Mi ricordo ancora come mi sono svegliato la mattina del 23 giugno 2016. Era presto, c’era caldo e avevo il telefono in mano. Stavo leggendo le notizie e il clima sembrava catastrofico. Almeno mezza Europa stava letteralmente impazzendo perché da qualche ora uno spettro si stava aggirando – abbastanza inaspettato – per il Continente.
Bene, sappiamo tutti com’è finita perché: non è ancora finita. Tuttavia, abbiamo comunque delle certezze.
La Nazionale Inglese è stata nuovamente silurata ai Mondiali proprio quando ce la stava per fare, là fuori è sempre pieno di persone che indossano delle Fred Perry, la Regina – a 92 anni suonati – regna ma non governa con quel suo consueto cipiglio e insomma: there’ll always be an England. Ordunque, se anche tu ti sei preoccupato, se anche tu sei ancora un po’ preoccupato ma continui a credere che there’ll always be an England: questo è il concerto che fa per te.
Perché fin dal loro primo album, i Kasabian sembrano in missione per conto di – anzi, al servizio di – Sua Maestà. Il loro primo album, intitolato semplicemente Kasabian, esce nel 2004, nel pieno di quello strano periodo in cui NME sembrava il Don Draper dell’industria musicale britannica. Ogni mese lanciavano regolarmente una band nuova, ogni mese quella band nuova avrebbe “salvato il rock’n’roll” o “avrebbe cambiato le nostre vite”. Tante di quelle band nel frattempo sono ovviamente sparite e io mi chiedo: ma se i Kasabian nel frattempo sono ancora qua e invece boh, i The Music sono spariti, ci sarà anche un perché, no? E il perché a mio avviso è molto semplice: sono un onestissimo gruppo ROCK che in primis si vuole divertire.
In secondis, invece, c’è di più. Ovviamente, ci sono i pezzi. E insieme ai pezzi c’è la giusta dose di intelligenza e furbizia. Ma attenzione, la loro furbizia non è per forza qualcosa che può avere risvolti diciamo, truffaldini. Furbizia è conoscere bene gli ingredienti della propria minestra, facendo attenzione a variarla a seconda dell’ospite che si ha a casa quel giorno. E fin dal 2004, quella loro minestra è qualcosa di semplice ma non grossolano, con buona pace di certa critica che qui, su due piedi, potrei indicare come quel famoso sito internet che si chiama quasi come il portiere titolare dell’Inghilterra a quest’ultimo mondiale.
Perché è vero, i Kasabian sono sempre stati palesemente fissati con gli Happy Mondays e con i Primal Scream, di questo se ne renderebbe conto anche un gatto bianco. Ma quello stesso gatto bianco, furbo anche lui come i Kasabian – e soprattutto, ovviamente, più intelligente di tutto lo staff di quel sito che si chiama quasi come il portiere titolare dell’Inghilterra – sa che i Kasabian, nel DNA hanno anche altro. Innanzitutto hanno i veri grandi padri del paraculismo più sfacciato, i cari vecchi Rolling Stones, il gruppo che ha insegnato a ogni ragazzino inglese con una chitarra, cosa vuol dire sbattersene di certe cose, non preoccuparsi, e amare – non la bomba – bensì una buona dose di sana tamarraggine che è un po’ la stessa cosa, una cosa che nel caro vecchio ROCK, se vuoi durare, serve eccome.
Ma c’è anche dell’altro. C’è una conoscenza approfondita della storia della musica psichedelica toutcourt, dai Beatles a cose un po’ meno universali e magari più nelle corde di quella certa critica un po’ snob, roba tipo gli Hawkwind – per me su questo, il loro suono di basso ha sempre parlato molto chiaro – e quel krautrock – versante più elettronico – che da un po’ di anni fa impazzire grandi e piccini. Tuttavia, con la loro consueta furbizia, i Kasabian sono sempre stati più impegnati a fare le loro cose piuttosto che starsene lì, a raccontare ai giornalisti quante belle stampe originali degli album di Klaus Schulze hanno in salotto.
Di seguito, a sostegno di questo mio sproloquiare pallido ma accorto, ecco qualche prova a sostegno delle farneticanti tesi sopra-esposte.
1. Cutt Off, dal primo album del 2004
I Kasabian del 2004 con gli Happy Mondays e i Primal Scream belli fissi in testa e un occhio di riguardo anche a quel famoso disco dei Verve che qualcuno ha ancora il coraggio di contrapporre a roba tipo gli Spiritualized.
2. Shoot The Runner, da Empire, 2006
Un pezzo che puzza di glam classico e birra a caduta in cui Tom Meighan, il cantante, e Sergio Pizzorno, il chitarrista, si alternano alla voce solista proprio come Mick & Keith quando si volevano ancora bene.
3. Let’s Roll Just Like We Used To, da Velociraptor, 2011
Sergio Pizzorno, tiene o’ cuore italiano e qui si sente parecchio con quelle trombette che sembrano Morricone intento a smanettare con Fruity Loops mentre cerca di arrangiare un pezzo che sembra scimmiottare un vecchio live a caso a Studio Uno. La BBC sarà anche la televisione più bella del mondo ma secondo me qualcuno, in Inghilterra, di notte si mette su RaiPlay quando non riesce a dormire.
4. eez-eh, da 48:13, 2014
Oltre il concetto di tamarro ma in fondo anche Girls And Boys dei Blur non era esattamente la definizione di “finezza”.
5. Are You Looking For Action, da For Crying Out Loud, 2017
Inserire la parola “Action” nel titolo di un pezzo con delle chitarre denota sempre una grande conoscenza dei classici del rock. Il punto interrogativo poi è la ciliegina sulla torta.
Insomma, caro amico della Perfida Albione, vedi un po’ tu se domani sera ti conviene palesarti in Piazza Castello. Io la mia l’ho detta e ti lascio con un avvertimento. Spero vivamente che non vada a finire in questo modo ma in fondo non si sa mai: se il buon Corbyn non ce la dovesse fare alle prossime elezioni, tu, caro amico immaginario del Commonwealth, avresti ancora una così facile possibilità di vedere dal vivo, a Ferrara, una band di sudditi di Elisabetta II? Ma avec al caz, come dicono i nostri storici rivali d’Oltremanica. Sia le Isole che il Continente precipiterebbero definitivamente nel baratro. Scatterebbero casini vari, forse persino polveriere, embarghi o dazi, come va di moda oggidì. Quindi, amico mio, se anche tu subisci la fascinazione per quell’ex impero in cui le Opel si chiamano Vauxhall e la gente le guida sbagliate: non rischiare.