“Ma sai che non ci sono mai stato?”
Questa è la risposta che mi sento dare, il più delle volte, quando domando a qualche amico ferrarese DOC se si sia mai addentrato nelle sale del Museo della Cattedrale.
Poi non vi nego che qualcuno mi risponde, alzando sistematicamente uno dei sopraccigli, “Il museo della cattedrale? E dov’è?”
E allora lì, tu che sei nata in un’altra città ma sei stata adottata da una delle perle dell’Emilia-Romagna, punti i piedi, prendi il tuo amico che vanta trisavoli autoctoni del territorio e gli fai varcare la soglia di un luogo davanti al quale ha sicuramente bevuto uno spritz, passeggiato o ascoltato qualche umarells in riunione rituale. Eh si, perché, coscienti o meno, ci passiamo davanti tutti, molto più spesso di quanto si possa immaginare.
Il Museo della Cattedrale, di proprietà del Capitolo e considerato parte dei Musei Civici di Arte Antica della città di Ferrara, vi osserva dalla sua posizione strategica, concessagli dagli spazi dell’antica chiesa di San Romano. Proprio lì, dove l’antica via dei mercanti vedeva folle di pellegrini affrettarsi verso la Porta dei Mesi e incrociava la splendida piazza delle Erbe. Citando Giovanni Sassu, esperto curatore e autore di un’interessantissima guida sul Museo, “sono molte le particolarità che rendono il Museo della Cattedrale unico”.
In effetti, una notizia curiosa, è che gli spazi dove la Cattedrale di San Giorgio sorse, nella prima metà del XII secolo, erano di proprietà dei monaci di San Romano che concessero di buon grado i terreni e legarono indissolubilmente le storie dei due edifici sacri. La collocazione dei beni museali odierna non è però quella originale poiché i reperti custoditi sono stati trasferiti da una prima sede, l’ampia sala sovrastante l’atrio del Duomo, raggiungibile grazie ad uno scalone monumentale che forse qualcuno ancora ricorda.
Oggi, il museo, si presenta a noi come uno scrigno di piccoli e grandi, ma assolutamente inestimabili tesori.
Quando ci troviamo all’interno, lo sguardo corre non solo su capolavori di arte pittorica o musiva ma anche sui dettagli degli Antifonari, miniati con estrema maestria da alcuni dei più noti artisti medievali.
A testimoniare la grandezza della Scuola Miniatoria ferrarese tra il Quattrocento e il Cinquecento, sono ben ventiquattro codici dei Corali della Cattedrale esposti in teche climatizzate.
Il mio amico, dopo le parole Antifonario e Scuola Miniatoria, mi scruta perplesso. Mi ricorda con quel suo sarcasmo pungente che nella sua deliziosa mansarda in Montebello lui, che non è un libro, il clima non ce l’ha. Sarebbe interessante che gli rispondesse direttamente Borso d’Este, quel primo duca ferrarese che magari non era un gran lettore ma che coi libri e con una certa Bibbia miniata – custodita, ça va sans dire, sotto una teca climatizzata – aveva lasciato tutti a bocca aperta e gli desse qualche nozione di quanto il nostro concetto di collezione di farfalle fosse paragonabile alla sua collezione di testi di pregio. Non li avevano in tanti, determinati testi, nel Quattrocento… ed ora rappresentano dei veri tesori!
Lasciati gli ambienti dedicati ai libri miniati, notiamo che marmi e gruppi scultorei si susseguono con l’intenzione di guidarci attraverso le vite e le storie di alcuni dei santi e dei personaggi più importanti della storia cristiana. Grazie alle cospicue donazioni e ai prestiti effettuati nel corso degli anni, il Museo della Cattedrale vanta oggi anche la presenza di sculture provenienti dal settecentesco Lapidario Civico, al tempo all’interno di Palazzo Paradiso e oggi in via Camposabbionario, purtroppo attualmente chiuso per via dei lavori che interessano la zona dell’antica delizia di Schifanoia. Di alcune delle pregiate opere esposte, risalenti al XIV-XV secolo, si hanno scarse notizie a riguardo dell’identità degli autori ma la firma è quella di artisti dagli stili eleganti e dalle sfumature di origine veneta.
Un altro dei motivi per i quali il Museo della Cattedrale merita una visita è la possibilità di curiosare tra gli antichi progetti per il completamento del campanile del Duomo. È strano infatti pensare che quel bel campanile che svetta sul nostro listone e che ha visto la piazza delle Erbe divenire nel 1919 piazza Trento e Trieste, in realtà, non sia mai stato concluso. Affidato a Leon Battista Alberti, il progetto della torre campanaria, redatto a più di trecento anni dalla nascita del tempio cristiano, vide un susseguirsi di ostacoli, ultimo dei quali, alla fine del 1700, il fallimento di una campagna di raccolta fondi destinata al conseguimento di un finanziamento per il completamento dell’opera.
Sicuramente, il nostro campanile ha vissuto in diretta anche tutte le vicende relative alla storia della Porta dei Mesi, situata al centro del fianco meridionale della Cattedrale, incastonata tra quelle “strane” colonnine che tanto attirano l’attenzione dei turisti. Realizzata al principio ad opera di Nicholaus, vide un secondo intervento, verso il 1230, da parte di un anonimo Maestro, che l’ornò di una serie di dettagli sul tema dei Mesi e inserì valori simbolici in tutta la rappresentazione.
Ma, se della porta, murata nel 1717 e demolita nell’arco del successivo ventennio, ormai rimane solo una cornice, alcune delle sue pregevoli decorazioni hanno avuto una diversa sorte e sono custodite all’interno delle sale del Museo. Le danze si aprono con le formelle di Gennaio e Febbraio (Potatura e preparazione delle Carni), poi con i mesi primaverili, ed estivi ma l’apoteosi della poetica si raggiunge a Settembre con il tema della raccolta dell’uva realizzato con un’estrema cura e raffinatezza nel dettaglio.
Esempio di straordinaria maestria, dimostrano quanto gli artisti aspirassero alla perfezione e riuscissero a comunicare un universo di simbologie in pochi centimetri.
Le soprese del Museo non finiscono, dobbiamo ancora scoprire la sala degli arazzi e i capolavori di Cosmè Tura sulle portelle dell’organo… e la tanto celebrata Madonna della Melagrana, opera quattrocentesca di Jacopo della Quercia rinominata con affetto dai ferraresi “Madonna del Pane” per la somiglianza del rotolo tenuto dal Cristo bambino al pane tipico della città.
E mai avessi nominato la sua adorata ciupeta. Noi andiamo diretti verso la statua della Vergine… e voi?