Toc. Toc. Ad ogni oscillazione il batacchio del pendolo sembra scandire i passi del tempo che scorre. Il tempo misurato qui raccoglie più di cinque secoli di storia, partendo dal medioevo, quando questa non era la torre dell’orologio, ma una torre di avvistamento e di controllo delle zone emerse dalla palude. Parlo della torre della Delizia Estense Diamantina, nella campagna di Vigarano Pieve, a ovest di Ferrara. La torre è l’edificio più antico di tutto il complesso. Mi riesce difficile immaginare il paesaggio acquitrinoso dell’epoca medievale, ma provo a tornare indietro nel tempo, all’inizio dell’attività degli Estensi per bonificare il territorio.
Ogni domenica a mezzanotte il suono di un corno echeggia nella pianura per richiamare l’attenzione; uomini bisognosi di lavorare, attratti dal segnale, accorrono sugli argini per essere arruolati come scariolanti; immagino quelli arrivati troppo tardi tornare sui loro passi senza lavoro, e gli altri pronti a ripulire la zona dalla melma con le loro carriole. È grazie al loro lavoro se viene realizzato il canale che collega quest’area con il fossato del castello ferrarese, fornendo agli Estensi una via fluviale per spostarsi dalla città alla tenuta. E così va avanti la bonifica, un lavoro costante durato secoli, evoluto col tempo grazie all’utilizzo di attrezzi sempre più pratici ed efficienti.
Ma torniamo ai giorni nostri.
Con i suoi edifici e magazzini, e l’esposizione di aratri, telai per la canapa, macchine per la lavorazione delle bietole, pigiatrici, bilance e molto altro, oggi questo luogo ci parla di come l’opera dell’uomo ha domato e modellato il territorio. Non è un museo dell’agricoltura, ma una collezione privata, precisamente del dr. Enzo Cavallari, proprietario della Delizia. Normalmente chiusa al pubblico, posso visitarla in occasione di una giornata del FAI, che il 15 aprile inaugura la manifestazione Giardini Aperti, festival itinerante alla scoperta dell’Emilia-Romagna.
All’inizio della visita, la guida del FAI introduce la storia della tenuta nel piazzale antistante all’ingresso, sotto un cielo grigio di inizio primavera. Questo territorio, in origine paludoso, è stato oggetto sin dal ‘500 di una continua opera di bonifica, iniziata con gli Estensi e terminata definitivamente solo nel 1930. Ogni famiglia proprietaria della Delizia vi ha sempre svolto attività agricole; per questo motivo, preannuncia la guida, sia all’interno sia all’esterno degli edifici non sono presenti affreschi, né stucchi o decorazioni di pregio. Inizialmente rimango un po’ delusa nello scoprire che non vedrò nessun’opera d’arte, ma una volta salita al primo piano mi rendo conto che c’è ben altro.
Un percorso tra attrezzi agricoli, fotografie storiche, utensili per la vita quotidiana, appartenenti a un’epoca non così lontana nel tempo ma molto distante dalle abitudini di oggi. I visitatori meno giovani si divertono a ricordare oggetti simili posseduti fino a poco tempo fa, o eredità dei loro genitori e nonni. Forse molti vivono l’esposizione più con nostalgia che curiosità, qualcuno anche annoiato nel vedere oggetti così familiari, ma per me che sono un vero topo di città ognuno di quegli attrezzi agricoli è una scoperta, un mondo tutto da conoscere, una storia ancora mai ascoltata.
L’Esposizione del progresso agricolo – così il nome della collezione – coinvolge diverse sale su due piani, alcune non molto illuminate, a tratti in penombra, che mi lasciano un ricordo in bianco e nero degli oggetti in mostra.
Proseguendo fino alla torre dell’orologio, il racconto della vita alla Diamantina si fa sempre più recente, e non mancano fotografie a colori appese ai muri: famiglie della zona, ritratte in occasione del battesimo dell’ultimo nato. All’interno della tenuta sono infatti situate ben 4 chiese ancora attive e, per tradizione, in quella più lontana vengono battezzati tutti i bambini nati a Vigarano Pieve. Una signora, osservando le foto, ricorda il giorno del suo matrimonio, celebrato proprio lì.
Ed eccomi nella torre dell’orologio, con il ticchettio del pendolo in sottofondo. Qui convivono i secoli più remoti e più recenti: le pietre dei muri testimoniano il passato medievale, mentre un manifesto del 1985 (e non dico “lontano” dato che ha quasi la mia età…) ricorda quando alla Diamantina fu realizzata la copia del cannone “Regina” presente oggi in piazza Castello, per il sesto centenario del castello Estense.
Percorrendo le sale a ritroso sulla via dell’uscita, la guida ci fa soffermare su un’ultima chicca: un’automobile di Berlino Est che, in seguito alla caduta del muro, fu abbandonata nello stadio di Norimberga e recuperata dal proprietario della Delizia.
Prima di scendere le ultime scale, rileggo il cartello che accoglie i visitatori, comprendendo meglio, ora, il senso di quelle parole scritte a china.
“Al visitatore
Questa è una raccolta di attrezzi e macchine agricole in uso nella campagna ferrarese fino a un’epoca che molti di noi ricordano. La volontà di allestirla è stata di tutta la comunità di Diamantina, in collaborazione con la prima iniziativa del dr. Cavallari.Essa sembra parlarci soltanto degli stenti e del sudore di chi ha tenuto fra le mani quegli strumenti: ma più ancora segna le tappe del riscatto della campagna da quella fatica, e dalla peggiore indigenza, col sapiente perfezionamento della tecnica e con l’uso produttivo e razionale delle risorse. È con questo spirito e per indicare la profonda, radicale trasformazione dell’agricoltura che è stata voluta e curata l’esposizione.Data al pubblico il 31 maggio 1981.”
2 commenti
LA DIAMANTINA E’ UN LUOGO SPECIALE, DA VEDERE, E VIVERE L’ATMOSFERA CHE IL LUOGO RACCHIUDE. PECCATO NON POTER VEDERE IL MUSEO . IO SONO NATA E VISSUTA LI FINO A 12 ANNI, RICORDI BELLISSIMI, GIOCHI LIBERI INTORNO AL PALAZZO, GLI ABITANTI UNITI, UNA VERA COMUNITA’, AUTO-AIUTO ..FRA LE PERSONE, COSE CHE NON ESISTONO PIU’…………….