Quando un artista decide di eclissarsi è difficile tentare di studiare la sua poetica. Così come è complicato provare a coglierne il pensiero critico, lo sguardo di lucida amarezza sulle storture della società a lui contemporanea, che lo spingevano a impugnare la penna, o la matita, o i colori, o qualunque altro strumento in grado di dare una forma alla propria ispirata indignazione. Tuttavia, a volte, giungono in soccorso alcune tracce postume della sua produzione. Che, per quanto non consentano di restituire integralmente la sua visione delle cose, aiutano a ricomporre un percorso, suscitando domande sulla funzione dell’arte, sulla sua necessità o meno di essere espressa.
Franco Morelli è stato un illustratore ferrarese, la cui esistenza ha attraversato ben otto decadi. Dal 1925 al 2004. Una vita animata dalla curiosità e dedicata alla rappresentazione. Nel secondo dopoguerra, fonda un Circolo artistico dilettanti, finalizzato a fornire visibilità a coloro che si sono formati da autodidatti, e dà vita a una sezione a Cento. Tuttavia, presto entra in contrasto con il sistema dell’arte cittadino e, appunto, sceglie di continuare a produrre senza far vedere le sue opere in pubblico. Una volta scomparso, sarà don Franco Patruno a sollecitare la vedova Anna Luisa Bianchi Morelli, a promuovere pubblicamente il vasto patrimonio di opere del marito. A questo proposito, un’occasione per conoscere la produzione di Franco Morelli, è stata offerta dalla mostra alla Galleria Dosso Dossi, in programma dal 18 maggio al 2 giugno scorso. Un’esposizione, dal titolo ‘Il Paese è servito – Franco Morelli e il disegno satirico’, a cura di Gianni Cerioli, e frutto della collaborazione fra il liceo ferrarese e Anna Luisa Bianchi Morelli.
Agli occhi degli spettatori, si presentano così una serie di disegni satirici realizzati dall’artista fra il 1984 e il 1992. Una sorta di antipasto di una mostra più ampia sul disegno satirico, che verrà organizzata a Cento, fra poco meno di un anno. Seguire il filo concettuale delle opere esposte è un ulteriore pretesto per comprendere che, nel suo angolo personale di osservazione della società, non c’è spazio per un intrattenimento che generi comicità. Ogni vignetta, attraverso una forza espressiva quasi lapidaria, sembra suggerire solo di riflettere su quanto viene rappresentato. C’è il tema della morte, dell’emarginazione, della povertà. E non manca naturalmente il potere, nella sua declinazione politica o religiosa. Eppure, penso sarebbe superficiale indugiare sul singolo fotogramma, e leggere un’intenzione dell’autore esclusivamente orientata ad attaccare determinati e contingenti privilegi. A colpire è invece un clima che sullo sfondo è invisibile, ma al tempo stesso profondamente palpabile, denso di ineluttabili rapporti di forza, forse impossibili da rovesciare. Mentre la matita con la quale procede nella rappresentazione, pare comunicare un senso di lucida e amara consapevolezza.
A fare da guida in questo viaggio delle vignette satiriche del mondo di Morelli, è Marina Accardi, amica di famiglia sua e della vedova. Una testimonianza, la sua, che aiuta a ricomporre il puzzle dell’esperienza artistica di Morelli, «che va a scuola dagli otto ai tredici anni di età, che continua a disegnare comunque, che lavora come dattilografo, che guarda ogni giorno il telegiornale per informarsi su quello che accade nel mondo». Una produzione artistica che negli ultimi tempi, con cadenza annuale, il liceo artistico Dosso Dossi propone sotto forma di alcune piccole esposizioni. Mostre che spostano i riflettori su una vasta e costante attività artistica, raccontata dal curatore Gianni Cerioli. «Mi occupo della vicenda Morelli – sottolinea Cerioli – da oltre un decennio. Quello di Franco Morelli è un vero e proprio ‘caso’ all’interno dell’arte ferrarese del secondo Novecento. Ho cominciato a interessarmi al suo lavoro solo dopo la sua morte. Non ho avuto modo di conoscerlo personalmente. La conoscenza è nata sul campo nella continuità del lavoro di scoperta delle sue opere, avvenuta a poco a poco, mettendo ordine in quella affettuosa estrosità con cui le sue cose erano tenute. La vedova dell’artista si era rivolta a don Franco Patruno per fare una mostra a Casa Cini. Don Franco, non potendo farlo direttamente, mi ha chiesto in tutta amicizia di pensarci e di studiare l’artista che non era conosciuto, ma le cui opere testimoniavano una qualità molto alta di fattura. La malattia di don Patruno e la chiusura di Casa Cini hanno impedito la realizzazione dell’esposizione ma non di continuare lo studio dell’autore e delle opere. Lo studio dell’intera opera si delinea ora più precisamente, ma è ben lontano dal dirsi completato».
Da qui, una sorta di indicativa suddivisione in due parti dei suoi lavori. «Il primo filone individuato – continua Cerioli – è stato quello dantesco (1048 pezzi). Le molte serie che Morelli realizza in un trentennio di lavoro definiscono la qualità della sua riflessione sulla Divina Commedia e, contestualmente, la qualità del suo lavoro di illustratore (mostra ‘Le Divine Commedie di Franco Morelli’). Il secondo è stato quello più antologico dell’illustrazione (mostra ‘Morelli illustratore’). Tenuto conto che in una mostra era impossibile esporre più di una cinquantina di pezzi, è evidente che molto restava escluso. Morelli si è sempre considerato pittore in pectore, risulta invece essere il maggior illustratore del secondo Novecento ferrarese. Piccole mostre annuali nella Galleria Dosso Dossi hanno permesso di fare degli approfondimenti tematici progressivi». Spazio dunque alla mostra ‘Il Paese è servito’. «Questa mostra ferrarese – aggiunge Cerioli – è un’anticipazione di una esposizione più grande sullo stesso tema, da tenersi nella Galleria di Arte Moderna di Cento nel prossimo anno. Come curatore, ho individuato delle sezioni all’interno del tema ‘disegno satirico’. Esse afferiscono a quella satira dei costumi che stava particolarmente a cuore al nostro autore. Il mondo dei potenti (in frac) e quello dei miserabili (con le pezze al culo). Le varie categorie di potere: medici, ecclesiastici e militari. Il mondo dei ‘contaniente’, come Morelli definiva i più poveri, viene colto in tutte le sue tipologie. Non ultima, quella dell’amore senile che è un topos della satira sin dall’antichità. Il nucleo centrale però è dedicato ai politici. Il titolo della mostra è dato da un’opera del 1992 (periodo dei processi di ‘mani pulite’) che sembra ancora di estrema attualità pur nella distanza di tempo. Tutta la satira politica di Morelli è rileggibile ai nostri giorni. Il problema vero del ‘silenzio’ di Morelli emerge nella sua completezza proprio con il disegno satirico. È certo che Morelli lavorava per sé solo. Nessuno, al di fuori della sua stretta cerchia familiare, conosceva questa sua attività. Eppure questi lavori a penna biro nera su carta fanno riferimento a una sorta di comunicazione differita con noi, che a distanza di tempo guardiamo queste opere esposte per la prima volta. Ci sentiamo allora un po’ come quei ‘pochi fortunati’ lettori ai quali Stendhal dedicava i suoi romanzi».