Guardare al calcio sotto forma di linguaggio, consente di rintracciare diversi elementi in comune con la musica. Non a caso, nel frasario in continua evoluzione che rappresenta lo sport e che ricorre nella disciplina dei suoni, esiste l’espressione ‘dettare i tempi’. Un concetto che sembra rimandare a una dimensione di equilibrio di fondo, di bilanciamento fra forze differenti. E musica e calcio, questa volta a 7, oltre a uno spazio informativo dedicato all’eterogeneo tema dell’accoglienza, sono stati fra i protagonisti della manifestazione ‘Cittadella summer festival’. Un’iniziativa promossa da Uisp e Tennis Club in collaborazione con la cooperativa sociale Camelot e il Comune di Ferrara con il patrocinio del Servizio Centrale SPRAR, nell’ambito della Giornata Mondiale del Rifugiato, sabato 30 giugno nella Cittadella dello sport, in via Porta Catena 79, e articolata intorno a incontri, mostre fotografiche, un torneo quadrangolare pomeridiano e un concerto serale.
A partecipare al torneo nel campo del motovelodromo, i Buffalo Soldiers Camelot Fc, la squadra di calcio iscritta al campionato amatori Uisp, e composta da richiedenti e titolari di protezione internazionale, nell’ambito dei progetti dello Sprar. Un quadrangolare che ha registrato la presenza di altri tre team, rappresentati da Sprar Bologna, Sprar Ravenna e Atletico Brigante di Benevento. Un intero giorno fitto di attività, concluso con l’esibizione dei Camelot Combo, gruppo musicale di richiedenti asilo e rifugiati accolti nelle strutture gestite dalla cooperativa sociale Camelot. Calcio e musica, dunque, ma non solo. Prima che comincino le partite, c’è il tempo per conoscere ulteriori eventi della manifestazione. Come la biblioteca vivente, «un progetto nato in Danimarca per combattere i pregiudizi – spiega Erika Vannini – con le persone al posto dei libri», e il dialogo come strumento per conoscere le loro storie, sintetizzate da quanto indicato in copertina. O come le mostre fotografiche. «Una rientra nelle attività laboratoriali legate all’integrazione ed è composta da ritratti di ragazzi accolti, ripresi in momenti di quotidianità – aggiunge Andrea Alessandrini – mentre un’altra raccoglie foto realizzate con cellulari, e poi stampate, coinvolgendo persone con fragilità psichiche durante vari laboratori».
Aggregare persone provenienti da diverse parti del mondo, intorno a un progetto comune, è anche il filo conduttore che tiene insieme i Buffalo Soldiers. «Un progetto che nasce nel 2016 – sottolinea il responsabile Alessandro Pallara – dall’idea di pensare al calcio come strumento di dialogo sia interno, che rivolto all’esterno. Se la quotidianità di chi arriva in Italia si basa sulle attese e sui tempi della burocrazia, i novanta minuti della partita, che poi nel campionato Uisp sono ottanta, diventano autentici momenti di partecipazione attiva». Un lavoro che prosegue gradualmente per obiettivi, attraverso gli allenamenti nel campo di via Arginone. «Annualmente – continua Alessandro – le persone coinvolte sono circa una ventina. Alcuni arrivano a stagione iniziata, altri sono andati via con la fine della loro progettualità, e altri ancora rimangono. Una delle finalità del progetto è di favorire l’apprendimento della lingua italiana, considerando che le nazioni di provenienza vanno dal Pakistan al Gambia, dal Mali alla Costa d’Avorio e alla Guinea. L’età media oscilla fra i venti e i ventisette anni, e qualcuno ha anche avuto esperienze calcistiche in patria».
Ad allenare la squadra c’è Aboubakar Traore, operatore dell’accoglienza di Camelot ed ex calciatore ivoriano. «La prima volta che li ho incontrati – racconta Aboubakar – ho trovato dei ragazzi motivati. Ho iniziato con un gruppo di giocatori molto fisici e istintivi. Alcuni di loro infatti avevano giocato in strada, altri in squadre nei loro Paesi, mentre per altri ancora era la prima volta. Con il passare delle settimane e degli allenamenti, ho notato una crescita enorme. E le cose hanno cominciato ad andare bene. Se l’anno scorso vincevamo più partite in trasferta, quest’anno sono arrivate anche le vittorie in casa, e abbiamo concluso il campionato Uisp ai play-off». Un legame con il calcio che si traduce anche con il territorio. «Seguiamo la SPAL nel campionato italiano – prosegue l’allenatore – ma anche le partite dei Mondiali. C’è un giovane che è nato in Gambia, gioca come trequartista ed è tifosissimo di Messi. Iniziative come queste sono molto utili per l’integrazione. Per me il calcio è fondamentale nel far giocare insieme un cristiano e un musulmano, un bianco e un nero». Una passione per lo sport che si legge anche negli occhi di Lamin Badjie, centrocampista gambiano ventiquattrenne, arrivato in squadra nel corso della prima stagione. «Giocavo già prima di far parte dei Buffalo Soldiers», spiega Lamin, ammettendo l’importanza della motivazione nell’approccio a ogni partita, senza tralasciare di prenderla con filosofia dopo una sconfitta.
«Oltre all’aspetto sociale – continua Alessandro Pallara – il progetto rappresenta anche una vetrina sportiva, nell’eventualità che squadre del territorio si accorgano di potenzialità di alcuni calciatori. Ed è capitato che sia arrivato qualche contatto». Spazio dunque ai match del quadrangolare, «una festa dello sport per produrre integrazione, all’interno di un motovelodromo rinnovato», come evidenziato da Enrico Balestra, presidente Uisp. Per la cronaca, la classifica finale ha indicato al primo posto lo Sprar di Bologna, al secondo gradino del podio i Buffalo Soldiers, mentre terzi e quarti sono risultati rispettivamente Sprar Ravenna e Atletico Brigante di Benevento. Alla premiazione coi rappresentanti delle formazioni calcistiche, ha fatto seguito la formazione musicale dei Camelot Combo.