“Dai alle persone qualcosa di buono. Ma davvero buono.
Dai alle persone un sorriso. Ma davvero un sorriso.
Dai alle persone ascolto. Ma davvero ascolto.
Dai alle persone rispetto.
E la maggior parte di loro se ne ricorderà.
Dai alle persone mortadella dentro un panino.
E questo, insieme a tutto il resto, solo in un preciso posto e in un preciso momento, avrà un nome: bombetta.”Giacomo Travagli
Quando ho contattato Giacomo per intervistarlo, gli ho spiegato che avrebbe inaugurato la rubrica “Giovani carini e occupati”, che in antitesi al noto film da cui prende ispirazione il nome, ha come protagonisti giovani che hanno deciso di intraprendere una attività nella nostra città; Giacomo si è messo a ridere, ha ringraziato per il giovane e carino e mi ha dato appuntamento un sabato mattina alle dieci, protestando un po’ per la levataccia che mi stava concedendo. All’incontro arriviamo nello stesso momento, tutti e due quasi in orario, lui stropicciato e arruffato, ma comunque carino. Ci troviamo davanti al Retrobottega, il suo locale in Piazza del Municipio, dove prima si affacciavano le vetrine di un barbiere; ci sediamo nei tavolini di ferro battuto che guardano lo scalone e godendoci il calore di un sole più estivo che primaverile iniziamo la nostra chiacchierata.
Partiamo dall’inizio: la tua formazione
I miei studi non c’entrano niente con tutto questo e con quello che sto facendo. Ho studiato Tecnologia della comunicazione qui a Ferrara. Dopo la laurea e un corso in montaggio video all’Accademia del cinema di Bologna mi sono trasferito a Verona dove mi occupavo di montaggio video. Ho capito subito che un lavoro ingabbiato in certi orari, in un ufficio, fatto di routine non faceva per me, mi sentivo in trappola. Volevo qualcosa di dinamico, che mi facesse stare a contatto con la gente. Per un po’ ho pensato di fare lo psicologo, proprio per questa attitudine ad ascoltare e incontrare persone e di fatto con quello che faccio adesso non ci sono andato lontano, sono un po’ lo psicologo dei miei clienti.
Da montatore video come sei arrivato dietro al bancone?
A Verona il lavoro non faceva per me, ma il dopo lavoro mi ha fatto conoscere un mondo: quello delle osterie. A Verona c’è una vera cultura dell’osteria e del bere bene, un ambiente che mi ha attratto non solo come cliente. Ma qui il dubbio: come mi sarei trovato dietro a un bancone? Ce la potevo fare? Intanto, una volta mollato il lavoro da ufficio, mi sono iscritto ad un corso da sommelier, ho studiato e ho passato tutti e tre i livelli previsti, ma neanche quella era la figura professionale che sentivo di cucirmi addosso: troppo tecnica, impersonale, asettica, della bottiglia presentata sul gomito a tre quarti, del profumo di sottobosco e di tutte le smancerie per versare un bicchiere di vino a me non importa, bisogna goderselo il vino, deve farti star bene, deve essere vissuto in modo emotivo, vederlo in un’ottica tecnica proprio non posso e non voglio.
Che dietro al bancone fosse il mio posto l’ho capito durante uno stage in una cantina per la quale sono stato a servire il vino a Vinitaly e durante quella esperienza ho trovato la mia dimensione: un bancone, il vino, il cliente e finalmente ho chiuso il cerchio.
E hai così deciso di tornare a Ferrara…
L’idea di tornare a casa c’è sempre stata. Dopo aver preso coscienza della mia strada professionale ho iniziato a pensare insieme a mio fratello (Francesco è suo fratello minore e con lui gestisce Retrobottega ndr) un progetto legato anche alla macelleria.
E non stiamo parlando di una macelleria, ma della storica “Macelleria Travagli” della tua famiglia. Non era più semplice proseguire un’attività così solida e affermata?
No, no, no, non faceva proprio per me. Ci ho provato, ma c’è un grosso ostacolo: il sangue. Ho proprio la fobia. Tutte le volte che mi sono tagliato, o ho solo rischiato, e in una macelleria capita, mi sono sentito male. È un’eredità che ha raccolto mio fratello: di fatto lui lavora in macelleria, che è collegata a Retrobottega ed è lui che seleziona le carni che poi serviamo nel locale. Siamo perfettamente complementari io e Francesco: lui è il preciso, il pragmatico, non gli pesano le levatacce imposte dalla macelleria mentre io sono quello che rimane fino a tardi a parlare con gli ultimi clienti; ci compensiamo così, e funzioniamo.
C’è stato un momento che hai pensato “non ce la faccio”?
Forse all’inizio, quando pensavamo di aprire una “bisteccheria” e non abbiamo ottenuto i permessi a costruire una cucina da ristorante per una questione di spazi e metrature. In quel momento abbiamo dovuto rivedere tutto il progetto, ripensare ad un menù “tutto crudo” e ci siamo accorti che poteva andare bene lo stesso. Poi non parliamo dei permessi chiesti alla Sovrintendenza per i beni culturali, ci sono stati talmente tanti intoppi che ho rimosso tutto, mi ricordo solo che pianificavo due ore alla volta della mia vita e si andava avanti a “vediamo” e poi tutto è andato.
E il momento in cui hai pensato “ce l’ho fatta”?
Succede ogni giorno, quando vedo la gente che ci sceglie e quando vedo che tra chi ci frequenta ci sono anche altri ristoratori che stimo, gente del mestiere, che se ne intende. L’offerta è tanta, ma i nostri clienti tornano, pur avendo fatto noi delle scelte molto precise e limitate nel nostro menù.
Proposte limitate ma pensate. Qual è la filosofia che sta dietro al vostro lavoro?
La filosofia che applico nel lavoro la racchiudo in tre parole, che sono affisse e ben evidenti anche sul nostro bancone: energia, educazione, entusiasmo. È quello che diamo ed è quello che pretendo da chi lavora con noi. Per quello che riguarda i prodotti, tutti i vini proposti sono vini naturali: prodotti eticamente con una particolare cura al rispetto per la terra e l’uva. La lista degli ingredienti dei nostri vini è molto più corta rispetto a quella dei vini che normalmente siamo abituati a bere. È un ritorno al vino del nonno, con più attenzione al gusto e al sapore. Questo comporta un’educazione del cliente a quello che sta bevendo. Un esempio: i vini naturali sono torbidi e si crea un fondo a fine bottiglia. Puo’ capitare di servire due calici dello stesso vino uno più torbido dell’altro. Ci sono clienti che pensano di essere stati serviti male, ma ce ne sono, e sono quelli che poi tornano, che hanno voglia di capire e di conoscere quello che stanno bevendo.
C’è chi entra e chiede “un calice”, è come entrare in un negozio e chiedere “una camicia”, senza dire il modello, il tessuto, il colore. A me piace quando guardano la lista dei vini e mi dicono “non ne conosco uno”. Bene! Certo è più faticoso perché bisogna raccontare, spiegare, ma la soddisfazione di dare consapevolezza è impagabile.
Ma uno spritz con due patatine no?
Ride – Tasto dolente. Io ero un integralista antispritz, poi mio fratello, il razionale saggio, mi ha detto che non poteva mancare un grande classico come lo spritz tra le nostre proposte e alla fine mi sono fatto convincere. Ma ho un vezzo, nel mio spritz utilizzo solo il bitter Luxardo, che proviene da un’azienda a conduzione familiare e a completamento ci metto un’oliva. Mi pare un buon compromesso. Sulle patatine sono inamovibile, non le offrirò mai. Se vuoi ti prendi una delle nostre bombette, panini farciti con i nostri salumi, una chicca, anche se l’assenza delle patatine è la nostra croce, soprattutto su Tripadvisor!
Ti cito una frase del film “Giovani carini e disoccupati”:
“…Cosa faremo ora? Come possiamo riparare tutti i danni che abbiamo ereditato? La risposta è semplice…” Finisci tu!
Mi piacciono le citazioni, me le scrivo e le conservo. Ti rispondo con una dal Faust di Goethe che ho proprio appeso in casa “Ciò che hai ereditato dai padri riconquistalo, se vuoi possederlo davvero”.
Dopo esserci salutati, Giacomo apre il locale al capannello impaziente di gente che si è creato negli ultimi minuti del nostro incontro. Mentre sblocco la serratura della bici sento il suono di una campanella provenire dal Retrobottega, come fosse l’intervallo e una voce annunciare “bombetteee”. Ma non riesco a vedere di persona il ghiotto tesoro annunciato perché la piccola folla che ha animato il locale si è già radunata intorno al bancone. Spero solo che nessuno abbia ordinato uno spritz.