Daniele e Andrea sono apparentemente due poli opposti. Daniele posato e timido, dal maglioncino classico; Andrea energico ed eccentrico, dal cappello alla Sherlock Holmes. Eppure ci sono più di un paio di cose a renderli perfettamente compatibili. In maniera totalmente inaspettata, i due distanti caratteri si intersecano capovolgendo i ruoli; così, mentre Andrea si emoziona cercando di concentrarsi davanti ad un pubblico ammonticchiato in una piccola mansarda, lasciando trasparire una timidezza genuina, Daniele gestisce, con un’innata sicurezza, l’inaugurazione della sua mostra.
Daniele Zappi, fotografo ferrarese, ha voluto fortemente la partecipazione dell’artista Andrea Amaducci per presentare il suo lavoro fotografico in analogico tutto incentrato sulla produzione artistica del Collettivo Cinetico, ed in particolare sulla figura affascinante e sinuosa della coreografa Francesca Pennini.
La mostra Analogica Cinetica, allestita presso il Museo Civico Archeologico “G. Ferraresi” a Stellata di Bondeno, visitabile fino al 31 maggio, è la storia di un’amicizia profonda, è l’occhio discreto di Daniele che congela i momenti significativi del lavoro delicato di Francesca. Le fotografie in bianco e nero tracciano i contorni del genio creativo e colgono gli sguardi intensi della danzatrice con estrema finezza, rivelando il gesto dolce del fotografo e l’intima riservatezza di Francesca.
Emozionatissimo, Andrea Amaducci è intervenuto proprio su queste stampe piene di intimo affetto, durante l’inaugurazione dell’esposizione di Daniele. Andrea è parte del Collettivo ferrarese e legato dal medesimo stretto rapporto d’amicizia ed intesa con Francesca. Tre vite intrecciate, tre arti differenti, ma così prossime da creare un’unica incantevole storia.
Ho incontrato Andrea e Daniele qualche giorno dopo il live act. Entrambi riguardano il video riassuntivo della performance con un sorriso soddisfatto. – Non mi aspettavo un coinvolgimento del genere da parte del pubblico, è stato meraviglioso. Avevo bisogno di questa sensazione! – racconta Andrea; gli spiego che secondo me i suoi gesti, anche nella vita di tutti i giorni, seduto nella sua cucina a chiacchierare, sono così incisivi che appare evidente che la sua aura gli permetta di catalizzare tutti gli occhi su di sé. – Tu la chiami aura, io la chiamo bazza, ma è solo la capacità di individuare i parametri giusti e servirsi dell’energia che generano – ed anche questa risposta mi fa pensare che Andrea, questi parametri, li conosca proprio perfettamente.
– Questa mostra era in cantiere già da 2 anni – mi racconta Daniele – Seguo da tempo gli amici del Collettivo Cinetico per fare servizi fotografici, sia commissionati che non. Un giorno, quasi per scherzo, ho ripreso in mano la macchina fotografica analogica e mi sono messo a scattare con quella: il contrasto tra il bianco ed il nero, questo sapore antico in antitesi alla modernità del Collettivo, l’importanza degli scatti e l’artigianalità del supporto mi hanno convinto. Come tanti fotografi, con il digitale scattavo persino troppe foto mentre, la necessità di ridurre la produzione con l’analogica, mi ha aiutato a definire e cogliere i momenti più incisivi. Mi piace molto anche l’aspetto manuale dello sviluppo che mi fa sentire maggiormente coinvolto nel processo creativo.
Oltre ad una parte di produzione che ricorda un archivio fotografico teatrale, e che beneficia sicuramente delle suggestioni estetiche del lavoro del Collettivo, il fotografo ferrarese ha voluto creare alcuni ritratti secondo la sua personale visione della Pennini, pensati anche per l’intervento di Andrea, con sfondo neutro.
– La mostra è nata fin dall’inizio come una sorta di regalo per Francesca ed era da tempo che pensavo anche alla possibilità di un intervento artistico sulle mie foto: così ho pensato ad Andrea, che in un colpo solo avrebbe risposto ad entrambe le necessità, l’ho raggiunto tramite Fra e lui ha accettato subito – spiega Daniele.
Andrea ascolta il discorso del fotografo, annuendo con un sorriso complice. – Ho accettato immediatamente la proposta di Daniele per le stesse ragioni che hanno spinto lui ad organizzare questa mostra e a propormi la collaborazione – racconta l’artista – Mi ha coinvolto questo incontro tra il supporto antico ed un lavoro moderno, come anche il lato artigianale di questo tipo di fotografia. Nel lavoro di Daniele, che ricorda appunto un archivio fotografico teatrale, risulta ancora più interessante questa mescolanza di linguaggi.
Manipolare le foto di un amico non deve essere facile, penso ad alta voce, ed Andrea risponde prontamente: – Intervenire sulle foto di Daniele, che ritraggono una cara amica, è stato semplice e stimolante, ha creato i parametri perfetti. Si è trattato di un esperimento anche per me che non avevo mai condiviso prima una sessione di lavoro. Sono affascinato dal livello umano e dal fallibile: il mio intervento stesso era fallibile. Avevo una minima preoccupazione di annoiare il pubblico, invece ho percepito un’atmosfera densa, ed il mio live act è diventato come un laboratorio. Ho sicuramente utilizzato il mio bagaglio teatrale nella scelta di alcune pratiche; solitamente uso il mio filtro infantile e mi chiedo cosa non annoierebbe un bambino, cercando di agire nella maniera più onesta possibile. Fermare due fogli con una trappola per topi, ad esempio, era una mia tecnica di quando avevo vent’anni che ho voluto recuperare sapendo che avrebbe catturato l’attenzione. Ad ogni modo ho messo in scena ciò che succede veramente nel mio studio, compresa la musica di accompagnamento: è stata una sessione teatrale nella quale ho simulato con onestà una sessione di lavoro.
Si poteva percepire che ci fosse amore in quell’occasione: un grande rispetto reciproco per Francesca e Daniele. Quando si ha la fortuna di lavorare con le persone giuste, e con amore, tutto si allinea e scaturisce un’energia particolare capace di curare tutti i dettagli.
– Ho dato carta bianca ad Andrea sul tipo e le modalità di intervento– replica Daniele – Quando gli ho mostrato le foto per la prima volta lui è rimasto fermo immobile, inespressivo. Non sapevo cosa significasse la sua impassibilità finché non mi ha detto “no, questa non si può toccare!!”.
Sicuramente il soggetto delle foto, Francesca, è parte dell’entusiasmo che ha legato i due nel progetto, ma la condivisione nasce anche dall’aspirazione, del fotografo, di creare reti che possano mescolare esperienze e, perché no, suscitare interesse in pubblici diversi. – Per me la fotografia è una valvola di sfogo– spiega Daniele – ma ammetto che sento sempre più il bisogno di condividerla: le abilità vanno messe a servizio del pubblico favorendo curiosità e collaborazione.
La mostra è stata possibile anche grazie al supporto fondamentale di Stefano Tassi, un caro amico di Daniele, parte di Bondeno Cultura e del GAB, con il quale il fotografo condivideva da tempo il desiderio di organizzare questa mostra. Stefano gestisce il sottotetto della casa dell’Ariosto di Stellata di Bondeno, sede del Museo Archeologico, e ha dato a Zappi la possibilità di strutturare l’esposizione al suo interno. –Doveroso ringraziare anche Eleonora Di Benedetto e Martina Zabari che mi hanno aiutato nell’editing finale delle fotografie – conclude Daniele.
Mi perdo assieme ai due in un fiume di parole piene di entusiasmo, nell’accogliente dimensione domestica di Andrea, pensando a quante preziose perle si possano trovare nella nostra città e a quanto aumenti esponenzialmente il loro valore se si mettono una accanto all’altra.