Non sono tante le occasioni per incontrare Simone Ferraresi, pianista originario della città Estense che, dopo aver studiato presso il Conservatorio Frescobaldi di Ferrara e successivamente all’Academy of Music and Performing Arts di Vienna e alla Royal Academy of Music di Londra, ha deciso di trasferirsi negli Stati Uniti d’America. Sono ormai tredici anni che vive a New York, ma quando può torna nella sua piccola amata città natia. Dal 2013 organizza il “Ferrara International Piano Festival”, quest’anno alla sua 5^ edizione, e quale occasione migliore per incontrarlo, se non questa? Io e Simone ci siamo dati appuntamento presso la sede del Festival, il Museo Archeologico Nazionale di Ferrara, un’oretta prima dell’inizio di un concerto degli allievi della masterclass del pianista finlandese Matti Raekallio. Il 41enne Simone è in un certo senso legato alla musica da sempre. Figlio dell’organaro Gianni Ferraresi, trascorreva molte ore nel negozio di strumenti del padre, ma era il pianoforte ad essere presente nella sua casa: ha iniziato ad accarezzarlo all’età di 5 anni e non ha mai più smesso.
In tanti ti avranno posto questa domanda, ma sono curiosa di sapere, perché hai scelto di trasferirti proprio a New York?
L’ho fatto per la carriera concertistica. Inizialmente mi sono recato negli States perché avevo alcuni concerti, ma nel frattempo cercavo un posto dove insegnare pianoforte. Ho ricevuto diverse proposte e da concertista quale ero sono diventato insegnante. Inizialmente dovevo fermarmi a New York per qualche mese, mi piaceva tanto la città, ma dopo tredici anni vivo ancora là.
Com’è il panorama “pianistico” americano? Immagino offra molte più opportunità di quello italiano…
Forse sì, ma solo a un primo sguardo superficiale. Quando si viaggia si hanno percezioni differenti: sono stato in Giappone, negli Stati Uniti, in Inghilterra, eppure mi sembra che in realtà vi siano ovunque le stesse possibilità, così come gli stessi problemi.
Simone negli Stati Uniti vive solo ed esclusivamente di musica, insegnando e trasmettendo agli altri la sua passione. Anche se da tanti anni New York è diventata la sua casa, sente moltissimo la mancanza di Ferrara. Nel 2013 ha avuto un’idea: “Volevo un’occasione per tornare– mi racconta con nostalgia –; volevo fare qualcosa che mi riavvicinasse alla mia città”. Così ha ideato il “Ferrara International Piano Festival” che quest’anno ha luogo dal 2 all’11 luglio, come sempre presso Palazzo Costabili detto “di Ludovico il Moro”.
Com’è organizzato il Festival? Ho visto che si terranno alcune masterclass…
Prevede corsi di perfezionamento pianistico e concerti. Gli allievi, in seguito a tre giorni di full immersion di lezioni con professionisti, si esibiscono in concerto davanti a un pubblico di appassionati. Gli insegnanti provengono dalle Accademie di musica più importanti del mondo, come la Juilliard School di New York; più sono prestigiose più attirano studenti stranieri. L’intento originario del Festival, la mission, era proprio quella di rendere Ferrara più famosa all’estero.
Chiunque può partecipare alle masterclass?
No, per partecipare bisogna mandare un’audizione con un video su Youtube; io seleziono le migliori e ammetto gli allievi ai corsi. Per partecipare occorre versare una quota di frequenza nella quale è incluso il soggiorno presso una famiglia di Ferrara. Mi piaceva l’idea di proporre una formula che qui ancora non esisteva, così da permettere ai ragazzi di vivere la nostra città dall’interno.
Come mi hai detto, vivendo a New York, avevi voglia di ricreare un legame con Ferrara. È stato difficile inizialmente organizzare il Festival?
Ho messo in piedi questo Festival per pura passione; per i primi tre anni ho dovuto investire molto personalmente, ma oggi sono contento di tutti i partner e gli sponsor che abbiamo. I pianoforti sono della fabbrica Fazioli, partner tecnico del festival; si tratta di una marca conosciuta in tutto il mondo, famosa per i prodotti eccezionali di lusso che realizza. Inoltre, grazie al Teatro Comunale di Ferrara, non paghiamo il noleggio dei pianoforti, mentre il Conservatorio Frescobaldi mette a disposizione degli allievi alcune aule dove potersi esercitare.
È bello che tu voglia mantenere un legame con la tua città. Ormai sono tanti anni che vivi nella Grande Mela, qual è il ricordo più bello che conservi di Ferrara?
I ricordi sono tantissimi. La scelta di questo palazzo non è sicuramente casuale, si trova proprio nella strada dove sono nato e cresciuto. Quand’ero piccolo venivo a giocare qui… ne ho un bellissimo ricordo e tanta nostalgia. Il Museo Archeologico è un po’ la mia casa; è un palazzo bellissimo ed è una sorta di “dovere” farlo conoscere.
Simone a New York vive con la moglie giapponese e il figlio Riccardo. Il suo bimbo ha quattro anni e mezzo e, oltre a parlare tre lingue (l’italiano del papà, il giapponese della mamma e l’inglese della sua terra americana), è molto portato per la musica: suona un po’ il pianoforte e ha imparato a cantare ancor prima di riuscire a parlare, mi spiega Simone con orgoglio. In questi giorni Riccardo è a Ferrara con lui, mentre la moglie li raggiungerà a conclusione del festival. A Simone si illuminano gli occhi quando parla della sua città natale, per questo ogni estate vi fa ritorno, alimentando e diffondendo la sua immensa passione per la musica classica.
Se dovessi mettere a confronto le due città in cui hai vissuto per la maggior parte della tua vita, Ferrara e New York, quali indicheresti come miglior pregio e peggior difetto di ciascuna?
New York è sicuramente una città dinamica e stimolante, ma competitiva ai massimi livelli in ogni campo, per cui al momento è molto difficile trovare lavoro anche a NY, non solo in Italia. Ci sono molte opportunità di lavoro, ma la maggior parte degli impieghi la si trova attraverso il passaparola, per questo bisogna essere molto intraprendenti, nonché tessere reti di conoscenze che possano aiutare a trovare lavoro e gratificazioni professionali. Molto lavoro però, vuol dire anche tanto stress. Secondo me non esiste un posto perfetto tra Ferrara e New York, ma ogni estate quando torno qui, mi rendo conto che lo stile di vita è molto più semplice e più umano. Già il fatto di usare la bicicletta è una cosa bellissima, ma impossibile a New York, dove per andare al lavoro devo fare un’ora di metropolitana all’andata e una al ritorno. Un altro aspetto negativo di New York è che la gente locale non è famosa per essere gentile; quando ritorno nella mia città natale mi colpisce sempre il modo di fare dei ferraresi, molto più disponibili degli americani. So che non è bello da dire, ma essere trattati male a New York è una cosa normale. Inoltre è una città con tantissima sporcizia e un inquinamento acustico continuo. Ferrara invece è un paradiso: quando ritorno apprezzo la calma, il silenzio, il canto degli uccelli…
Cosa ti manca di preciso del tuo paese?
Mi mancano i suoni naturali, come il canto delle rondini che, a New York, non esistono. Là esiste solo chiasso continuo. Poi ovviamente mi manca il cibo; chiaramente per un italiano la qualità del cibo è importante, ma purtroppo a New York è molto raro trovare ingredienti di grande qualità come quelli che abbiamo in Italia. Di Ferrara mi mancano i sapori, il silenzio, l’aria di antichità che si respira, i suoni e gli odori. Spero tanto di tornare a vivere nella mia città in futuro.
Prima di salutarci Simone, esitando, mi dice: Non so se rivelarti un mio sogno nel cassetto… mi piacerebbe tanto tornare a vivere a Ferrara e ampliare questo Festival. Vorrei che non si tenesse più solamente a luglio, ma che durasse da settembre a giugno. Vorrei creare un’Accademia musicale di perfezionamento pianistico, riproponendo la stessa formula del festival, con lezioni tenute da professori famosi e concerti, ma avendo a disposizione diverse aule e chiaramente…tanti pianoforti.