Ancora nel medioevo, in una zona a Est e non molto distante dalla nostra città era praticato l’allevamento del bestiame allo stato brado. Gli agglomerati delle case erano identificati con il nome di “boaria”, che con il tempo divennero Boara e Baura. Oggi andare a Baura è piacevole, perché quando si arriva al largo quadrivio prospiciente la chiesa, si beneficia di un’ampia visuale su tutto ciò che ci circonda. Si notano immediatamente le bellissime piante arboree di diversa natura che arredano e delimitano gli spazi e le strade, che diramandosi a raggiera, ti fanno capire che quello è il baricentro del paese. Le case che si affacciano sulla strada che porta in città, rimaneggiate chissà quante volte, belle, tutte in ordine e tutte ben tinteggiate, non hanno tradito la vecchia struttura dell’antico paese, inoltre il Monastero, con il bellissimo Chiostro del XVI° secolo e la chiesa parrocchiale, conferiscono alla piazza l’affascinante sapore dell’antico.
La chiesa, campanile compreso, ricostruita nel 1947 sulle fondamenta della originaria che risaliva circa al 1100, fu rasa al suolo il 30 ottobre 1944 da un attacco aereo. Erano da poco passate le undici di quel tragico mattino che comparvero nel cielo all’improvviso i cacciabombardieri. Si disposero in formazione d’attacco e in picchiata centrarono il campanile e la chiesa, alla cui distruzione totale contribuirono le macerie della torre campanaria nel suo crollo. Ci furono 38 vittime, erano quelle povere persone che avevano cercato riparo tra le mura della chiesa, reputate oltreché robuste, anche prive di interesse bellico. Sulla porta di ingresso del campanile, a ricordo di tale barbaro evento, c’è una lapide in bronzo con incisi i loro 38 nomi.
La domanda che viene spontanea è: perché proprio la chiesa? Furono molte le ipotesi formulate, si sentiva dire che nella cripta della chiesa ci fossero scorte di munizioni tedesche, che ci fosse una radiotrasmittente di ricevimento e smistamento di ordini strategici, che ci fossero entrambe le cose…. ma la verità non si seppe mai. Si sentirono pure commenti, nati forse per attenuare il dramma, che imputavano la strage al caso fortuito, cioè gli aerei non avendo potuto sganciare il loro carico su obiettivi strategici per il pesante sbarramento contraereo, furono costretti a liberarsi delle bombe in altro luogo. Ora è d’obbligo la riflessione sull’accaduto. Se gli aerei scendono in picchiata, uno dietro l’altro e sganciano, è chiaro che c’è la volontà di colpire quell’obiettivo e null’altro. Non esistono diverse ragioni. Come tanti altri, purtroppo, numerosi casi, questo è da considerare a tutti gli effetti un crimine di guerra. Morirono 38 innocenti quel giorno e se ci fosse stato qualcosa di importanza militare quei poverini non sarebbero andati a ripararsi proprio lì. Chissà forse era vero e non lo sapevano. Resta il fatto che il motivo di quell’attacco non è mai venuto a galla.
C’è anche un altro episodio legato a Baura, che ogni tanto fa capolino tra i miei ricordi di quel tempo e che un bambino registra come qualcosa che era meglio non vedere. Poco prima dei bombardamenti ero con i miei genitori a Baura a far visita ai nonni sfollati. Si erano sistemati al primo piano di una di quelle case, ora rimaneggiate o ricostruite, proprio quasi sul quadrivio. Era un pomeriggio umido e nebbioso, tipico di un incipiente autunno e vedemmo transitare una lunga colonna di soldati tedeschi, a piedi e su carri trainati da cavalli, che lentamente procedeva verso la strada provinciale che porta a Copparo. Camminavano disordinatamente tra il rumore dei carri sulla strada, allora non asfaltata e piena di pozzanghere fangose. Erano sporchi e stanchi, evidentemente avevano ricevuto il cambio al fronte che ancora era fermo sulla linea gotica. Quasi in coda alla colonna, alcuni militari controllavano una piccola mandria di mucche, una ventina più o meno, frutto certo di una razzia compiuta chissà dove. Le bestie erano di certo il loro sostentamento nel percorso di ritirata. Anch’esse faticavano a camminare e spesso venivano incitate con versi e bastonate perché non perdessero contatto.
Ad un tratto una mucca crollò a terra, non ce la faceva più e a nulla valsero i tentativi per farla rialzare. La colonna continuò la sua marcia e ben presto la mucca a terra rimase sola con un soldato di guardia. Arrivò un altro soldato su un carro trainato da un cavallo. Legò una corda alle corna della mucca e l’altro capo al carro e trascinò la bestia a bordo strada nei pressi di una caditoia. Estrasse la pistola e le sparò in fronte. La mucca sobbalzò poi restò immobile. Lui si tolse il cappotto, si rimboccò le maniche e estratto da una custodia un coltello le fece una finestra nel collo. Ecco perché la trascinò nei pressi di una caditoia! Aiutato dall’altro soldato in un attimo le aprì il ventre, la sviscerò e accantonò i visceri al bordo strada. Tutto questo nel giro di pochi minuti. Io ed altre persone, dall’altra parte della strada, guardavamo le varie fasi compiute peraltro con destrezza e rapidità, con gli occhi sbarrati… impietriti e silenziosi. Arrivarono altri soldati per caricare la mucca macellata sul carro e di lì a poco la marcia riprese. Ritornò il silenzio. Era come se nulla fosse accaduto. Restavano soltanto le testimonianze accanto alla caditoia.
Le occasioni mi portarono alcune volte in quel luogo… Lo rivedo con quella antica luce d’ottobre, con le strade non asfaltate, cariaggi, cavalli, mucche, soldati, uomini anziani avvolti nel mantello con il cappello in testa e mezzo toscano all’angolo della bocca… immobili e silenziosi che guardano. I ricordi non si possono eliminare, restano per sempre, perché come le ferite, guariscono ma lasciano le cicatrici.
3 commenti
È bello leggerti…grazie
Grazie ancora una volta per questa tua preziosa testimonianza. Ho avuto la fortuna di non vivere alcuna guerra, ma credo che certi fatti vadano condivisi con chi li ha vissuto. Credo anch’io che certi ricordi lascino comunque Delle cicatrici.
Quindi ancora grazie, Florio..
Lei è un pozzo inesauribile di bellissimi ricordi che appartengono a un’epoca non tanto lontana. La leggo con immenso piacere…