sale di Diamanti portando con sé tutta la forza degli elementi e della materia naturale. Non ci sono mezze misure, nell’emozione. La visione dell’impeto dell’acqua ci trasporta direttamente al nostro primo ricordo faccia a faccia con la forza del mare, con la furia del vento. Non si può rimanere impassibili, la corrente è troppo forte.
Ma le opere scelte non si fermano qui. Il mondo animale si fa spazio con scene di caccia e rappresentazioni faunistiche: vediamo levrieri, cervi, volpi. E la volpe ci chiama, a gran voce, prima di concederci il ritorno del mondo reale. Le tonalità utilizzate variano di intensità, in totale armonia con una luce che illumina la neve, stesa come un manto poco uniforme sotto le zampe dell’animale.
Il confronto con un artista così potente, così fuori dagli schemi e rivoluzionario è intenso. Ma Palazzo Diamanti, quest’anno, ha deciso di andare oltre. Non solo dunque una mostra che porta nomi di curatori quali Vincent Pomarède ( Musée du Louvre), Dominique de Font-Réaulx (Musée Eugène Delacroix, Parigi) e Isolde Pludermacher (Musée d’Orsay) ma anche una sorpresa: una nuova sala, uno spazio inedito, l’OFFSIDE, che ospiterà un confronto tra moderno e contemporaneo nei lavori di due artisti emergenti, Eva Jospin e Flavio de Marco. Nei mesi a venire, gli artisti dialogheranno sulle tematiche di Courbet con personalissime riflessioni e interpretazioni che coinvolgeranno il pubblico senza riserve.
1 commento
Ci andrò senz’altro ma mi sarei aspettata almeno un’opera fra quelle “scandalise”