Davanti al Teatro Cortázar c’è un parco che si proietta sul Po. È li che aspettiamo Horacio Czertok, fondatore del Teatro Nucleo insieme a Cora Herrendorf, dando le spalle al fiume italiano per eccellenza e con la faccia rivolta al magnifico murales dipinto da Omar Gasparini e Ana Serralta. Ci arriva alle spalle mentre prepariamo il set per l’intervista, una sedia, due microfoni, due telefoni e una macchina fotografica. Una stretta di mano, due parole per spiegare l’idea e si parte, anzi, parte. Si è segnato le domande nella mente e ci regala quello che, più che intervista, è meglio definire monologo. Forse un po’ lungo per i canoni dei video di oggi che devono rispettare i ritmi di una vita canonicamente frenetica ma vale la pena seguirlo per i dieci minuti della sua durata. Dopotutto non sono molti se si deve rispondere a domande che spaziano dal teatro al luogo dove negli ultimi dodici anni Czertok ha speso gran parte del suo tempo lavorativo da teatrante. Il carcere.
Martedì 5 giugno, al Teatro Comunale, andrà in scena “Ascesa e caduta degli Ubu”, un adattamento da “Ubu Roi” di Alfred Jarry, per la regia dello stesso Czertok e di Davide della Chiara con, come attori, i partecipanti al laboratorio teatrale che da anni viene condotto all’interno della Casa Circondariale di Ferrara. “Questo spettacolo – spiega – è un lavoro cominciato già da un paio di anni […] con un gruppo ormai maturo, in gran parte già in possesso dei mezzi della comunicazione teatrale”. È dal 2005 che il Teatro Nucleo organizza laboratori nel carcere estense riuscendo anche a organizzare rappresentazioni all’esterno e, come in questo caso, in quello che “è un luogo di incontro privilegiato della città” riuscendo a mettere di fronte persone privilegiate con persone a cui sono stati tolti alcuni privilegi ma che, ricorda Czertok, “prima o poi, piaccia o non piaccia torneranno libere”.