Sono le ore 18 di un caldissimo pomeriggio estivo e io e Tommaso Germinario ci siamo dati appuntamento al Parco Urbano, nella vana speranza di poterci sedere sul prato e godere della brezza estiva che tarda ad arrivare. Tommaso è nato il 2 aprile 1993 a Canosa di Puglia, anche conosciuta come “la piccola Roma dell’archeologia”, famosa per la sua storia e i suoi reperti. Dopo la maturità classica si è reso conto di essere interessato alla scienza, in particolar modo alla ricerca; ha sentito parlar bene dell’Università ferrarese e per questo ha deciso di lasciare la sua casa e iscriversi all’università di Medicina e Chirurgia. Il motivo per cui ho incontrato Tommaso però è un altro. “Qualunque cosa accada” è il titolo del suo primo album (uscito lo scorso marzo), un disco che stringe fra le mani mentre mi racconta la sua storia.
Da sempre legato alla musica grazie alla nonna pianista e ai brani classici che animavano la sua casa, Tommaso ha iniziato a prendere lezioni private di batteria all’età di undici anni. Fu suo zio a notare che tra lui e i bonghi vi era una forte intesa, così a dodici anni entrò alla Carl Orff, un’orchestra giovanile diretta da Salvatore Sica da dove rivisitò brani come “Volare” di Modugno e collaborò con le scuole locali grazie al musical “Il brutto anatroccolo”.
Successivamente, dopo l’esperienza in orchestra, Tommaso ha conosciuto alcuni ragazzi con cui ha iniziato a fare metal nel gruppo “Downsiders“. Trasferitosi a Ferrara ha cominciato a studiare canto e, assieme a due ragazzi iscritti al conservatorio Frescobaldi, ha iniziato a suonare in una band indie. A casa di Tommaso si è sempre ascoltata musica classica così, un po’ per gioco e un po’ per sfida, ha iniziato a scrivere gli spartiti per la band. Il primo brano a cui ha dato vita è “Acque”; lo ha composto a memoria e, solo in un secondo momento, ha deciso di metterlo per iscritto: “Tutti noi miriamo a lasciare un segno e a raggiungere l’immortalità– mi spiega Tommaso accarezzando quel disco che racchiude passione e tanto duro lavoro –; secondo me è sufficiente riuscire a toccare una sola persona per raggiungere quella che io chiamo immortalità. Volevo lasciare un segno, ma non in maniera superba: per me scrivere è prima di tutto terapeutico“.
Tommaso mi ha inoltre spiegato che un altro motivo per cui compone è l’impegno sociale: spera di incontrare persone che abbiano il desiderio di adoperare la sua musica. “Se utilizzi un brano malinconico con lo scopo di sensibilizzare le persone circa un determinato problema– mi spiega Tommaso con grande serietà –, le probabilità di far arrivare il messaggio in maniera efficace aumentano”. Attualmente il giovane compositore collabora con la onlus “Papa Giovanni XXIII” (un’associazione che si batte per salvare le vittime di tratta e gestisce centri di accoglienza per tossico-dipendenti) con cui si reca nelle scuole a parlare di bullismo e cyber-bullismo.
Nei suoi brani infatti affronta spesso tematiche difficili, come l’autolesionismo (metaforico e fisico) a cui è dedicata la traccia “Sangue”, nata in un momento della sua vita in cui avrebbe voluto tornare indietro e compiere una scelta diversa: “A volte vorremmo tenere aperte le ferite perché è proprio in quei momenti che ogni cosa che proviamo è amplificata e, quando senti di più, automaticamente scrivi di più“.
Tutti i brani di Tommaso sono autobiografici, ma in senso metaforico; il suo obiettivo è scrivere in modo tale che l’interpretazione sia il più universale possibile, cosicché chiunque riesca a rispecchiarsi e a ritrovare se stesso nelle sue note. La sua musica “nasce dalla pancia“: quando scrive lo fa di getto, anche a costo di passare la notte in bianco perché, se interrompe il lavoro, rischia di perdere l’emozione che lo ha ispirato. Generalmente, dopo aver catturato l’emozione, inizia un lavoro estenuante in cui occorre tenere in considerazione le regole della composizione classica. Osservando il retro della copertina di “Qualunque cosa accada” si può notare che tutti i titoli dei suoi brani sono composti da un’unica parola. Quando gli ho chiesto il perché di questa scelta, Tommaso mi ha spiegato che è proprio attraverso i titoli che cerca di dare una forma materiale alle emozioni.
Il senso di “Qualunque cosa accada” si potrà comprendere solamente con l’uscita del prossimo disco – spiega Tommaso confessando di amare gli album concettuali – mentre dietro a quel gattino tigrato in copertina si nascondono più significati diversi, intrecciati fra loro: “È stato un mio caro amico d’infanzia, Francesco Persichella, a disegnare a mano la copertina. Questa è Annika, l’ho adottata quattro anni fa quando sono andato in vacanza in Grecia. Posso dirti semplicemente che lei è una delle mie ragioni di vita”. L’affetto che lega Tommaso al suo gatto è immenso. Nel disco è centrale la tematica della ricerca dell’amor proprio, quell’amore che proprio gli animali domestici sono in grado di trasmetterci. Per spiegarsi meglio Tommaso mi parla delle “teorie della zona di sviluppo prossimale” dello psicologo russo Lev Vygotskij, secondo il quale la dimensione affettiva dell’essere umano non è condizionata dalle sole figure significative della prima infanzia, ma anche da “figure significative secondarie” e dagli “oggetti di transizione” durante la seconda infanzia. Con questi ultimi si intendono oggetti, animali domestici e luoghi che assumono un ruolo integrativo o sostitutivo nella dimensione affettiva e grazie al loro forte potere rassicurante, ci aiutano a crescere.
Tommaso è un ragazzo profondo che trae ispirazione da Ludovico Einaudi e dal compositore e violoncellista polacco Abel Korzenjowski, ma che ancora non sa se in futuro avrà il camice bianco o se continuerà invece a trascorrere le notti sugli spartiti: “Magari sarò un medico di corsia che verrà ingaggiato per una serie televisiva che avrà un mio brano come colonna sonora”, mi dice Tommaso con un’ironia che gli fa brillare gli occhi di speranza.
Comporre “Qualunque cosa accada” è stata una delle esperienze più difficili della sua vita, non solo per la composizione, ma anche per la ricerca dei musicisti adatti a interpretare ogni brano. Purtroppo si è ritrovato spesso faccia a faccia con la superbia e la maleducazione, ma una volta trovate le persone giuste ha cercato di diventare il loro punto di riferimento. Sono numerosi i musicisti che hanno contribuito alla realizzazione del primo album di Tommaso: i pianisti Elia Filippini e Caterina Zanotti, i violinisti Eunsaem An, Brando Adranno e la violista Marta Fergnani, il violoncellista Alessandro Malavasi, Chiara Carletti con l’arpa, Gianluigi Giordano con il contrabbasso e, chiaramente, Tommaso con le percussioni. Fondamentale per la materializzazione del disco è stato infine il fonico Fabio Bonora.
Anche se si è avvicinato alla composizione all’età di quindici anni, è solamente da due anni che se ne occupa seriamente e, grazie al supporto della famiglia, del maestro di batteria Antonio Biancolillo, della Prof. di musica Caterina Tenore e dei tanti amici che lo hanno spronato anche quando pensava di non farcela, sta già lavorando al suo secondo disco. Un’anticipazione del nuovo album si trova nel videoclip di “Lilith”, uscito ieri, e girato in parte a Ferrara e in parte in Puglia. Davide Vancini si è occupato delle riprese, Tommaso della regia e del montaggio, mentre come attrici sono state scelte Carlotta Osti, Claudia Anna Ieva e Lidia La Salvia. Lilith è la dea mesopotamica della disgrazia e della malattia e, attraverso questo brano, Tommaso vuole parlare del sentimento di inadeguatezza che gli esseri umani maturano in seguito alla mortificazione.
Quando ormai il sole stava per tramontare, dorando l’acqua del laghetto del parco, ho posto a Tommaso la mia solita domanda e, dopo qualche minuto di totale silenzio, all’improvviso mi ha detto cosa rappresenta per lui la musica: “Amore. Commozione. Gloria”.
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